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Rassegna stampa d'epoca: Everybody's Rockin' / Old Ways / Life / This Note's For You


EVERYBODY’S ROCKIN’ – 1983

[…] Sulla copertina di Everybody's Rockin', il nuovo disco di Neil Young (Geffen), il cantante, vestito in un completo bianco e i capelli in stile Elvis Presley, assume una posa tipica del rockabilly. Chino sulla chitarra, la faccia rivolta in basso, Young è il ritratto di umile ma decisa concentrazione. E il primitivo rockabilly delle canzoni dell'album non suonano eroticamente sovversive quanto piuttosto evocative di un naif all'antica.
[…] Se Everybody's Rockin' non ha la solidità commerciale dell'album di Billy Joel, ciò fa parte della sua strategia. Per il suo omaggio all'era rockabilly – e ad Elvis Presley in particolare – vuole ricordarci che quel rockabilly era il prodotto di un ambiente culturale per nulla sofisticato ed era creata con una tecnologia piuttosto modesta. Su questo album, Young si immerge in una visione di se stesso come cantante e cantautore rockabilly anni '50. Da questa prospettiva gentilmente canzona la serietà introspettiva dei revivalisti rockabilly contemporanei, come i Blasters e Dave Edmunds, il cui approccio da museo alla storia del rock compromette la spontaneità della musica originale.
[…] La canzone d'apertura, una hit minore di Bobby Freeman del 1958, “Betty Lou's Got A New Pair Of Shoes”, è un tipico sciocco rock and roll del periodo. Come Young dimostra con una performance furiosa e intensa, fare della canzone qualcosa di speciale – una novità con sottotesti scaltri e sessuali – è puramente questione di attitudine. Allo stesso tempo, Young toglie il mistero a  “Mystery Train”, hit di Elvis Presley che gli scolari del rock ritengono la quintessenza del rockabilly classico, aggiungendo deliberati tocchi sdolcinati come le vocine femminili che fanno il “woo-woo” del treno.
La migliore delle nuove canzoni di Neil Young ostenta anche l'antico humour hillbilly. In “Kinda Fonda Wanda”, Young passa al setaccio i titoli dei brani rock and roll anni '50 con nomi di ragazza, prima di posarsi su Wanda, “because she wanna, wanna, wanna”. In “Payola Blues”, che apre con una sincera e smielata dedica a Alan Freed, il coro dell'album, che fa la parodia ai Jordanaires, elabora lo scherzo cantando “cash-a-wad-a-wad-a-wad-a” (“soldi a palate”). Il sound generale cattura l'eco dell'ambiente Sun Record del primo rock and roll […]. Gli arrangiamenti sgraziati con i cori che sembrano invadenti contrastano acutamente con il rockabilly snello e mitizzato dei revivalisti di oggi.
È proprio la crudezza di Everybody's Rockin' che lo rende emotivamente coinvolgente. Cantando nel suo solito guaito traballante e pensieroso, Young diventa il cantante rockabilly della sua immaginazione – un giovane determinato con il fuoco dentro. Diversamente da Dave Edmunds e dai Blasters, che sottomettono la loro personalità al concetto storico, Young non si fa problemi. Young aveva già adottato le radici americane tempo fa – con dischi come Hawks & Doves e American Stars 'n Bars – ma lo specifico contesto rockabilly gli ha fornito un personaggio focalizzato che prima mancava. Young ha provato a suggerire, se non incapsulare, l'elusiva qualità del carattere americano che ha dato vita al rock and roll, all'inizio. Il desiderio bruciante di abbandonare la bucolica innocenza per i piaceri della città ha a che fare con questo. 
Stephen Holden, NY Times 1983

 
OLD WAYS – 1985

Neil Young, che per anni ha tenuto un piede nella musica country, c'è infine entrato completamente con il suo ultimo disco, Old Ways (Geffen). Registrato a Nashville e ricco di duetti con Waylong Jennings e Willie Nelson, è il disco di Young col sound più limpido da molti anni, e il suo remake affascinante di “The Wayward Wind” potrebbe essere una grossa hit. Ma mentre l'album fa sfoggio dei lisci arrangiamenti country, attraverso molti dei testi di Young spunta una nota di sardonico surrealismo.
La canzone più strana e ambiziosa, “Misfits”, giustappone tre scene – una in un hotel del Texas, una in South Dakota e un'altra in una stazione spaziale dove gli astronauti seguono il ritorno di Muhammad Ali – in un trittico ritratto dell'eccentricità Americana.
Se Old Ways dovrebbe attirare il pubblico rock di Young, la domanda è se le comparse di molte star del country rendano appetibile l'album per gli appassionati di questo genere di musica.
Stephen Holden, NY Times 1985


