The Oral History: This Note's For You e il Bluenotes tour, 1988 (pt.1)
Neil Young: Un cambiamento nella musica era alle porte. Me lo sentivo nelle ossa. Ero in tour con i Crazy Horse in America [nel 1987, ndr], a suonare in arene all'aperto […]. La prima parte dello spettacolo era acustica, poi si passava all'elettrico, ma nel mezzo c'era una sezione di nuova musica a cui io mi riferivo, in privato, come Blue Horse. Quella parte di set consisteva in quattro canzoni nuove di stampo blues: “Big Room”, “This Note's For You”, “Ain't It The Truth” e “Don't Take Your Love Away From Me”. […] Nell'autunno del 1987, il nome Blue Horse […] divenne per la prima volta Bluenotes. Avevamo una sezione fiati piena d'anima, che mi fu presentata da Billy Talbot. Includeva Steve Lawrence, Claude Cailliet, Tommy Bray, Johnny Fumo, Larry Cragg (il mio tecnico della chitarra dai molti talenti), e il mio grande e versatile amico Ben Keith al sassofono. Suonammo dal vivo al Cocoanut Grove in Santa Cruz, una vecchia sala da ballo di fronte all'oceano. Il Cavallo si era trasformato in tutt'altra cosa e mi piaceva. Era il posto perfetto per una musica vecchio stampo come la nostra. Non la ricordo come una delle serate migliori. Tutti erano un po' sopra le righe. Diverse nuove canzoni con i fiati vennero aggiunte: “Find Another Shoulder”, “High Heels”, “One Thing” e “Ain't It The Truth”. Persino “Hello Lonely Woman” degli Squires fece una nuova apparizione. […] Per la fine dell'anno i Bluenotes suonavano regolarmente nei club della San Francisco Bay Area. […] Le cose precipitarono quando la casa discografica iniziò a pensare che stessi facendo cose sbagliate, così mi fece causa per suonare la musica che volevo, anziché “musica caratteristica di Neil Young”. Ma i Bluenotes continuarono, suonando in altre sale – il Cabaret di San Jose, l'Omni di Oakland – e registrando a mie spese fino al concerto di Fillmore a San Francisco, il giorno del mio compleanno, il 12 novembre 1987. Poi accadde l'incredibile. Ero nel mio studio al ranch a riascoltare le registrazioni del tour per assemblare un album intitolato Bluenote Cafè. Avevo appena fumato uno spinello bello grosso ed ero pronto a riascoltare tutti i pezzi di quei concerti, quando Elliot [Roberts] mi chiamò. Disse che la casa discografica aveva lasciato cadere la causa contro di me! […] Firmai di nuovo con la Reprise. Era la fine del 1987 e potevo entrare in studio. Quindi tornammo al SIR (dove avevamo registrato Tonight's The Night) e cercammo di ritrovare il feeling. Nacquero dei problemi con i ragazzi dei Crazy Horse, Billy e Ralph. Li adoro ma non stava funzionando, o magari sì ma io non lo vedevo. La band non ritrovava il groove per qualche ragione, quindi provai a cambiarla e provai con un altro bassista, George Whitsell, il chitarrista originale dei Rockets. A dicembre avevamo alcuni buoni take, “One Thing”, “Midnight Blues” e “I'm Goin'”, registrati al SIR. George era davvero figo, ma non possedeva quel qualcosa che io andavo cercando. Nel frattempo si erano liberati Chad Cromwell e Rick Rosas, la sezione ritmica di Joe Walsh che avevo incontrato di recente al Farm Aid. Chiesi loro di venire. Quando arrivarono, resero finalmente i Bluenotes una grande band. Per avere una grande band sta tutto nella chimica e nel modo in cui i musicisti interagiscono gli uni con gli altri. […] Completammo l'album This Note's For You e realizzammo anche alcuni video, ma quello di “This Note's For You”, diretto da Julien Temple, fu bandito da MTV perché menzionava nomi di prodotti e questo era contro le politiche del network, ma noi sappiamo che fu bandito invece per via di quello che cantavamo. […] Il messaggio era piuttosto diretto. Ironicamente, dopo essere stato bandito, vinse il premio MTV Video of the Year 1988, votato dal pubblico. Elliot Roberts gestì in modo magistrale una brutta situazione. […] Ci mettemmo al volante di Pocahontas, il mio tour bus, e continuammo a suonare con i Bluenotes in giro per il paese per mesi, suonando in vecchi auditorium e in club, promuovendo This Note's For You e registrando Bluenote Cafè. Fu un grande periodo, la musica fluiva e la big band suonava notte dopo notte. [8]
