Neil Young: parla il ribelle. Interviste sugli Archivi, lo streaming, l'arte
Ci siamo incontrati nel 2000 e già allora parlavi del tuo progetto Archivi. È passato parecchio tempo…
Be’, era già passato parecchio tempo anche allora. Abbiamo iniziato nel 1990.
C’è mai stato un momento durante il lavoro in cui hai pensato di mandare a monte tutto?
No. No, ho sempre voluto farlo. L’unica cosa che ci ha trattenuto è stata la tecnologia.
In che modo la tecnologia vi ha frenato?
La tecnologia non era abbastanza buona per riprodurre la musica. Inoltre, la raccolta delle informazioni presenti negli Archivi è un processo continuo e che prosegue anche oggi. Poi l’architettura degli Archivi stessi, l’architettura fisica per farli funzionare, e tutto il resto, ha richiesto molto tempo per essere costruita e rifinita. Sin dall’inizio abbiamo cercato di assemblare il tutto tramite molte diverse iterazioni, molti diversi approcci alla tecnologia, specialmente lo streaming e la tecnologia audio.
Qual è la motivazione?
Be’, io non accetto lo status quo di quello che sta succedendo nella musica. Quando la gente ascolta Spotify ascolta in realtà meno del 5%, circa il 3% e qualcosa, della musica originale. Il resto viene scartato come se fosse immondizia. È come avere solo la superficie del suono. La musica è la mia vita e non posso tollerare di ascoltare la merda che la gente oggi paga per ascoltare, e di farne parte. Ecco perché mi sono già ritirato dallo streaming una volta e probabilmente lo farò ancora.
Quindi, se si parla di come la gran parte della musica oggi viene consumata, tu sei contrario.
Immagino che potresti metterla così. Io credo di difendere la qualità, piuttosto che essere contrario. Se non puoi sentire il suono e viverlo… Oggi sembra che sia sufficiente poterlo riconoscere. “Oh, la conosco, è quella canzone”. È sufficiente questo per le aziende che producono tecnologia. Tutti quanti oggi sono così presi dalla tecnologia che gli sta bene così. Dovrebbero considerare il fatto che le aziende hanno speso parecchi soldi e ricerca sul creare fotocamere eccellenti, e che la stessa cosa dovrebbe essere applicata anche al resto. Perché non è così. Stanno applicando l’audio che si usa per i podcast o per le chiamate telefoniche all’arte della registrazione. Solo la parte udibile del suono registrato. E decenni e decenni di incisioni sono stati gettate via e risiedono nei dispositivi della gente ridotti al loro minimo comune denominatore. Ogni aspetto di questa faccenda puzza di lucro da parte delle imprese tecnologiche, e uccide una forma d’arte.
Be’, era già passato parecchio tempo anche allora. Abbiamo iniziato nel 1990.
C’è mai stato un momento durante il lavoro in cui hai pensato di mandare a monte tutto?
No. No, ho sempre voluto farlo. L’unica cosa che ci ha trattenuto è stata la tecnologia.
In che modo la tecnologia vi ha frenato?
La tecnologia non era abbastanza buona per riprodurre la musica. Inoltre, la raccolta delle informazioni presenti negli Archivi è un processo continuo e che prosegue anche oggi. Poi l’architettura degli Archivi stessi, l’architettura fisica per farli funzionare, e tutto il resto, ha richiesto molto tempo per essere costruita e rifinita. Sin dall’inizio abbiamo cercato di assemblare il tutto tramite molte diverse iterazioni, molti diversi approcci alla tecnologia, specialmente lo streaming e la tecnologia audio.
Qual è la motivazione?
Be’, io non accetto lo status quo di quello che sta succedendo nella musica. Quando la gente ascolta Spotify ascolta in realtà meno del 5%, circa il 3% e qualcosa, della musica originale. Il resto viene scartato come se fosse immondizia. È come avere solo la superficie del suono. La musica è la mia vita e non posso tollerare di ascoltare la merda che la gente oggi paga per ascoltare, e di farne parte. Ecco perché mi sono già ritirato dallo streaming una volta e probabilmente lo farò ancora.
Quindi, se si parla di come la gran parte della musica oggi viene consumata, tu sei contrario.
Immagino che potresti metterla così. Io credo di difendere la qualità, piuttosto che essere contrario. Se non puoi sentire il suono e viverlo… Oggi sembra che sia sufficiente poterlo riconoscere. “Oh, la conosco, è quella canzone”. È sufficiente questo per le aziende che producono tecnologia. Tutti quanti oggi sono così presi dalla tecnologia che gli sta bene così. Dovrebbero considerare il fatto che le aziende hanno speso parecchi soldi e ricerca sul creare fotocamere eccellenti, e che la stessa cosa dovrebbe essere applicata anche al resto. Perché non è così. Stanno applicando l’audio che si usa per i podcast o per le chiamate telefoniche all’arte della registrazione. Solo la parte udibile del suono registrato. E decenni e decenni di incisioni sono stati gettate via e risiedono nei dispositivi della gente ridotti al loro minimo comune denominatore. Ogni aspetto di questa faccenda puzza di lucro da parte delle imprese tecnologiche, e uccide una forma d’arte.
Quindi gli archivi sono in parte motivati dal tuo desiderio di stabilire un controllo sulla tua arte portandola via dalle comuni piattaforme di streaming?
