The Oral History: Times Square (inedito) e Freedom, 1989
Larry Cragg: Neil cominciò a fare strane combinazioni con gli amplificatori. Perché? Per avere il più selvaggio, pesante rock sound che si fosse mai sentito. Ma diversamente da chiunque altro Neil non usò pedaliere, ma veri amplificatori. […] Il suono più colossale e distorto che potevi sentire. Era assordante lì dentro. Terribilmente. [1]
Anthony Aquilato: Le sessions duravano tutta la notte, erano
molto intense. […] Aveva un sistema di speaker che gli rispedivano
indietro la sua voce, cosa che normalmente non fai quando stai
registrando un album perché che vuoi essere più isolato. Lui voleva
sentire la voce ritornare indietro ad alto volume. […] Ricordo che non
riuscivo letteralmente a stare seduto in sala controllo. [1]
Niko Bolas: Il disco che ne risultò fu la diretta conseguenza di CSNY. Neil era così scocciato di dover fare un disco che non voleva fare – con canzoni carine che odiava – che semplicemente si vendicò. […] Non credo che la Reprise apprezzò il disco [Times Square, che Young concepì prima di Freedom]. Quando lo sentirono guardavano il soffitto. […] Quando Graham sentì l'album dalla sua bocca uscirono cose inaudite. Disse, “Io odio completamente questo disco.” Non è che non gli piaceva, lo odiava. Non ho mai visto nessuno con più disgusto negli occhi... Credo che Neil lo avesse fatto proprio a quello scopo. Gli dissi quanto Graham lo odiava e lui disse, “Bene.” [1]
Neil Young: Alcune chitarre su Eldorado [EP uscito solo per il Giappone nel 1989 con alcune canzoni di Freedom, ndc]... c'è molta violenza e rabbia in me a causa di cose che sono successe. Ingiustizie. […] La gente si può lamentare della fatica, ma io ho visto la vera battaglia, e non mi impressionano le fatiche superficiali, qualcuno che cerca di ingigantire le cose. E la gente lo fa sempre, chi sono io per giudicare... Solo che non ho molta pazienza. […] I Bluenotes, Everybody's Rockin', Trans, Old Ways 1 e Old Ways 2, eccetera, tutte le cose che ho fatto negli anni 80 – c'erano tutte queste cose che succedevano. Poi c'è un altro livello... che è Eldorado. Quello è l'altro lato. Quando ho fatto quelle canzoni ero proprio me stesso – più o meno. Ma non ho voluto fare una cosa del genere... per parecchio tempo. L'ho voluto pubblicare perché la gente potesse capire che ero ancora qui. C'è qualcosa nel modo in cui le cose sono andate, per me – qualcosa che mi ha spinto a farlo uscire e assicurarmi che ci fosse il mio vero stile compositivo, ho fatto l'artwork e tutto. Ne ho fatte solo cinquemila copie. Ho detto, “Basta così.”
Ti dirò perché ho fatto quel disco. Prima di tutto c'era un album chiamato Times Square. Se lo avessi fatto uscire, ho pensato che la gente fosse talmente abituata ai miei stili che avrebbe pensato fosse solo un altro stile. E io sapevo che era un disco speciale. Ma penso che fosse una paranoia del tipo che non volevo abusarne, quindi ciò che ho fatto è stato di togliere dal disco tutta la dolcezza, e farlo diventare più oltraggioso di quanto fosse – e farlo diventare una rarità. Ecco tutto. Ecco come lavora la mia mente bizzarra. È autodifesa, ma ha il suo significato. Stavo riaffiorando da me stesso... fare quel cambiamento richiedeva una via particolare. [1]
Ne sono semplicemente uscito. Riemerso. È come cercare di uscir fuori dall'acqua, per poter tornare nell'aria. Alla fine sono uscito. [2]
Alla fine uscì Freedom. […] Tre delle cinque canzoni di Eldorado sono incluse, ed è stata eliminata la parte più grunge del solo di “Don’t Cry”.
