The Oral History: Living With War e CSNY/Dejà Vu, 2006-08
Neil Young: Ho appena finito un nuovo album con un power trio con trombe e un coro di cento voci. È stato registrato all'inizio di questo mese. Penso sia una versione metal di Phil Ochs e Bob Dylan. Canzoni di protesta folk-metal? Il disco si chiama Living With War. La title track è la seconda di dieci canzoni. Pubblicheremo i testi sul sito. Voglio ringraziare la Warner/Reprise per il supporto, il coro di cento voci e i miei tre musicisti Chad Cromwell alla batteria, Rick Rosas al basso e Tommy Bray alle trombe. Ringrazio inoltre Niko Bolas Larry Johnson, John Nowlands, Tim Mulligan, Darrell Brown, Elliott Roberts e Rosemary Butler ai Redwood Digital Studios della Capital Records. [1]
Young: Su USA Today in prima pagina, c'era una grande foto a colori di uno di questi aerei-ospedale che volano dalla Germania in Iraq. E questi ragazzi che erano – erano – ti posso dire che la foto era molto dura. […] Non ho guardato nient'altro che quella foto. La guardavo e mi sono detto, io odio davvero questo. Davvero lo odio. […] Sono andato al piano di sopra e ho scritto “Families”. Poi ho iniziato a scrivere “Restless Consumer”. Ho cominciato a scrivere tutte queste canzoni in una volta. Avevo tipo quattro canzoni che procedevano insieme. […] Quando finii “Families”, che è una canzone davvero emotiva per me, io – io ero seduto nella stanza a piangere da solo. Ho chiamato mia moglie e le ho detto, tesoro devi venire qui, voglio mostrarti questo, voglio suonare questa per te. […] Penso di avere ancora gli originali. Erano scritte a mano. […] Le ho lasciate tali e quali. […] La musica è venuta nello stesso momento.” [2]
Young: Forse era il gruppo di canzoni palesemente più esagerate che avessi mai scritto, ma abbiamo fatto quello che andava fatto, dunque non me ne pento. Non abbiamo cercato di trasmettere un messaggio confezionato ad arte. Era un attacco diretto. Stephen [Stills] non era molto a suo agio con i contenuti politici di brani come “Let's Impeach The President” e “Living With War”, che avevo scritto come se fossero il delirio di un fanatico. Ehi, magari era arte! Come chi spara a zero nei discorsi da bar, non mi sono impegnato molto nella musica. Il messaggio non valeva la pena di farne una ben congegnata. Per quell'album la produzione, le belle melodie e cose del genere sarebbero state uno spreco di tempo. È stato distribuito in una busta di carta scadente come qualcosa da diffondere senza dover essere abbellito.
[…] Durante la guerra in Iraq CSNY sono andati in tour a cantare i brani del mio ultimo album Living With War e un gruppo di canzoni più vecchie che riflettevano la politica e la vita americana. Così abbiano ritrovato il senso delle vecchie intenzioni. Ma le cose sono cambiate; con quella musica abbiamo diviso in due il nostro pubblico, invece di unirlo. È stato un segno dei tempi. [3]
Young: Su USA Today in prima pagina, c'era una grande foto a colori di uno di questi aerei-ospedale che volano dalla Germania in Iraq. E questi ragazzi che erano – erano – ti posso dire che la foto era molto dura. […] Non ho guardato nient'altro che quella foto. La guardavo e mi sono detto, io odio davvero questo. Davvero lo odio. […] Sono andato al piano di sopra e ho scritto “Families”. Poi ho iniziato a scrivere “Restless Consumer”. Ho cominciato a scrivere tutte queste canzoni in una volta. Avevo tipo quattro canzoni che procedevano insieme. […] Quando finii “Families”, che è una canzone davvero emotiva per me, io – io ero seduto nella stanza a piangere da solo. Ho chiamato mia moglie e le ho detto, tesoro devi venire qui, voglio mostrarti questo, voglio suonare questa per te. […] Penso di avere ancora gli originali. Erano scritte a mano. […] Le ho lasciate tali e quali. […] La musica è venuta nello stesso momento.” [2]
Young: Forse era il gruppo di canzoni palesemente più esagerate che avessi mai scritto, ma abbiamo fatto quello che andava fatto, dunque non me ne pento. Non abbiamo cercato di trasmettere un messaggio confezionato ad arte. Era un attacco diretto. Stephen [Stills] non era molto a suo agio con i contenuti politici di brani come “Let's Impeach The President” e “Living With War”, che avevo scritto come se fossero il delirio di un fanatico. Ehi, magari era arte! Come chi spara a zero nei discorsi da bar, non mi sono impegnato molto nella musica. Il messaggio non valeva la pena di farne una ben congegnata. Per quell'album la produzione, le belle melodie e cose del genere sarebbero state uno spreco di tempo. È stato distribuito in una busta di carta scadente come qualcosa da diffondere senza dover essere abbellito.