Be’, loro ce l’hanno lo stesso. E io invito la gente a fare un confronto tra ciò che può ascoltare sul mio sito, e quello che ascolta sui loro. L’ho già fatto in passato, con Pono per esempio, e ho incontrato molta resistenza. A essere schietti, dalla gente che spende un sacco di soldi per comprare tutti quegli mp3 o file similari. Quando uno arriva e ti dice che quello che hai è una merda, suona sempre negativo. Purtroppo la verità non è sempre bella.
Ovviamente ci sono persone che non hanno mai ascoltato la musica fuori da un cellulare o da un computer. Sarà dura convincere quelli…
Tutto quello che posso dire è, se riesci ad ascoltarla… Prima di tutto ti deve piacere la mia musica. Se non ti piace la mia musica non c’è alcuna ragione per andare su NYA, non c’è alcuna ragione di leggere il NYA Times Contrarian, non c’è ragione di fare nulla di tutto ciò, puoi continuare la tua vita così com’è. Ma se ti interessa ascoltare il livello a cui può suonare la musica, cosa in cui io credo fermamente dal momento che è il lavoro di un’intera vita, il mio interesse è che sia presentata in modo veritiero. Le case discografiche si accontentano della merda e hanno svenduto l’arte, senza pensare che la gente ne avrebbe fatto man bassa, pagandola poco, e convincendosi che fosse una gran cosa perché può stare dentro un telefono. Hanno fatto un errore enorme. Hanno svalutato un’intera arte. Io non lo faccio. Ho la mia tecnologia, e se avete una connessione internet abbastanza buona potete ascoltare alla massima risoluzione, equivalente a quella di un blu-ray.
E poi c’è l’analogico, il vinile. È ancora il migliore?
Sì.
Il Times-Contrarian ha due motti: “Qualità, che la vogliate o no”…
Quello viene dal mio amico Larry Johnson della Shakey Pictures. Larry se n’è andato circa cinque anni fa, e da allora abbiamo utilizzato “Qualità, che la vogliate o no” come nostro slogan. Quando mi è venuta l’idea del giornale online, abbiamo usato quello slogan. L’altro motto cambia ogni tanto, penso che ora sia “Tutto è più economico di quanto sembra”…
Secondo il Times-Contrarian, NYA sarà accessibile con un’iscrizione “economica e allettante”. Ci puoi dire approssimativamente come e quando avverrà?
Non ancora, non l’abbiamo ancora decisa ma ci stiamo lavorando. Sarà davvero accessibile. Voglio dire, si tratta solo di me, non ci sono altri artisti. Ma d’altra parte puoi ascoltare tutto nella sua interezza, non solo il 5%. Secondo me non si dovrebbe aumentare il prezzo per la qualità. La qualità deve far parte di quello che vendi. È su questo che le case discografiche hanno clamorosamente sbagliato.
Hai ancora bisogno di un’etichetta?
Le case discografiche sono una bella cosa, non c’è niente di sbagliato ad averne una.
Be’, loro ce l’hanno lo stesso. E io invito la gente a fare un confronto tra ciò che può ascoltare sul mio sito, e quello che ascolta sui loro. L’ho già fatto in passato, con Pono per esempio, e ho incontrato molta resistenza. A essere schietti, dalla gente che spende un sacco di soldi per comprare tutti quegli mp3 o file similari. Quando uno arriva e ti dice che quello che hai è una merda, suona sempre negativo. Purtroppo la verità non è sempre bella.
Ovviamente ci sono persone che non hanno mai ascoltato la musica fuori da un cellulare o da un computer. Sarà dura convincere quelli…
Tutto quello che posso dire è, se riesci ad ascoltarla… Prima di tutto ti deve piacere la mia musica. Se non ti piace la mia musica non c’è alcuna ragione per andare su NYA, non c’è alcuna ragione di leggere il NYA Times Contrarian, non c’è ragione di fare nulla di tutto ciò, puoi continuare la tua vita così com’è. Ma se ti interessa ascoltare il livello a cui può suonare la musica, cosa in cui io credo fermamente dal momento che è il lavoro di un’intera vita, il mio interesse è che sia presentata in modo veritiero. Le case discografiche si accontentano della merda e hanno svenduto l’arte, senza pensare che la gente ne avrebbe fatto man bassa, pagandola poco, e convincendosi che fosse una gran cosa perché può stare dentro un telefono. Hanno fatto un errore enorme. Hanno svalutato un’intera arte. Io non lo faccio. Ho la mia tecnologia, e se avete una connessione internet abbastanza buona potete ascoltare alla massima risoluzione, equivalente a quella di un blu-ray.
E poi c’è l’analogico, il vinile. È ancora il migliore?
Sì.
Il Times-Contrarian ha due motti: “Qualità, che la vogliate o no”…
Quello viene dal mio amico Larry Johnson della Shakey Pictures. Larry se n’è andato circa cinque anni fa, e da allora abbiamo utilizzato “Qualità, che la vogliate o no” come nostro slogan. Quando mi è venuta l’idea del giornale online, abbiamo usato quello slogan. L’altro motto cambia ogni tanto, penso che ora sia “Tutto è più economico di quanto sembra”…
Secondo il Times-Contrarian, NYA sarà accessibile con un’iscrizione “economica e allettante”. Ci puoi dire approssimativamente come e quando avverrà?
Non ancora, non l’abbiamo ancora decisa ma ci stiamo lavorando. Sarà davvero accessibile. Voglio dire, si tratta solo di me, non ci sono altri artisti. Ma d’altra parte puoi ascoltare tutto nella sua interezza, non solo il 5%. Secondo me non si dovrebbe aumentare il prezzo per la qualità. La qualità deve far parte di quello che vendi. È su questo che le case discografiche hanno clamorosamente sbagliato.