Young: Col senno di poi, quello che ho fatto con “Don’t Cry” è il più grosso peccato di Freedom. […] Elimina dall’album “Too Far Gone”, “The Ways Of Love”, “Someday” e “Don’t Cry”. Sono i pezzi che più mi infastidiscono. Vecchie canzoni che mi sono scappate di mano. “The Ways Of Love” era una bella canzone quando la scrissi nel 1975, e se l’avessi registrata allora… Ma ne ho fatto un remake. È difficile per me tornare indietro quando sento che dovrei prendermi cura delle nuove. Se non lo fai quando è nuovo, dimenticalo. Se no scazzi. Ecco un’altra frustrazione nel fare dischi. Ma non io non faccio proprio dischi – io eseguo e registro. Ecco perché non canto mai una canzone prima di registrarla. La scrivo, ma ancora non la canto. Se ci fossero state alcune altre nuove canzoni in Freedom, sarebbe stato un disco migliore. Ma volevo che avesse la profondità nei diversi stili ed ecco come ho fatto il compromesso. È deludente. È leggermente pastorizzato. [6]
Young: Freedom durava più di un'ora ed è stato registrato su una matrice metallica (come Ragged Glory), così abbiamo ottenuto un paio di decibel in più, perché con la masterizzazione direttamente su metallo niente finisce per incavarsi, anzi tutto viene meglio. Invece di farlo sull'acetato di vinile. [4]
Volevo che fosse un disco di Neil Young, per quanto suoni sciocco detto da me. Da anni evitavo di esprimere quello che mi girava nella testa, facendo cose in stili diversi. Non ero pronto per raccontare cosa era successo nella mia vita, così ho chiuso e ho fatto dischi di genere. Sto uscendone, ma so che mi sono alienato molti appassionati; tuttavia mi sono anche divertito un sacco ne farlo e poi si vive una volta sola. Mi preoccupo sempre di come verrà accolto il mio materiale, ma non me ne frega niente: forse avrei dovuto fare più film e sfogarmi in quella maniera. Forse, se avessi avuto abbastanza offerte per recitare, avrei anche potuto non fare alcun disco negli ultimi dieci anni. Ma questo disco è soltanto me, è quello che penso e quello che sento. [7]
La libertà per me è più di una questione personale. La libertà di cui sto scrivendo è davvero personale. È basata sulla gente. La gente sulla strada, la gente senza casa, la gente ricca con problemi, tutti i tipi di persone. È un ramo astratto. Non puoi descrivere la libertà. Come la descrivi? Ci ho provato e non sono riuscito. [3]
Bryan Bell: Niko stava cercando di portare Neil dentro gli anni 80. Credo che volesse fargli raggiungere una meta commerciale, alla quale Briggs non riusciva a portarlo. [1]
Young: Col senno di poi, quello che ho fatto con “Don’t Cry” è il più grosso peccato di Freedom. […] Elimina dall’album “Too Far Gone”, “The Ways Of Love”, “Someday” e “Don’t Cry”. Sono i pezzi che più mi infastidiscono. Vecchie canzoni che mi sono scappate di mano. “The Ways Of Love” era una bella canzone quando la scrissi nel 1975, e se l’avessi registrata allora… Ma ne ho fatto un remake. È difficile per me tornare indietro quando sento che dovrei prendermi cura delle nuove. Se non lo fai quando è nuovo, dimenticalo. Se no scazzi. Ecco un’altra frustrazione nel fare dischi. Ma non io non faccio proprio dischi – io eseguo e registro. Ecco perché non canto mai una canzone prima di registrarla. La scrivo, ma ancora non la canto. Se ci fossero state alcune altre nuove canzoni in Freedom, sarebbe stato un disco migliore. Ma volevo che avesse la profondità nei diversi stili ed ecco come ho fatto il compromesso. È deludente. È leggermente pastorizzato. [6]
Young: Freedom durava più di un'ora ed è stato registrato su una matrice metallica (come Ragged Glory), così abbiamo ottenuto un paio di decibel in più, perché con la masterizzazione direttamente su metallo niente finisce per incavarsi, anzi tutto viene meglio. Invece di farlo sull'acetato di vinile. [4]