Larry Cragg: La sezione fiati ero io. Tutto d'un tratto Neil mi disse, “Okay, lo farai tu.” Non mi diede preavviso. Non avevo neanche le mie parti, così le scrissi e mi esercitai su uno dei camion vuoti, perché non volevo che qualcuno mi sentisse. [1]
Larry Cragg: La sezione fiati ero io. Tutto d'un tratto Neil mi disse, “Okay, lo farai tu.” Non mi diede preavviso. Non avevo neanche le mie parti, così le scrissi e mi esercitai su uno dei camion vuoti, perché non volevo che qualcuno mi sentisse. [1]
Niko Bolas: Il mio sogno era di fare un disco con Keith Richards, e ho dovuto rinunciare perché avevo detto di sì a Neil. Poi siamo andati in tour con i Crazy Horse ed era terribile, una schifezza. […] Stavano totalmente cannando, sprecando i soldi di Neil, e questo mi seccava parecchio. […] Dissi, “Senti, tocca effettivamente a me produrre questo disco o mi stai solo dando qualcosa da fare perché io non vada da qualche altra parte?” Neil disse, “Un po' di tutti e due.” Io dissi, “Ti serve un'altra sezione ritmica, questa bicicletta non corre. Concediti il lusso di usare altre sezioni ritmiche.” […] Fu difficile per Neil. Lui è leale. […] È un'artista, ma è anche insicuro. Non vuole suonare con musicisti veramente bravi perché lo sminuirebbero. Perché lui non è un impeccabile musicista... è solo una forza dirompente. […] Neil non voleva usare nessuno degli strumentisti che gli avevo suggerito. [1]
Frank “Poncho” Sampedro: Una notte Neil venne nella mia stanza con Ben Keith e disse, “Abbiamo cominciato come Crazy Horse, ma domani mattina potremmo essere solamente tu e io.” Io non ero così timido. La musica mi aveva insegnato abbastanza da riconoscere una colpa quando era mia. Billy mi aveva convinto che quello che facevamo o era cosmico o non lo era affatto. […] L'intero LP fu registrato in circa due settimane. Del tipo, “ma come si chiama il batterista?” E avevamo già finito. [1]
Young: [Rick Rosas] è un bravo musicista, un indiano anche un po' matto. Rick riportò un po' di follia nella musica, che era venuta a mancare.
[…] La gente scrive sulle riviste che ho fatto dischi di genere diverso solo per attirare l'attenzione su di me. […] Ci sono modi migliori per attirare l'attenzione... potevo uccidere i critici se avessi voluto... demolire la Geffen Records... demolire me stesso in pubblico se lo avessi voluto – e avrei avuto parecchia attenzione, no? È veramente stupido pensare una cosa del genere. Ho fatto Trans perché volevo farlo, e gli Shocking Pinks e gli International Harvesters perché volevo farlo, e ora sono con i Bluenotes perché lo voglio, e se non ti piace questa merda, bene. Cosa sta dicendo questa gente? Che la cosa giusta da fare è ripetere la stessa cosa ancora e ancora e non essere bizzarri? Perché se Neil Young facesse sempre la stessa cosa e non fosse bizzarro, loro direbbero, “Oh, Neil Young è noioso, se ne esce sempre con la stessa roba.” Non puoi vincere. Una settimana sono uno sfigato e quella dopo sono un genio, quindi come posso prendere questi critici musicali seriamente? Lasciamo decidere la gente. [1]
Young: Innanzitutto non penso sia un vero album blues. Penso abbia molte cose blues. È un ‘blue’ album, non un ‘blues’ album. Non sto pretendendo tutto in una volta di essere un bluesman. Non mi piace essere etichettato, in nessun modo. Ho fatto questo errore io stesso in passato etichettando la mia musica, è questo o quello, ma è controproduttivo. La mia musica non è niente fuorché me. Ha molto blues dentro, e molte ‘blue-note’, ecco perché lo chiamiamo così. Ha del jazz dentro, e ha del rock ‘n’ roll, e ha una certa urgenza. Ma sono soltanto le mie canzoni. Sono tutti pezzi che ho scritto nel periodo in cui sono stati registrati. Praticamente tutte canzoni nuove. Le scrissi per una grossa band che può arrangiarle, scrissi le parti dei fiati. Non è che le scrissi, andavo lì e facevo ‘Da da da da’, fate questo e questi ragazzi erano grandiosi, facevano giusto. E poi lo migliorano. Poi si arrangiano le parti armoniche e quando tutto funziona, tutti sanno che cosa sta accadendo. Tutti questi ragazzi sono musicisti migliori di me. Sono molto più tecnici coi loro strumenti di quanto lo sia io. [2]
Young: [Rick Rosas] è un bravo musicista, un indiano anche un po' matto. Rick riportò un po' di follia nella musica, che era venuta a mancare.