Hai ancora bisogno di un’etichetta?
Le case discografiche sono una bella cosa, non c’è niente di sbagliato ad averne una.
Ma NYA ambisce ad avere il controllo su tutto. Prevedi di arrivare al punto in cui non avrai più bisogno di un’etichetta?
Dipende cosa intendi con “non averne bisogno”. Ne fanno parte molti esseri umani, gente che lavora nella musica e che sta cercando di trovare il proprio posto. La questione della tecnologia è un mito: “non hai bisogno di questo né di quello perché puoi arrivare direttamente al consumatore”. Sì, puoi, ma io voglio ancora una casa discografica perché ci sono esseri umani in essa. Alcuni non vogliono un’etichetta perché nessuno vuole comprare la loro musica! Se avessero un’etichetta magari più persone saprebbero che la loro musica esiste!
Cosa c’è nell’archivio della Shakey Pictures che possiamo aspettarci di vedere su NYA?
Tutto ciò che la Shakey Pictures abbia mai fatto, e ci sono parecchie cose che non sono mai uscite. Sarà tutto disponibile e ogni cosa uscirà in anteprima sulla “movie night” che avremo occasionalmente. Credo che il primo film sarà la versione di Alchemy di “Like a Hurricane”, più alcuni altri video. È una versione di mezz’ora, durante uno dei più violenti temporali… in effetti, in assoluto il più forte temporale sotto cui io abbia mai suonato. È una cosa impressionante, sia il video che il suono. È davvero interessante da vedere. Questo darà alla gente un’idea di cosa sarà Alchemy: una performance live dei Crazy Horse che va davvero in profondità nelle canzoni.
Una cosa resa evidente dal vedere tutto il tuo lavoro lungo la timeline di NYA è quanti pochi siano i dischi che hai fatto con i Crazy Horse…
Sì, è vero. Ecco perché sono così speciali.
Con i Crazy Horse avviene una connessione emotiva alla musica più profonda?
Oh sì, assolutamente. Ma non la voglio consumare. Se avessi fatto dei Crazy Horse la mia band per ogni singolo album, avrei realizzato molti meno album e non credo che avrei raggiunto la stessa portata e profondità di quello che ho effettivamente fatto. E non credo che l’intensità degli album che ho fatto con i Crazy Horse sarebbe stata la stessa. Non puoi continuare a fare la stessa cosa ancora e ancora. Devi lasciarle spazio per respirare e poi tornarci sopra.
Dipende cosa intendi con “non averne bisogno”. Ne fanno parte molti esseri umani, gente che lavora nella musica e che sta cercando di trovare il proprio posto. La questione della tecnologia è un mito: “non hai bisogno di questo né di quello perché puoi arrivare direttamente al consumatore”. Sì, puoi, ma io voglio ancora una casa discografica perché ci sono esseri umani in essa. Alcuni non vogliono un’etichetta perché nessuno vuole comprare la loro musica! Se avessero un’etichetta magari più persone saprebbero che la loro musica esiste!
Cosa c’è nell’archivio della Shakey Pictures che possiamo aspettarci di vedere su NYA?
Tutto ciò che la Shakey Pictures abbia mai fatto, e ci sono parecchie cose che non sono mai uscite. Sarà tutto disponibile e ogni cosa uscirà in anteprima sulla “movie night” che avremo occasionalmente. Credo che il primo film sarà la versione di Alchemy di “Like a Hurricane”, più alcuni altri video. È una versione di mezz’ora, durante uno dei più violenti temporali… in effetti, in assoluto il più forte temporale sotto cui io abbia mai suonato. È una cosa impressionante, sia il video che il suono. È davvero interessante da vedere. Questo darà alla gente un’idea di cosa sarà Alchemy: una performance live dei Crazy Horse che va davvero in profondità nelle canzoni.
Una cosa resa evidente dal vedere tutto il tuo lavoro lungo la timeline di NYA è quanti pochi siano i dischi che hai fatto con i Crazy Horse…
Sì, è vero. Ecco perché sono così speciali.
Con i Crazy Horse avviene una connessione emotiva alla musica più profonda?
Oh sì, assolutamente. Ma non la voglio consumare. Se avessi fatto dei Crazy Horse la mia band per ogni singolo album, avrei realizzato molti meno album e non credo che avrei raggiunto la stessa portata e profondità di quello che ho effettivamente fatto. E non credo che l’intensità degli album che ho fatto con i Crazy Horse sarebbe stata la stessa. Non puoi continuare a fare la stessa cosa ancora e ancora. Devi lasciarle spazio per respirare e poi tornarci sopra.
I dischi che fai con i Crazy Horse non sono esplicitamente politici.
Sì. Penso che i Crazy Horse raggiungano un raggio più universale. A volte. Nel passato è stato così. Anche i Promise Of The Real sono una band incredibile, fantastica. Mi consentono di suonare qualsiasi cosa desideri, in qualsiasi momento. Si sono presi il tempo di imparare tutte le canzoni così posso sceglierne una qualsiasi e la possiamo suonare. I fratelli Nelson e la band sono di prima qualità, sono grandi musicisti e non solo tecnicamente. Provengono da una vita di musica con il loro padre, Willie. Ecco chi sono e con chi sto suonando. Per me sono fantastici e adoro suonare con loro.
Non avevi suonato “Hippie Dream” per una ventina d’anni, e improvvisamente la potevi fare.
La versione che abbiamo su Earth è incredibile. È persino meglio dell’originale.
Anche l’originale si difende bene.
[Ride] Si, lo ammetto. Mi piace, quella.