Volevo che fosse un disco di Neil Young, per quanto suoni sciocco detto da me. Da anni evitavo di esprimere quello che mi girava nella testa, facendo cose in stili diversi. Non ero pronto per raccontare cosa era successo nella mia vita, così ho chiuso e ho fatto dischi di genere. Sto uscendone, ma so che mi sono alienato molti appassionati; tuttavia mi sono anche divertito un sacco ne farlo e poi si vive una volta sola. Mi preoccupo sempre di come verrà accolto il mio materiale, ma non me ne frega niente: forse avrei dovuto fare più film e sfogarmi in quella maniera. Forse, se avessi avuto abbastanza offerte per recitare, avrei anche potuto non fare alcun disco negli ultimi dieci anni. Ma questo disco è soltanto me, è quello che penso e quello che sento. [7]
La libertà per me è più di una questione personale. La libertà di cui sto scrivendo è davvero personale. È basata sulla gente. La gente sulla strada, la gente senza casa, la gente ricca con problemi, tutti i tipi di persone. È un ramo astratto. Non puoi descrivere la libertà. Come la descrivi? Ci ho provato e non sono riuscito. [3]
Bryan Bell: Niko stava cercando di portare Neil dentro gli anni 80. Credo che volesse fargli raggiungere una meta commerciale, alla quale Briggs non riusciva a portarlo. [1]
Bolas: Dopo un po' ti rendi conto di essere solo una delle cose che Neil usa al suo ranch. Lavori tutto il giorno e poi ritorni in caserma fino a che Neil non ti vuole nuovamente. […] Devi essere molto devoto. […] Ho sempre saputo che Neil lavora con tante altre persone – quando pensi che sia la tua vita, sei scaricato da qualche parte. Sai cosa mi ha detto Graham Nash a proposito di Neil? Si è girato verso di me e mi ha detto, “Niko, stai attento al tuo cuore con Shakey.” Era piuttosto duro. [1]
Dave McFarlin: Young suonava le sue vecchie e lente canzoni – soprattutto le hits, “Sugar Mountain”, “Heart Of Gold” - e sembrava quasi esaurito. Sembrava l'uomo più vecchio del mondo. […] [Il secondo set elettrico] era totalmente diverso. Sembrava ringiovanito di vent'anni. Young saltava e urlava per il palco – sembrava stesse impazzendo. […] Dava le spalle al suo ampli, colpiva quella nota bassa, lasciava partire il feedback e si faceva travolgere. Era folle. [1]
Young: Il motivo per cui dopo feci il tour acustico fu che era un modo per suonare tornando in contatto con me stesso. Vedi, con i Lost Dogs scendo nel mio lato elettrico, ma è solo metà. All'inizio quando iniziai suonando in acustico, era intenso tanto quanto in elettrico. Quindi avevo bisogno di tornare a quel punto. Ricostruire me stesso, e per farlo dovevo strappar via tutto. Volevo sentire me stesso suonare senza alcuna distrazione. Percepirlo. […] Negli anni 80, all'inizio, non andavo nemmeno in tour, facevo solo uscire dischi. Poi ho cominciato a uscire e portare in giro la musica, dal vivo. Non tanto sui dischi, ma dal vivo. E ho cominciato a trovare me stesso. Dovevo continuare a suonare e suonare e suonare senza fare pause per rientrare. Mi sentivo sconnesso. Quando suono è come, “Che sta succedendo? Dove sono? Dov'è?” [1]
Dave McFarlin: Young suonava le sue vecchie e lente canzoni – soprattutto le hits, “Sugar Mountain”, “Heart Of Gold” - e sembrava quasi esaurito. Sembrava l'uomo più vecchio del mondo. […] [Il secondo set elettrico] era totalmente diverso. Sembrava ringiovanito di vent'anni. Young saltava e urlava per il palco – sembrava stesse impazzendo. […] Dava le spalle al suo ampli, colpiva quella nota bassa, lasciava partire il feedback e si faceva travolgere. Era folle. [1]