[…] Durante la guerra in Iraq CSNY sono andati in tour a cantare i brani del mio ultimo album Living With War e un gruppo di canzoni più vecchie che riflettevano la politica e la vita americana. Così abbiano ritrovato il senso delle vecchie intenzioni. Ma le cose sono cambiate; con quella musica abbiamo diviso in due il nostro pubblico, invece di unirlo. È stato un segno dei tempi. [3]
Sono stato impressionato da quanto siano venute bene le nuove canzoni dal vivo – il pubblico le ha davvero apprezzate. Hai avuto questa sensazione dal palco?
Young: Sul palco, sono per lo più perso in quello che sto facendo, non sento il pubblico, ma posso sentirlo alla fine, e a ogni canzone sembravano reagire sempre più, e c’era qualcuno che erano tipo scioccati, come quando abbiamo suonato “Families”, e vedevano questi soldati e queste immagini proiettate nel frattempo, che rimandavano al significato della canzone. Sono canzoni importanti, anche se sono solo canzoni folk. Non sono qualcosa di eccezionale, ma parlano semplicemente delle cose che le persone provano. Quando sentono quello che dici, ciò che pensano, si sentono liberati, è come se qualcuno avesse la voce al loro posto. [4]
“Find The Cost Of Freedom” è stata davvero potente. Ho raramente visto un pubblico così silenzioso e attento.
Young: È la vera questione, non è intrattenimento. È buffo cosa accade oggigiorno. Qualcuno fa un disco, io faccio un disco totalmente incentrato su questa guerra, e ci sono ancora gli stupidi che dicono che lo faccio per i soldi perché sono un vecchio soprammobile. È fuori dalla realtà. Non c’entra il business dell’intrattenimento, è quella cazzo di guerra che ammazza le persone. […] [4]
Quando hai organizzato il tour all’inizio, ancora non avevi le canzoni, giusto?
Young: No. Le sentivo. [4]
Quanto veloci sono arrivate?
Young: Sono arrivate nell’arco di circa una settimana e mezzo. [4]
Hanno funzionato bene con Crosby, Stills & Nash al posto del coro. Penso che quando le hai portate sul palco abbiano suonato anche meglio.
Young: Sì, be’, è dal vivo, e amo sentire il coro cantare insieme a noi. Talvolta puoi sentire cantare il pubblico e, col tempo, le conosceranno di più. La vera cosa è questa, la gente e i loro sentimenti. [4]
Come avete messo insieme la setlist degli show?
Young: Abbiamo provato per circa dieci giorni. Abbiamo tentato di diluire le mie canzoni durante lo spettacolo, e questo non ha funzionato, perché disturbavano. Le abbiamo messe insieme, fondamentalmente, e qualcun’altra lasciata da sola. Ne abbiamo quattro in fila qui e il grosso qua, ci abbiamo messo due settimane per capire che era il modo migliore di farlo. Per il resto abbiamo lavorato nel memorizzare le nostre parti e le vecchie canzoni, le devi provare e richiamare alla mente. [4]
Per venticinque anni buoni non hai fatto tour con questi ragazzi. Come mai negli ultimi sei anni ne avete fatti tre?
Young: Penso sia un momento della vita in cui ritornare con questi amici che hai da quando eri un ragazzo e con cui sei cresciuto, una gran parte della tua vita, e porta avanti le relazioni. Mi piace suonare con loro, come mi piace suonare coi Crazy Horse. È completamente diverso. [4]
Come ti sembra tornare in attività?
Young: Mi sento bene. Mi piace il modo in cui stiamo lavorando e tutto quanto, abbiamo ancora energia per suonare. Abbiamo fatto uno show ieri notte e viaggiato e sono ancora in forze, e ne sono grato. Mi sto divertendo. Davvero un gran bel momento. […] [4]
Young: Sul palco, sono per lo più perso in quello che sto facendo, non sento il pubblico, ma posso sentirlo alla fine, e a ogni canzone sembravano reagire sempre più, e c’era qualcuno che erano tipo scioccati, come quando abbiamo suonato “Families”, e vedevano questi soldati e queste immagini proiettate nel frattempo, che rimandavano al significato della canzone. Sono canzoni importanti, anche se sono solo canzoni folk. Non sono qualcosa di eccezionale, ma parlano semplicemente delle cose che le persone provano. Quando sentono quello che dici, ciò che pensano, si sentono liberati, è come se qualcuno avesse la voce al loro posto. [4]
“Find The Cost Of Freedom” è stata davvero potente. Ho raramente visto un pubblico così silenzioso e attento.
Young: È la vera questione, non è intrattenimento. È buffo cosa accade oggigiorno. Qualcuno fa un disco, io faccio un disco totalmente incentrato su questa guerra, e ci sono ancora gli stupidi che dicono che lo faccio per i soldi perché sono un vecchio soprammobile. È fuori dalla realtà. Non c’entra il business dell’intrattenimento, è quella cazzo di guerra che ammazza le persone. […] [4]
Quando hai organizzato il tour all’inizio, ancora non avevi le canzoni, giusto?