Mentre costruivi gli Archivi c’è stato qualcosa che ti ha sorpreso?
Sono sempre sorpreso da ciò che scopriamo. Abbiamo registrato ogni cosa e filmato la maggior parte delle cose, quindi c’è veramente tanta roba. E continuiamo a scoprirne. Abbiamo un album del 1976 chiamato Odeon-Budokan di cui c’è anche un film. Quindi c’è un altro album live dei Crazy Horse accompagnato da un film. In parte sono io in acustico, in parte è con la band. È come gli altri di quel filone, ma viene prima di Rust Never Sleeps. È il primo della serie. È un’esperienza eccezionale perché mi prendo cura della musica. La faccio suonare al meglio che posso, la rendo disponibile perché la gente la ascolti, a un costo minimo.
NYA ha un ufficio?
No, quello del Times-Contrarian è un ufficio immaginario. Facciamo dei meeting per parlare di quanto dovrà pagare la gente. Abbiamo dovuto fare un accordo per avere l’accesso gratuito per i primi sei mesi. Ora siamo al secondo mese [all’epoca dell’intervista, ndt]. Non possiamo non pagare le case discografiche. Devono essere pagate per il materiale. Specialmente se toglierò lo streaming da tutte le altre piattaforme. Più ne parlo e più mi infastidisce, voglio metter fine a tutti i servizi streaming come ho già fatto una volta. Li spengo tutti e dico, non avrete la mia roba. Ma se lo faccio mi diranno: perderai tutta quella gente che ascolta la tua musica. Ma loro non stanno ascoltando la mia musica, stanno ascoltando della merda!
Sì. Penso che i Crazy Horse raggiungano un raggio più universale. A volte. Nel passato è stato così. Anche i Promise Of The Real sono una band incredibile, fantastica. Mi consentono di suonare qualsiasi cosa desideri, in qualsiasi momento. Si sono presi il tempo di imparare tutte le canzoni così posso sceglierne una qualsiasi e la possiamo suonare. I fratelli Nelson e la band sono di prima qualità, sono grandi musicisti e non solo tecnicamente. Provengono da una vita di musica con il loro padre, Willie. Ecco chi sono e con chi sto suonando. Per me sono fantastici e adoro suonare con loro.
Non avevi suonato “Hippie Dream” per una ventina d’anni, e improvvisamente la potevi fare.
La versione che abbiamo su Earth è incredibile. È persino meglio dell’originale.
Anche l’originale si difende bene.
[Ride] Si, lo ammetto. Mi piace, quella.
Mentre costruivi gli Archivi c’è stato qualcosa che ti ha sorpreso?
Sono sempre sorpreso da ciò che scopriamo. Abbiamo registrato ogni cosa e filmato la maggior parte delle cose, quindi c’è veramente tanta roba. E continuiamo a scoprirne. Abbiamo un album del 1976 chiamato Odeon-Budokan di cui c’è anche un film. Quindi c’è un altro album live dei Crazy Horse accompagnato da un film. In parte sono io in acustico, in parte è con la band. È come gli altri di quel filone, ma viene prima di Rust Never Sleeps. È il primo della serie. È un’esperienza eccezionale perché mi prendo cura della musica. La faccio suonare al meglio che posso, la rendo disponibile perché la gente la ascolti, a un costo minimo.
NYA ha un ufficio?
No, quello del Times-Contrarian è un ufficio immaginario. Facciamo dei meeting per parlare di quanto dovrà pagare la gente. Abbiamo dovuto fare un accordo per avere l’accesso gratuito per i primi sei mesi. Ora siamo al secondo mese [all’epoca dell’intervista, ndt]. Non possiamo non pagare le case discografiche. Devono essere pagate per il materiale. Specialmente se toglierò lo streaming da tutte le altre piattaforme. Più ne parlo e più mi infastidisce, voglio metter fine a tutti i servizi streaming come ho già fatto una volta. Li spengo tutti e dico, non avrete la mia roba. Ma se lo faccio mi diranno: perderai tutta quella gente che ascolta la tua musica. Ma loro non stanno ascoltando la mia musica, stanno ascoltando della merda!
Sicuro di poter lasciare Spotify e compagnia, ora che hai NYA?
A vederla da un unico punto di vista, sì, potrei farlo. Se volete ascoltare la mia musica, andate su NYA. Ma la gente apprezza ascoltare musica con altre cose, e non solo la mia. Ecco perché sono ancora su Spotify e su Apple. Comunque tutte quelle compagnie potrebbero usare Xstream [il player streaming ad alta definizione di NYA] e dare alla gente la vera musica. Ma poi le case discografiche la farebbero pagare di più per via dell’alta risoluzione. Perché ora che l’hanno svenduta per così poco, dovranno farti pagare a caro prezzo la qualità. Ci sto ancora riflettendo, perché da un certo punto di vista mi taglierei la gola dicendo che l’unico modo per ascoltarmi è andare sul mio sito. Finirei per restare su un’isola, se lo facessi. Ma non sono felice dello status quo. Penso che la massa sia stata imbrogliata e la colpa è tutta delle case discografiche, della Apple e delle società simili alla Apple. È affare loro, e diranno un sacco di menzogne a riguardo.
Da dove prendi tutta la tua energia?
Non lo so. Dev’essere il mondo e la gente che conosco. Traggo la mia energia dalla gente.
Hai mai avuto un lavoro comune?
Una volta, è durato un paio di settimane. Mi pare facessi qualcosa come leccare francobolli e mettere prezzi ai libri.
Da allora hai fatto solo le tue cose.