LIFE – 1987

[…] Sul nuovo disco di Young, Life, il cantante e cantautore ha riunito la sua vecchia band, i Crazy Horse, col cui suono nervoso e strampalato grida la terribile condizione del mondo. […] Per Neil Young, aver intitolato l'ultimo album Life sembra un tipico gesto grandioso da un musicista il cui primitivismo estetico a volte suggerisce che sia l'equivalente nel rock dell'astrattismo nella pittura. Young ha sempre scritto e suonato in due modi. Uno è quello della sua sensibilità come folksinger acustico e pensieroso, con ballate da solitario. L'altro è il sardonico simbolista rock che sventola i suoi impulsi anarchici con il fuzz della chitarra e testi che sembrano graffiti. In tutti i dischi di Young, ma specialmente nei più recenti, le canzoni sono sembrate un difficile misto di versi surreali, da oracolo, in declamazioni rozze e senza tagli. Life, album nel quale predomina il lato rumoroso di Young, ne ha ancora più del solito.
“Leader cadono / Leader sorgono / Il terrore indossa una sottile maschera / Non molto spazio al compromesso” grida in “Around The World”, canzone il cui testo è regolarmente calcato dall'effetto sonoro di bombe e spari. Versi come questi mostrano Young in una rumorosa sterilità.
Young brilla molto di più in quelle canzoni che sviluppano personaggi o contemplano dei miti. In “Mideast Vacation”, una delle due migliori canzoni di Life, racconta in prima persona la storia di un folle americano guerrafondaio che è attratto dal caos e dalla distruzione e porta la sua famiglia a Beirut, li sistema in un hotel e va fuori a guardare la violenza. “Ero Rambo nella discoteca / Sparavo a ritmo / Quando mi bruciarono in un'effigie / La mia vacanza fu completa”, si vanta. Il marziale arrangiamento della band e le urla vacillanti di Young danno a questa piccola parabola politica una carica di drammatica adrenalina.
Con “Inca Queen”, Young torna a uno dei suoi soggetti preferiti, l'antica cultura latinoamericana, per ritrarre un'immagine di una dea precolombiana seduta sulla cima di un edificio in una città sulle montagne. La canzone, che evoca la gloria di una civiltà scomparsa, ritorna in modo poetico al tema di “Mideast Vacation”: la precarietà della civilizzazione.
[…] La musica di Young è cresciuta cruda e chiassosa da quando ha trovato ispirazione nel movimento punk-rock. 
Stephen Holden, NY Times 1987

 
THIS NOTE’S FOR YOU – 1988

TENTAZIONI E INFEDELTÀ NELLE NUOVE CANZONI DI YOUNG
Neil Young suonava blues quando è venuto al World l'altra settimana. Ha scritto testi in 12 battute e ascoltato attentamente i lavori di T-Bone Walker, Wes Montgomery, Elmore James e i King (B.B., Freddie e Albert). Con l'uscita del suo album This Note's For You ha portato la sua band, i Blue Notes, che includono una sezione di sei fiati, al World per quattro date a stento reclamizzate, piuttosto che per un grande concerto a New York. I due set di martedì hanno incluso unicamente nuove (o poco familiari) canzoni, e Mr. Young ha indossato occhiali da sole per tutta la sera salvo in una strofa del suo ultimo encore.
Gli occhiali da sole e i fiati non lo rendono un bluesman. Anche se continua la sua sistematica esplorazione di generi – nell'ultimo decennio ha provato il country, il rockabilly, il folk-rock e l'elettro-pop – Mr. Young ha usato semplici convenzioni del blues.
Innanzitutto, non deve scrivere molti brani; può semplicemente farli nella forma standard a 12 battute. Può anche tracciare le connotazioni del blues e del rhythm & blues: i fiati sofisticati urbani, i testi sulle dure conquiste. Ma Mr. Young non ha nessuna delle sottigliezze del vero bluesman; è un novellino le cui canzoni sono molto semplici – in gran parte con parole di una sillaba, come in “Don't Take Your Love Away From Me” – e la cui voce è alta, disarmata e tremolante. Il blues, specialmente lo stile delicato e sentito degli anni '50 che evoca con i Blue Notes, è molto lontano da primitivismo.
Molte delle nuove canzoni di Mr. Young parlano di amore, tentazione e delle conseguenze dell'infedeltà: “I had a few cheap thrills / But they cost me a lot more / Than I could give”. Neanche la metà di esse, incluse alcune che non sono sull'album, hanno l'impatto secco delle sue canzoni migliori. In altre parole, Young ricorre a ovvi citazionismi (come i fiati alla Wilson Pickett in “Sunny Inside”), triti cliché e idee che sono proprio ovvie piuttosto che semplici ma risonanti, come “This Note's For You” (che parla del rifiuto di cantare nella pubblicità), “Ten Men Workin'” (sulla band) e “Life In The City”. Inspiegabilmente, Mr. Young ha cantato due volte queste canzoni.
I Blue Notes sono un po' più maldestri rispetto alla Bobby (Blue) Band o a B.B. King; la sezione fiati ha soltanto uno o due riff per canzone, ripetendoli piuttosto che sviluppando i propri modelli. Young, comunque, era in un ottima forma, cantando con convinzione (specialmente in una nuova ballata con una metafora sulla boxe) e suonando idiomatici assoli blues con piccoli barlumi dei suoi vecchi, pungenti stili rock. Le canzoni di quello che può essere chiamato il periodo blues di Young non sono le sue più memorabili, ma come intrattenimento da club fanno il loro lavoro.
Jon Pareles, NY Times 1988

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