Young: No. Le sentivo. [4]
Quanto veloci sono arrivate?
Young: Sono arrivate nell’arco di circa una settimana e mezzo. [4]
Hanno funzionato bene con Crosby, Stills & Nash al posto del coro. Penso che quando le hai portate sul palco abbiano suonato anche meglio.
Young: Sì, be’, è dal vivo, e amo sentire il coro cantare insieme a noi. Talvolta puoi sentire cantare il pubblico e, col tempo, le conosceranno di più. La vera cosa è questa, la gente e i loro sentimenti. [4]
Come avete messo insieme la setlist degli show?
Young: Abbiamo provato per circa dieci giorni. Abbiamo tentato di diluire le mie canzoni durante lo spettacolo, e questo non ha funzionato, perché disturbavano. Le abbiamo messe insieme, fondamentalmente, e qualcun’altra lasciata da sola. Ne abbiamo quattro in fila qui e il grosso qua, ci abbiamo messo due settimane per capire che era il modo migliore di farlo. Per il resto abbiamo lavorato nel memorizzare le nostre parti e le vecchie canzoni, le devi provare e richiamare alla mente. [4]
Per venticinque anni buoni non hai fatto tour con questi ragazzi. Come mai negli ultimi sei anni ne avete fatti tre?
Young: Penso sia un momento della vita in cui ritornare con questi amici che hai da quando eri un ragazzo e con cui sei cresciuto, una gran parte della tua vita, e porta avanti le relazioni. Mi piace suonare con loro, come mi piace suonare coi Crazy Horse. È completamente diverso. [4]
Come ti sembra tornare in attività?
Young: Mi sento bene. Mi piace il modo in cui stiamo lavorando e tutto quanto, abbiamo ancora energia per suonare. Abbiamo fatto uno show ieri notte e viaggiato e sono ancora in forze, e ne sono grato. Mi sto divertendo. Davvero un gran bel momento. […] [4]
Young: Sapevamo che, lavorando sodo, la pellicola sarebbe arrivata nelle sale l'anno delle elezioni presidenziali... Eravamo certi che le cose nel frattempo non sarebbero cambiate. […] È una specie di memorandum, ricorda che la guerra è ancora in corso. CSNY/Dejà Vu susciterà le stesse reazioni dei concerti: qualcuno penserà che è una cosa sbagliata, qualcuno dirà che si sarebbe dovuto fare qualcosa molto tempo fa. Ma tanta gente ne discuterà a lungo. […] Racconta come si convive con il conflitto, non solo dal punto di vista dei soldati, del pubblico dei concerti, dei parenti dei soldati caduti, della band sul palco o dei politici responsabili, ma di tutti e contemporaneamente. CSNY/ Dejà Vu mostra gente contro la guerra e gente favorevole, persone che attraversano la guerra e cambiano idea, altre che s'incazzano e si ribellano, altre ancora che dopo quell'esperienza trovano il modo di venire a patti con se stesse. Il nostro scopo è far nascere una discussione, mostrando quanto agli americani viene celato.
[…] Ho deciso di farlo io perché mi sono stancato di aspettare che lo facesse qualcun altro. I giovani di oggi non sono toccati dall'Iraq: non lo “vedono”, non capiscono la carneficina, il trionfo della morte, perché non riescono a percepire la realtà di ciò che accade. La televisione mostra solo una minima parte di quanto succede, e sempre nello stesso modo, probabilmente perché la gente si annoi e finisca per farci l'abitudine. […] La differenza fondamentale tra quanto accadeva negli anni Sessanta e oggi è che non c'è più la leva obbligatoria. Allora tutti rischiavano di andare a morire, e quella fu la molla principale della protesta. Oggi, i ragazzi si s'interessano solo delle loro carriere, non si sentono minacciati da una guerra che non fa parte della loro realtà. [5]
[…] Ho deciso di farlo io perché mi sono stancato di aspettare che lo facesse qualcun altro. I giovani di oggi non sono toccati dall'Iraq: non lo “vedono”, non capiscono la carneficina, il trionfo della morte, perché non riescono a percepire la realtà di ciò che accade. La televisione mostra solo una minima parte di quanto succede, e sempre nello stesso modo, probabilmente perché la gente si annoi e finisca per farci l'abitudine. […] La differenza fondamentale tra quanto accadeva negli anni Sessanta e oggi è che non c'è più la leva obbligatoria. Allora tutti rischiavano di andare a morire, e quella fu la molla principale della protesta. Oggi, i ragazzi si s'interessano solo delle loro carriere, non si sentono minacciati da una guerra che non fa parte della loro realtà. [5]
Fonti:
[1] neilyoung.com 2006
[2] badnewsbeat.org 2006
[3] Neil Young, “Il Sogno di un Hippie”
[4] Rolling Stone 2006
[5] GQ 2008
[1] neilyoung.com 2006
[2] badnewsbeat.org 2006
[3] Neil Young, “Il Sogno di un Hippie”
[4] Rolling Stone 2006
[5] GQ 2008