Sì, amo quello che faccio. Amo la musica. Non mi piace vedere la musica maltrattata. Non mi piace vedere la gente trarne vantaggio, consapevolmente o meno. Quindi non smetterò mai di dire la mia a riguardo.
Mojo, aprile 2018
Recentemente ti sei voltato indietro al tuo vecchio catalogo per creare i Neil Young Archives. Mi chiedo com’è stato tornare a tutto quello e pensare a te stesso come un giovane che faceva musica reagendo a un mondo in cambiamento.
Sai, non mi sono fermato molto a pensare. Potresti credere che io ci penso tutto il tempo, guardando gli Archivi, ma in realtà gli Archivi sono soltanto una cronaca, una piattaforma che mette in ordine cose già successe. Semplicemente prendo tutte le stronzate che ho fatto e le metto in un unico posto. Ogni tanto mi ci immergo… E’ bello poterle visitare. Ed è veramente bello poterle ascoltare. Finora non le potevo ascoltare perché suonavano male. La musica ha sofferto molto per colpa dei colossi della tecnologia. Gran parte degli ascoltatori oggi non si rendono neanche conto di quanto siano stati derubati. Cercano la musica e amano la musica, e questo è bene. Ma in realtà ottengono solo il 5% del suono della musica, specialmente se si rivolgono ai classici dagli anni 30 agli 80. Queste copie in mp3 ne hanno solo il 5% o meno. Se fossi un pittore e tu vedessi solo una brutta copia in color seppia del mio quadro pieno di colori, sarebbe un bel fastidio. Ecco cos’è che mi spinge, ecco perché mi sono buttato nella tecnologia audio. […] Vado nelle case discografiche e dico, “perché proibire l’accesso ai grandi pilastri della musica, a gioielli della corona quali Frank Sinatra, Cab Calloway, Jimmy Reed, Muddy Waters, Glenn Miller, chiunque? Perché ridurre la qualità a un misero 5% di ciò che realmente è stato fatto? Dov’è il vantaggio?”
Quant’è difficile per te restare ottimista verso la tua musica e nella vita, quando alle spalle c’è una vita piena di battaglie per cose come questa?
Be’, io sono molto ottimista e credo che lo spirito umano possa vincere su tante cose. Non credo che il punto a cui siamo ora sia indicativo di dove arriveremo. Penso sia un punto basso, il punto più basso a cui arriva il pendolo. Il momento non è dei migliori. Ma la mia preoccupazione maggiore ora non è che il tizio al comando [Trump, ndt] non abbia le palle e non sappia come dire addio alla gente e che sia un modello miserevole per i nostri figli. Significa molto, sì, ma è niente in confronto al danno che sta facendo all’ambiente. Questo è sconsiderato. Mi scoccia parecchio. È davvero tremendo quello che sta succedendo. La gente sta iniziando a rendersene conto.
Non mi piace che la gente acceda ai miei Archivi da Facebook. Se fanno il login via Facebook vorrei fare in modo di dirgli qualcosa su Facebook appena entrano, così sanno da dove vengono. Io uso ancora Facebook perché ai miei utenti, ai miei fan, alla gente che vuole sapere cosa stiamo facendo, possiamo far sapere cosa stiamo facendo. Ma entrando nel nostro sito non ci saranno quelle regole, non vi tracceremo e non vi useremo. Una volta che esci, sarai fuori, sarai al sicuro. Voglio che la gente sappia che ci teniamo a queste cose. Insomma, che dire di algoritmi che incoraggiano al porno i ragazzini sotto ai 10 anni…
A vederla da un unico punto di vista, sì, potrei farlo. Se volete ascoltare la mia musica, andate su NYA. Ma la gente apprezza ascoltare musica con altre cose, e non solo la mia. Ecco perché sono ancora su Spotify e su Apple. Comunque tutte quelle compagnie potrebbero usare Xstream [il player streaming ad alta definizione di NYA] e dare alla gente la vera musica. Ma poi le case discografiche la farebbero pagare di più per via dell’alta risoluzione. Perché ora che l’hanno svenduta per così poco, dovranno farti pagare a caro prezzo la qualità. Ci sto ancora riflettendo, perché da un certo punto di vista mi taglierei la gola dicendo che l’unico modo per ascoltarmi è andare sul mio sito. Finirei per restare su un’isola, se lo facessi. Ma non sono felice dello status quo. Penso che la massa sia stata imbrogliata e la colpa è tutta delle case discografiche, della Apple e delle società simili alla Apple. È affare loro, e diranno un sacco di menzogne a riguardo.
Da dove prendi tutta la tua energia?
Non lo so. Dev’essere il mondo e la gente che conosco. Traggo la mia energia dalla gente.
Hai mai avuto un lavoro comune?
Una volta, è durato un paio di settimane. Mi pare facessi qualcosa come leccare francobolli e mettere prezzi ai libri.
Da allora hai fatto solo le tue cose.
Sì, amo quello che faccio. Amo la musica. Non mi piace vedere la musica maltrattata. Non mi piace vedere la gente trarne vantaggio, consapevolmente o meno. Quindi non smetterò mai di dire la mia a riguardo.
Mojo, aprile 2018
Recentemente ti sei voltato indietro al tuo vecchio catalogo per creare i Neil Young Archives. Mi chiedo com’è stato tornare a tutto quello e pensare a te stesso come un giovane che faceva musica reagendo a un mondo in cambiamento.