[…] La gente scrive sulle riviste che ho fatto dischi di genere diverso solo per attirare l'attenzione su di me. […] Ci sono modi migliori per attirare l'attenzione... potevo uccidere i critici se avessi voluto... demolire la Geffen Records... demolire me stesso in pubblico se lo avessi voluto – e avrei avuto parecchia attenzione, no? È veramente stupido pensare una cosa del genere. Ho fatto Trans perché volevo farlo, e gli Shocking Pinks e gli International Harvesters perché volevo farlo, e ora sono con i Bluenotes perché lo voglio, e se non ti piace questa merda, bene. Cosa sta dicendo questa gente? Che la cosa giusta da fare è ripetere la stessa cosa ancora e ancora e non essere bizzarri? Perché se Neil Young facesse sempre la stessa cosa e non fosse bizzarro, loro direbbero, “Oh, Neil Young è noioso, se ne esce sempre con la stessa roba.” Non puoi vincere. Una settimana sono uno sfigato e quella dopo sono un genio, quindi come posso prendere questi critici musicali seriamente? Lasciamo decidere la gente. [1]
Young: Innanzitutto non penso sia un vero album blues. Penso abbia molte cose blues. È un ‘blue’ album, non un ‘blues’ album. Non sto pretendendo tutto in una volta di essere un bluesman. Non mi piace essere etichettato, in nessun modo. Ho fatto questo errore io stesso in passato etichettando la mia musica, è questo o quello, ma è controproduttivo. La mia musica non è niente fuorché me. Ha molto blues dentro, e molte ‘blue-note’, ecco perché lo chiamiamo così. Ha del jazz dentro, e ha del rock ‘n’ roll, e ha una certa urgenza. Ma sono soltanto le mie canzoni. Sono tutti pezzi che ho scritto nel periodo in cui sono stati registrati. Praticamente tutte canzoni nuove. Le scrissi per una grossa band che può arrangiarle, scrissi le parti dei fiati. Non è che le scrissi, andavo lì e facevo ‘Da da da da’, fate questo e questi ragazzi erano grandiosi, facevano giusto. E poi lo migliorano. Poi si arrangiano le parti armoniche e quando tutto funziona, tutti sanno che cosa sta accadendo. Tutti questi ragazzi sono musicisti migliori di me. Sono molto più tecnici coi loro strumenti di quanto lo sia io. [2]
Quali motivazioni ti hanno spinto sulla strada del blues?
Young: L'idea dei Bluenotes è nata mentre ero in impegnato nell'ultimo tour europeo, lo scorso anno, e ha cominciato a concretizzarsi al mio ritorno negli States, quando avviai un piccolo tour acustico. A un certo punto dello show il palco si apriva e usciva un'atipica band: un roadie suonava il sax, Poncho (Frank Sampedro dei Crazy Horse, nda) l'organo e via dicendo. Mi resi conto che mi divertivo di più a suonare quei tre o quattro brani blues del resto dello show, che oramai non rappresentava più una sfida per me. Il materiale era stato troppo consumato negli ultimi due anni di tour e non accendeva più il mio entusiasmo. E anche quando, in un secondo momento, mi trovai ad ascoltare i nastri dei concerti, riuscivo a sentire solo quella manciata di canzoni blues. Così cambiai il bassista e il batterista, organizzai una sezione di fiati di cinque elementi e mi rimisi sulla strada con i Blue Notes. [3]
Ti sei sorpreso della reazione entusiasta all'ultimo disco della stampa, che è tornata ad appoggiarti incondizionatamente?