Young: Il motivo per cui dopo feci il tour acustico fu che era un modo per suonare tornando in contatto con me stesso. Vedi, con i Lost Dogs scendo nel mio lato elettrico, ma è solo metà. All'inizio quando iniziai suonando in acustico, era intenso tanto quanto in elettrico. Quindi avevo bisogno di tornare a quel punto. Ricostruire me stesso, e per farlo dovevo strappar via tutto. Volevo sentire me stesso suonare senza alcuna distrazione. Percepirlo. […] Negli anni 80, all'inizio, non andavo nemmeno in tour, facevo solo uscire dischi. Poi ho cominciato a uscire e portare in giro la musica, dal vivo. Non tanto sui dischi, ma dal vivo. E ho cominciato a trovare me stesso. Dovevo continuare a suonare e suonare e suonare senza fare pause per rientrare. Mi sentivo sconnesso. Quando suono è come, “Che sta succedendo? Dove sono? Dov'è?” [1]
A proposito dell'esibizione al Saturday Night Live
Young: Mi sono distaccato da tutto ciò che accadeva lì attorno. Alcune di quelle persone sono davvero gentili e simpatiche, come Dana Carvey e Jon Lovitz, tuttavia ho davvero ignorato tutto quanto, sono andato in una stanza dall'altra parte del palazzo e ho guardato la serata dimenticando le gag. Steve e Charley suonavano con noi e così con Poncho siamo andati nel loro camerino e lo abbiamo imbrattato scrivendo graffiti sui muri. Poi alla NBC abbiamo sentito che volevano farci pagare il conto, allora ho detto: prendetelo dal nostro compenso. Può essere che l'abbiano fatto. […] Non mi interessa se al Saturday Night Live tutti sono o fanno i fighi: quello non ha un cazzo a che fare col rock 'n' roll. Per come la vedo io, devi esserci dentro completamente, lo devi indossare, è come una fottuta questione di vita o di morte e tu sei bravo solo a seconda della tua ultima nota. Perciò ho dovuto ignorare cosa stava succedendo là: non faccio mai rock 'n' roll dal vivo in tv, quella è stata una grossa eccezione alla regola, probabilmente non lo farò mai più. Sono stato molto, molto fortunato a suonare bene e che ogni cosa sia venuta fuori bene. [4]
Young: Fare “Heavy Love” e “Don't Cry” ogni sera in Australia e Giappone era da scoppiare. Sono canzoni incredibilmente intense. Ne sentivo gli effetti. Mi sono rovinato la gola a farle. La gente non capisce quanto la musica sia fottutamente fisica. [...] Non c'è modo di respirare e cantare “Heavy Love”. Al diavolo la fottuta “buona tecnica”, te ne devi liberare. Quegli show erano assordanti. Usavo i Marshall. […] C'è una pausa nel mezzo di “Heavy Love” dove tutto riparte distorto e straziato... Volevo una grande esplosione di rumore, alzavamo tutto. Era incredibile. Avevo una cosa che mi permetteva di passare da un ampli all'altro – potevo suonare tranquillamente e poi premere un bottone e farlo diventare la cosa più fottutamente rumorosa che avessi mai sentito. Su “Don't Cry” c'erano, tipo, due amplificatori al massimo, tutto su una sola nota. Era grande e cattivo. [1]
“Cocaine Eyes”, “Don’t Cry”… amo quelle canzoni. Ma non si possono fare sempre. Devi fare in modo che contino. Le ritrovi quando puoi, le cogli, le prendi, ogni possibilità di farle. Però le bruci ogni volta. Mi piace bruciarle, ma voglio essere capace di bruciarle nel tempo. Non voglio uccidermi a farle – come molta gente farebbe – se posso evitarlo. [6]
A proposito di “Don't Cry”
Bolas: Andai all'hotel e Neil mi disse, “Ti voglio far sentire una cosa – ecco Roy Orbison che incontra l'heavy metal.” […] Non riuscii a mixarla, era un problema affrontarla, perché avevo amato davvero la tipa di cui parla. Mi aveva fatto uscire di testa... non potevo ascoltarla. [1]
A proposito di “No More”
È un rock lento e pensieroso sulle droghe.