Sai, non mi sono fermato molto a pensare. Potresti credere che io ci penso tutto il tempo, guardando gli Archivi, ma in realtà gli Archivi sono soltanto una cronaca, una piattaforma che mette in ordine cose già successe. Semplicemente prendo tutte le stronzate che ho fatto e le metto in un unico posto. Ogni tanto mi ci immergo… E’ bello poterle visitare. Ed è veramente bello poterle ascoltare. Finora non le potevo ascoltare perché suonavano male. La musica ha sofferto molto per colpa dei colossi della tecnologia. Gran parte degli ascoltatori oggi non si rendono neanche conto di quanto siano stati derubati. Cercano la musica e amano la musica, e questo è bene. Ma in realtà ottengono solo il 5% del suono della musica, specialmente se si rivolgono ai classici dagli anni 30 agli 80. Queste copie in mp3 ne hanno solo il 5% o meno. Se fossi un pittore e tu vedessi solo una brutta copia in color seppia del mio quadro pieno di colori, sarebbe un bel fastidio. Ecco cos’è che mi spinge, ecco perché mi sono buttato nella tecnologia audio. […] Vado nelle case discografiche e dico, “perché proibire l’accesso ai grandi pilastri della musica, a gioielli della corona quali Frank Sinatra, Cab Calloway, Jimmy Reed, Muddy Waters, Glenn Miller, chiunque? Perché ridurre la qualità a un misero 5% di ciò che realmente è stato fatto? Dov’è il vantaggio?”
Quant’è difficile per te restare ottimista verso la tua musica e nella vita, quando alle spalle c’è una vita piena di battaglie per cose come questa?
Be’, io sono molto ottimista e credo che lo spirito umano possa vincere su tante cose. Non credo che il punto a cui siamo ora sia indicativo di dove arriveremo. Penso sia un punto basso, il punto più basso a cui arriva il pendolo. Il momento non è dei migliori. Ma la mia preoccupazione maggiore ora non è che il tizio al comando [Trump, ndt] non abbia le palle e non sappia come dire addio alla gente e che sia un modello miserevole per i nostri figli. Significa molto, sì, ma è niente in confronto al danno che sta facendo all’ambiente. Questo è sconsiderato. Mi scoccia parecchio. È davvero tremendo quello che sta succedendo. La gente sta iniziando a rendersene conto.
Non mi piace che la gente acceda ai miei Archivi da Facebook. Se fanno il login via Facebook vorrei fare in modo di dirgli qualcosa su Facebook appena entrano, così sanno da dove vengono. Io uso ancora Facebook perché ai miei utenti, ai miei fan, alla gente che vuole sapere cosa stiamo facendo, possiamo far sapere cosa stiamo facendo. Ma entrando nel nostro sito non ci saranno quelle regole, non vi tracceremo e non vi useremo. Una volta che esci, sarai fuori, sarai al sicuro. Voglio che la gente sappia che ci teniamo a queste cose. Insomma, che dire di algoritmi che incoraggiano al porno i ragazzini sotto ai 10 anni…
E’ terrificante e distopico. È folle che possa esistere.
E’ un uso sbagliato della tecnologia. La tecnologia serve a rendere migliore la vita della gente. Quelli senza scrupoli ora possono usare gli stessi strumenti di quelli bravi, creati per quelli bravi. Ma ora ce li hanno i cattivi e quelli che hanno creato questi strumenti sbagliano completamente nel dire che non è più loro responsabilità. È una loro responsabilità, ma non intendono sorvegliare. Non vogliono finire per essere dismessi. Ma bisogna capire che c’è una responsibilità nell’avere potere. Bisogna fare in modo che la gente sappia cosa sta succedendo. Lasciamo che sappia.
Dev’essere fatto qualcosa non per me, ma per l’arte. Cosa ne è dei giovani artisti che vorrebbero farsi valere ma non hanno dove andare perché non viene valorizzato nulla, non vengono valorizzate le canzoni, non c’è modo di far uscire qualcosa e guadagnare qualcosa in modo da cominciare a permettersi un amplificatore, un’auto con cui andare alla prossima serata? Fai uscire un bell’album e tanta gente lo ascolta, ma nessuno viene pagato. È come se per tutte le mie canzoni della mia vita, tutto ciò che ho fatto, avessi ricevuto solo io qualcosa per le canzoni ma nessun altro, non i Crazy Horse, non le band, nessuno avesse ricevuto una percentuale. Non si tratta di noi, i vecchi, ma di quelli che non conosciamo, che non abbiamo incontrato. I musicisti che oggi hanno 10 anni. A cosa cazzo possono arrivare? A niente. È una situazione terribile per gli artisti. Io non voglio essere negativo. Dobbiamo trovare una strada che sia positiva.
Una cosa ancora più infida è che l’arte stessa ha iniziato a trasformarsi in una comodità, al punto che la gente non conosce più la differenza. La gente la vede come un accessorio piuttosto che qualcosa di spirituale ed esistenziale.
Questo è un grande pericolo delle piattaforme [digitali, ndt].
Oggi guardiamo all’arte come a un capitale.
È orribile.
E dato che i musicisti si sono attaccati sempre più a queste nuove piattaforme, finiremo per vedere l’arte assorbita.
Non succederà. No. Di questo non dobbiamo preoccuparci.
Cosa pensi che possa far muovere il pendolo dall’altra parte?