Young: Non sai mai cosa aspettarti dai giornalisti, riescono sempre a sorprendermi ogni volta che pubblico un album. Nell'arco della mia carriera ho avuto da loro ogni possibile reazione, ogni possibile commento. Per questo cerco di non prenderli troppo sul serio. Non li prendevo sul serio quando mi facevano a pezzi, non sarebbe serio farlo ora. Non posso lasciarmi influenzare dalle loro opinioni proprio per il motivo che sono solo opinioni. E vengono dall'esterno, che è spesso il luogo meno adatto a giudicare. Ma sono sorpreso che This Note's For You sia stato accettato, perché due anni fa i giornalisti e la casa discografica avrebbero detto: "Una sezione fiati? Ma questo non è Neil Young!". E mi avrebbero portato un'altra volta in tribunale, come nel 1984, dopo Everybody's Rockin'.
[…] Se metti Tonight's The Night, Everybody's Rockin' e This Note's For You in fila vedrai che c'è continuità, che è stato sviluppato, a distanza di anni, un certo discorso, che c'è un inizio, uno svolgimento e una temporanea fine. E la stessa cosa si può dire per Harvest, Comes A Time e Old Ways in una direzione, e Everybody Knows This Is Nowhere, Zuma e Rust Never Sleeps in un'altra. C'è continuità nella mia carriera, c'è un percorso. Il problema è che, a volte, non è molto facile da individuare. [3]
[…] Sul palco l'intesa fra di voi è perfetta.
Young: Quei ragazzi sono fantastici. Con loro il divertimento è sempre assicurato. E almeno loro sono sempre svegli al 100 percento durante l'intero arco dello show. Danno il meglio di sé, indipendentemente dalla risposta del pubblico, dalle dimensioni della sala o da quante persone sono intervenute. Alcuni di loro non più di sei mesi fa caricavano e scaricavano casse. Hanno tutti famiglia e questa è la loro grande occasione per pagare le bollette e comprare qualche vestito nuovo ai figli. Non che si diventi ricchi, perché suoniamo solo in locali che contengono un migliaio di persone o poco più, ma crediamo che quella sia la dimensione ideale per il nostro tipo di musica. E se la richiesta è tanta possiamo sempre fare più show nella stessa città... come qui a New York, dove replicheremo per quattro sere. [3]
[…] È un modo di suonare diverso, non tanto perché scaturisce più dall'anima, perché io provo sempre a suonare così, ma per il fatto che nel rock 'n' roll devi sempre cercare di scagliare le note contro il fondo della sala. Devi raggiungere la gente che sta nei posti grigi: con il blues senti di raggiungere qualcosa che è ancora più lontano, anche se non devi in realtà lanciare la chitarra come un missile. […] La vera differenza è che io ho iniziato a usare le dita per suonare la chitarra, e questo è molto più espressivo, capisci? Quando abbiamo iniziato a fare concerti nella Bay Area, mi sono accorto che suonando in modo pacato ottenevo risultati decisamente migliori: usavo la mia Silvertone senza effetto, solo io e l'amplificatore, in modo da poter sentire davvero tutto. Questo è il mio vero modo di esprimermi, non devo fare molto chiasso, non devo essere qualcosa di grosso e potente. [4]
Young: L'idea dei Bluenotes è nata mentre ero in impegnato nell'ultimo tour europeo, lo scorso anno, e ha cominciato a concretizzarsi al mio ritorno negli States, quando avviai un piccolo tour acustico. A un certo punto dello show il palco si apriva e usciva un'atipica band: un roadie suonava il sax, Poncho (Frank Sampedro dei Crazy Horse, nda) l'organo e via dicendo. Mi resi conto che mi divertivo di più a suonare quei tre o quattro brani blues del resto dello show, che oramai non rappresentava più una sfida per me. Il materiale era stato troppo consumato negli ultimi due anni di tour e non accendeva più il mio entusiasmo. E anche quando, in un secondo momento, mi trovai ad ascoltare i nastri dei concerti, riuscivo a sentire solo quella manciata di canzoni blues. Così cambiai il bassista e il batterista, organizzai una sezione di fiati di cinque elementi e mi rimisi sulla strada con i Blue Notes. [3]
Ti sei sorpreso della reazione entusiasta all'ultimo disco della stampa, che è tornata ad appoggiarti incondizionatamente?