L’ossigeno dell’arte, l’arte come respiro, sarà ciò che ci salverà. Quando è possibile far tornare l’arte alla forma che aveva all’inizio – e io sto dimostrando che abbiamo la tecnologia per farlo – non c’è ragione per cui tutti questi siti non possano suonare bene quanto il mio, al di là del business delle case discografiche. Lo risolverò. Lo dimostrerò e farà davvero la differenza. Succederà. Altrimenti morirò provandoci e poi qualcun altro lo farà. Accadrà senz’altro. Perché l’arte non morirà. Non la si può uccidere. L’arte richiede di respirare, quindi devi darle tutta l’aria, non solo una parte. Oggi l’arte sta soffrendo. Se la lasciamo respirare, tutti respireranno l’arte nell’aria. E tutti staremo meglio. […] E’ quello che ha reso così grandiosi gli anni 50, 60 e 70. La gente era immersa nell’arte perché la sentiva. Ora è scomparsa ma quando tornerà, tutto il resto delle cose che abbiamo oggi inizierà a girare nel verso giusto.
E’ un uso sbagliato della tecnologia. La tecnologia serve a rendere migliore la vita della gente. Quelli senza scrupoli ora possono usare gli stessi strumenti di quelli bravi, creati per quelli bravi. Ma ora ce li hanno i cattivi e quelli che hanno creato questi strumenti sbagliano completamente nel dire che non è più loro responsabilità. È una loro responsabilità, ma non intendono sorvegliare. Non vogliono finire per essere dismessi. Ma bisogna capire che c’è una responsibilità nell’avere potere. Bisogna fare in modo che la gente sappia cosa sta succedendo. Lasciamo che sappia.
Dev’essere fatto qualcosa non per me, ma per l’arte. Cosa ne è dei giovani artisti che vorrebbero farsi valere ma non hanno dove andare perché non viene valorizzato nulla, non vengono valorizzate le canzoni, non c’è modo di far uscire qualcosa e guadagnare qualcosa in modo da cominciare a permettersi un amplificatore, un’auto con cui andare alla prossima serata? Fai uscire un bell’album e tanta gente lo ascolta, ma nessuno viene pagato. È come se per tutte le mie canzoni della mia vita, tutto ciò che ho fatto, avessi ricevuto solo io qualcosa per le canzoni ma nessun altro, non i Crazy Horse, non le band, nessuno avesse ricevuto una percentuale. Non si tratta di noi, i vecchi, ma di quelli che non conosciamo, che non abbiamo incontrato. I musicisti che oggi hanno 10 anni. A cosa cazzo possono arrivare? A niente. È una situazione terribile per gli artisti. Io non voglio essere negativo. Dobbiamo trovare una strada che sia positiva.
Una cosa ancora più infida è che l’arte stessa ha iniziato a trasformarsi in una comodità, al punto che la gente non conosce più la differenza. La gente la vede come un accessorio piuttosto che qualcosa di spirituale ed esistenziale.
Questo è un grande pericolo delle piattaforme [digitali, ndt].
Oggi guardiamo all’arte come a un capitale.
È orribile.
E dato che i musicisti si sono attaccati sempre più a queste nuove piattaforme, finiremo per vedere l’arte assorbita.
Non succederà. No. Di questo non dobbiamo preoccuparci.
Cosa pensi che possa far muovere il pendolo dall’altra parte?
L’ossigeno dell’arte, l’arte come respiro, sarà ciò che ci salverà. Quando è possibile far tornare l’arte alla forma che aveva all’inizio – e io sto dimostrando che abbiamo la tecnologia per farlo – non c’è ragione per cui tutti questi siti non possano suonare bene quanto il mio, al di là del business delle case discografiche. Lo risolverò. Lo dimostrerò e farà davvero la differenza. Succederà. Altrimenti morirò provandoci e poi qualcun altro lo farà. Accadrà senz’altro. Perché l’arte non morirà. Non la si può uccidere. L’arte richiede di respirare, quindi devi darle tutta l’aria, non solo una parte. Oggi l’arte sta soffrendo. Se la lasciamo respirare, tutti respireranno l’arte nell’aria. E tutti staremo meglio. […] E’ quello che ha reso così grandiosi gli anni 50, 60 e 70. La gente era immersa nell’arte perché la sentiva. Ora è scomparsa ma quando tornerà, tutto il resto delle cose che abbiamo oggi inizierà a girare nel verso giusto.
Però un avvocato del diavolo direbbe che molta di questa tecnologia ha democratizzato l’accesso alla musica. Questo non vuol dire che gli artisti non devono essere pagati o che la musica non debba ritornare alla qualità di un tempo. Ma come collochi nel quadro l’accesso libero alla musica e ai sistemi per poterla realizzare?
Be’, se possono avere questo, possono avere anche la qualità. Dev’essere allo stesso prezzo. Non c’è ragione perché costi di più. E, davvero, sarebbe tanto di guadagnato per la musica. […] Un disco è un universo di suoni. C’è tutto, dentro. C’è il riflesso dell’originale, come guardare in uno specchio, come guardare Mount Shasta riflesso nello Shasta Lake senza un’onda. Un riflesso perfetto. Ecco cos’è un disco. Il digitale – che sia bassa o alta risoluzione, ma soprattutto bassa – è solo una ricostruzione di quello che è successo. Non è precisamente quello che è successo. È qualcosa che somiglia a quello che è successo, messo insieme in modo controllato. Ci sono tante cose belle in questa tecnologia, ma finché non le si usa al massimo livello, non emergerà mai la bellezza. È molto più economico che nel secolo scorso. Nel 20° secolo dovevamo ridurre ogni cosa perché la memoria si pagava. Oggi non esiste più la sfida della memoria. Oggi c’è lo streaming. Non c’è memoria coinvolta. Per me è un chiodo fisso perché riguarda ciò con cui sono cresciuto. La mia vita è costruita sull’arte. Sulla musica. E tutto quello che oggi sta succedendo con le piattaforme è una battaglia che va combattuta e vinta. Ormai è qualcosa di epico.
Come vedi gli Archivi? E’ qualcosa che ci godremo di più perché abbiamo una tecnologia che consente di migliorarli, o qualcosa che renderà tutto usa e getta perché è solo online?
Questo succede se non ascolti nel modo giusto. “Tutto è usa e getta perché è online.” Oggi quello che hai online non può non farti credere che sia usa e getta. Ti fa pensare sia carta da parati. […] Fai partire una canzone che tutti amavano nel 1975, che ha venduto milioni di copie, per cui tutti impazzivano. La senti e dici, “oh, ma è come tante altre”. Questo capita perché ti arriva solo quel tanto che basta per riconoscerla. Non abbastanza per viverla. Viverla è davvero importante. È di questo che sto parlando, è questo che fa la tecnologia di cui parlo. […]
Flipboard
Be’, se possono avere questo, possono avere anche la qualità. Dev’essere allo stesso prezzo. Non c’è ragione perché costi di più. E, davvero, sarebbe tanto di guadagnato per la musica. […] Un disco è un universo di suoni. C’è tutto, dentro. C’è il riflesso dell’originale, come guardare in uno specchio, come guardare Mount Shasta riflesso nello Shasta Lake senza un’onda. Un riflesso perfetto. Ecco cos’è un disco. Il digitale – che sia bassa o alta risoluzione, ma soprattutto bassa – è solo una ricostruzione di quello che è successo. Non è precisamente quello che è successo. È qualcosa che somiglia a quello che è successo, messo insieme in modo controllato. Ci sono tante cose belle in questa tecnologia, ma finché non le si usa al massimo livello, non emergerà mai la bellezza. È molto più economico che nel secolo scorso. Nel 20° secolo dovevamo ridurre ogni cosa perché la memoria si pagava. Oggi non esiste più la sfida della memoria. Oggi c’è lo streaming. Non c’è memoria coinvolta. Per me è un chiodo fisso perché riguarda ciò con cui sono cresciuto. La mia vita è costruita sull’arte. Sulla musica. E tutto quello che oggi sta succedendo con le piattaforme è una battaglia che va combattuta e vinta. Ormai è qualcosa di epico.
Come vedi gli Archivi? E’ qualcosa che ci godremo di più perché abbiamo una tecnologia che consente di migliorarli, o qualcosa che renderà tutto usa e getta perché è solo online?
Questo succede se non ascolti nel modo giusto. “Tutto è usa e getta perché è online.” Oggi quello che hai online non può non farti credere che sia usa e getta. Ti fa pensare sia carta da parati. […] Fai partire una canzone che tutti amavano nel 1975, che ha venduto milioni di copie, per cui tutti impazzivano. La senti e dici, “oh, ma è come tante altre”. Questo capita perché ti arriva solo quel tanto che basta per riconoscerla. Non abbastanza per viverla. Viverla è davvero importante. È di questo che sto parlando, è questo che fa la tecnologia di cui parlo. […]
Neil Young: "Credo che siamo nel bel mezzo di una grande crisi dell’arte e della musica in particolare. I semi ne sono una rappresentazione metaforica. […] A noi non piacciono i semi geneticamente modificati, ma solo quelli puri, non ci piace la musica OGM, ma solo quella pura. E tutta la musica che oggi si sente è stata geneticamente modificata fino alla morte, è completamente compromessa e imbastardita. […] E la colpa è delle case discografiche e dei colossi tecnologici. Entrambi sono stati irresponsabili con l’arte del suono registrato. […] Quando la musica era viva, tutti la sentivano. Oggi nessuno la sente e la musica è morta. Non c’è sound, non c’è audio… Ecco perché la gente non si emoziona più con la musica come si emozionava in passato."
Neil Young: [Negli Archivi ci sono] "quattro o cinque album dei Crazy Horse che nessuno ha mai ascoltato, e sono pronti a uscire. [...] Alcuni hanno apprezzato Trans, ma molta gente si è sentita persa. Senza i video è come leggere metà di una lettera troncata a metà. [...] [Il film parlerà di] persone con voci elettroniche che lavorano in un ospedale e l'unica cosa che fanno è tentare di insegnare a un bambino come premere un bottone. [Il video] non è mai uscito perché la Geffen tagliò i fondi dopo che non aveva apprezzato l'album. Non mi era mai successa una cosa del genere. La ragione era che il disco non era come Harvest, e loro volevano che io facessi un altro Harvest, e hanno finito pure per farmi causa per questo. [...] [Il film sarà] una storia commovente che parla di intelligenza artificiale e disturbi dell'apprendimento. [...] Non vedo l'ora che esca perché grazie a esso la gente potrà ascoltare Trans nel modo in cui io lo volevo all'inizio. [...] Micah Nelson e io stiamo facendo un video animato della storia di Trans, quindi potrete vedere tutti i personaggi. Ciascuna canzone ha dei personaggi e molti sono comuni a più canzoni. C'è una fabbrica dove la gente viene costruita, dove si costruiscono dei cloni e delle versioni elettroniche delle persone. Quando canto, sono io e non sono io, è un 'Neil n.2' che canta 'Mr. Soul' e altre canzoni. Questo è ciò che volevo fare in origine, ma poi la casa discografica mi fece pubblicare il disco senza i video, perché non ci credevano, perché non era Harvest. Sarebbe stato grandioso, ma non è andata così. Ora lo stiamo facendo."