Young: Non sai mai cosa aspettarti dai giornalisti, riescono sempre a sorprendermi ogni volta che pubblico un album. Nell'arco della mia carriera ho avuto da loro ogni possibile reazione, ogni possibile commento. Per questo cerco di non prenderli troppo sul serio. Non li prendevo sul serio quando mi facevano a pezzi, non sarebbe serio farlo ora. Non posso lasciarmi influenzare dalle loro opinioni proprio per il motivo che sono solo opinioni. E vengono dall'esterno, che è spesso il luogo meno adatto a giudicare. Ma sono sorpreso che This Note's For You sia stato accettato, perché due anni fa i giornalisti e la casa discografica avrebbero detto: "Una sezione fiati? Ma questo non è Neil Young!". E mi avrebbero portato un'altra volta in tribunale, come nel 1984, dopo Everybody's Rockin'.
[…] Se metti Tonight's The Night, Everybody's Rockin' e This Note's For You in fila vedrai che c'è continuità, che è stato sviluppato, a distanza di anni, un certo discorso, che c'è un inizio, uno svolgimento e una temporanea fine. E la stessa cosa si può dire per Harvest, Comes A Time e Old Ways in una direzione, e Everybody Knows This Is Nowhere, Zuma e Rust Never Sleeps in un'altra. C'è continuità nella mia carriera, c'è un percorso. Il problema è che, a volte, non è molto facile da individuare. [3]
[…] Sul palco l'intesa fra di voi è perfetta.
Young: Quei ragazzi sono fantastici. Con loro il divertimento è sempre assicurato. E almeno loro sono sempre svegli al 100 percento durante l'intero arco dello show. Danno il meglio di sé, indipendentemente dalla risposta del pubblico, dalle dimensioni della sala o da quante persone sono intervenute. Alcuni di loro non più di sei mesi fa caricavano e scaricavano casse. Hanno tutti famiglia e questa è la loro grande occasione per pagare le bollette e comprare qualche vestito nuovo ai figli. Non che si diventi ricchi, perché suoniamo solo in locali che contengono un migliaio di persone o poco più, ma crediamo che quella sia la dimensione ideale per il nostro tipo di musica. E se la richiesta è tanta possiamo sempre fare più show nella stessa città... come qui a New York, dove replicheremo per quattro sere. [3]
[…] È un modo di suonare diverso, non tanto perché scaturisce più dall'anima, perché io provo sempre a suonare così, ma per il fatto che nel rock 'n' roll devi sempre cercare di scagliare le note contro il fondo della sala. Devi raggiungere la gente che sta nei posti grigi: con il blues senti di raggiungere qualcosa che è ancora più lontano, anche se non devi in realtà lanciare la chitarra come un missile. […] La vera differenza è che io ho iniziato a usare le dita per suonare la chitarra, e questo è molto più espressivo, capisci? Quando abbiamo iniziato a fare concerti nella Bay Area, mi sono accorto che suonando in modo pacato ottenevo risultati decisamente migliori: usavo la mia Silvertone senza effetto, solo io e l'amplificatore, in modo da poter sentire davvero tutto. Questo è il mio vero modo di esprimermi, non devo fare molto chiasso, non devo essere qualcosa di grosso e potente. [4]
È stato difficile mettere da parte gli altri membri dei Crazy Horse per questo progetto, dopo che avevi iniziato con loro?
Young: Nel corso degli anni ho cambiato vari stili musicali e loro sono venuti e andati di conseguenza. Però sì, è stato difficile perché mi sarebbe piaciuto lavorare con loro. Ho dato al gruppo una vera e propria opportunità perché erano loro i primi a esser stati scelti: non mi va proprio di dire a qualcuno che preferirei lavorare con altra gente, o magari non farmi vivo quando si suona... comunque, per queste cose sono davvero un po' nella merda. Diamine, loro sono grandi davvero, cosa devi dire a gente così, che non vuoi suonarci insieme? Io voglio, eccome, suonare con loro, ma non queste cose. Se ho voglia di suonare con qualcuno mi faccio vivo. A un certo punto ho smesso di farmi vivo. [4]
Sampedro: Neil mi chiamò dicendo, “Vieni a suonare. Non è con Billy e Ralph. Abbiamo una sezione fiati, questo e quest'altro.” Io dissi, “Neil, non ci crederai ma stavo giocando alla lotta con una ragazza. Mi sono rotto due dita della mano sinistra e non penso che suonerò la chitarra per un po'.” Lui disse, “Vieni a suonare la tastiera, allora. Usi una mano e magari il pollice dell'altra per le note basse.” Ho imparato sul serio a suonare la tastiera in quel tour. [8]
Suonavate in piccole sale facendo solo nuove canzoni. Una mossa coraggiosa.
Sampedro: Oh sì, e ci divertimmo un mondo. C'è un doppio disco dal vivo dei Bluenotes. Non vedo l'ora di averlo. Per un po' ne ho avuta una copia su cassetta e dovrei averla ancora da qualche parte, ma non la trovo. [8]
Era una sfida fare concerti con solo canzoni nuove. Immagino che la gente non fosse così elettrizzata.
Sampedro: Il più delle volte andava benissimo. Ci scaldammo con un paio di show più piccoli nei bar. Ricordo un tizio di fronte a noi che chiedeva “Hey Hey, My My”! Neil andò da lui e gli chiese, “Quanto hai pagato per il biglietto?” Il tizio glielo disse, Neil tirò fuori dal portafoglio 20 dollari e glieli diede, e disse: “Bene, ora te ne puoi anche andare.” Disse anche, “Tieni il biglietto. Non dice Neil Young and Crazy Horse.” Più tardi quella sera facemmo rock pesante, tutti andarono nei matti. Neil disse, “Ehi, se qualcuno vede quel tizio al parcheggio, lo faccia rientrare.” [8]
Young: Nel corso degli anni ho cambiato vari stili musicali e loro sono venuti e andati di conseguenza. Però sì, è stato difficile perché mi sarebbe piaciuto lavorare con loro. Ho dato al gruppo una vera e propria opportunità perché erano loro i primi a esser stati scelti: non mi va proprio di dire a qualcuno che preferirei lavorare con altra gente, o magari non farmi vivo quando si suona... comunque, per queste cose sono davvero un po' nella merda. Diamine, loro sono grandi davvero, cosa devi dire a gente così, che non vuoi suonarci insieme? Io voglio, eccome, suonare con loro, ma non queste cose. Se ho voglia di suonare con qualcuno mi faccio vivo. A un certo punto ho smesso di farmi vivo. [4]
Sampedro: Neil mi chiamò dicendo, “Vieni a suonare. Non è con Billy e Ralph. Abbiamo una sezione fiati, questo e quest'altro.” Io dissi, “Neil, non ci crederai ma stavo giocando alla lotta con una ragazza. Mi sono rotto due dita della mano sinistra e non penso che suonerò la chitarra per un po'.” Lui disse, “Vieni a suonare la tastiera, allora. Usi una mano e magari il pollice dell'altra per le note basse.” Ho imparato sul serio a suonare la tastiera in quel tour. [8]
Suonavate in piccole sale facendo solo nuove canzoni. Una mossa coraggiosa.
Sampedro: Oh sì, e ci divertimmo un mondo. C'è un doppio disco dal vivo dei Bluenotes. Non vedo l'ora di averlo. Per un po' ne ho avuta una copia su cassetta e dovrei averla ancora da qualche parte, ma non la trovo. [8]
Era una sfida fare concerti con solo canzoni nuove. Immagino che la gente non fosse così elettrizzata.
Sampedro: Il più delle volte andava benissimo. Ci scaldammo con un paio di show più piccoli nei bar. Ricordo un tizio di fronte a noi che chiedeva “Hey Hey, My My”! Neil andò da lui e gli chiese, “Quanto hai pagato per il biglietto?” Il tizio glielo disse, Neil tirò fuori dal portafoglio 20 dollari e glieli diede, e disse: “Bene, ora te ne puoi anche andare.” Disse anche, “Tieni il biglietto. Non dice Neil Young and Crazy Horse.” Più tardi quella sera facemmo rock pesante, tutti andarono nei matti. Neil disse, “Ehi, se qualcuno vede quel tizio al parcheggio, lo faccia rientrare.” [8]
Bolas dell'album live Bluenote Cafè: [Neil] pensava che suonasse troppo
bene. Ecco cosa mi disse, “troppo perfetto”. […] Scaricò la sezione
fiati. Loro avevano pianificato la vita secondo questa band, che noi
sapevamo essere solo un altro dei giocattoli di Neil. […] Niente di
personale. Neil fa solo quello che deve fare. Punto.
Fonti
[1] J. McDonough, “Shakey”
[2] Canada's Music 1991
[3] Mucchio Selvaggio 1988
[4] Musician 1988
[5] Musician 1985
[6] Village voice 1989
[7] Lettersofnote.com 2013
[8] Neil Young, “Special Deluxe”
[2] Canada's Music 1991
[3] Mucchio Selvaggio 1988
[4] Musician 1988
[5] Musician 1985
[6] Village voice 1989
[7] Lettersofnote.com 2013
[8] Neil Young, “Special Deluxe”