Young: Se ascolti le parole, le ascolti davvero, non dico niente di definitivo. È totalmente ambiguo quello che dice. E questa è la sensazione di ‘mai più’. Quante volte hai dovuto dire “mai più” prima di renderti conto del significato? La canzone non vuole dire davvero “mai più”. Io sono ossessionato da molte cose. [6]
A proposito di “Rockin In The Free World”
Frank Sampedro: Si parlava di suonare in Europa e io dissi, “Qualunque cosa facciamo, non avviciniamoci al medio-oriente. Probabilmente è meglio continuare a fare rock nel mondo libero.” E Neil, “Carina questa – è una canzone su cui stai lavorando?” “No.” Lui disse, “Be', amico, se non la usi tu la userò io.” [1]
“Cocaine Eyes”, “Don’t Cry”… amo quelle canzoni. Ma non si possono fare sempre. Devi fare in modo che contino. Le ritrovi quando puoi, le cogli, le prendi, ogni possibilità di farle. Però le bruci ogni volta. Mi piace bruciarle, ma voglio essere capace di bruciarle nel tempo. Non voglio uccidermi a farle – come molta gente farebbe – se posso evitarlo. [6]
A proposito di “Don't Cry”
Bolas: Andai all'hotel e Neil mi disse, “Ti voglio far sentire una cosa – ecco Roy Orbison che incontra l'heavy metal.” […] Non riuscii a mixarla, era un problema affrontarla, perché avevo amato davvero la tipa di cui parla. Mi aveva fatto uscire di testa... non potevo ascoltarla. [1]
A proposito di “No More”
È un rock lento e pensieroso sulle droghe.
Young: Se ascolti le parole, le ascolti davvero, non dico niente di definitivo. È totalmente ambiguo quello che dice. E questa è la sensazione di ‘mai più’. Quante volte hai dovuto dire “mai più” prima di renderti conto del significato? La canzone non vuole dire davvero “mai più”. Io sono ossessionato da molte cose. [6]
A proposito di “Rockin In The Free World”
Frank Sampedro: Si parlava di suonare in Europa e io dissi, “Qualunque cosa facciamo, non avviciniamoci al medio-oriente. Probabilmente è meglio continuare a fare rock nel mondo libero.” E Neil, “Carina questa – è una canzone su cui stai lavorando?” “No.” Lui disse, “Be', amico, se non la usi tu la userò io.” [1]
Young: Quella frase era così cliché... sapevo che dovevo usarla. […] Ho così tante opinioni che vengono fuori nella mia musica che è una battaglia per me. Cerco di non fare prediche con quello che dico. Quello è il vero pericolo, perché appena inizi a predicare nessuno ti vuole più ascoltare, perché sei un cazzone... […] Voglio solo che sia una riflessione su ciò che succede. Lasciamo alla gente le proprie opinioni. [1]
Scrissi quella canzone in viaggio. Non ricordo esattamente, a parte che la scrissi sul mio bus. [3]
Il mio personaggio è lo spirito senza casa, una storia davvero etera, persa”. E la canzone? “La canzone è fatta di molte immagini riguardanti la distruzione delle nostre strade, i senzatetto e le droghe e la guerra e tutti questi musulmani che ci odiano, americani ed europei. Non sono quello che noi definiamo “civilizzati” e pensano che noi siamo dei barbari, per loro siamo come il diavolo. Sto solo descrivendo le due parti come farebbe un giornalista, nel senso che non ho un'opinione, da me non può venire una risposta, né una guida, mi limito a scrivere quello che penso e cambio idea al riguardo quasi ogni giorno... […] Non sono un falco repubblicano. A dir poco, le mie vedute politiche sono oscillanti. Non vedo davvero un granché di differenza tra i repubblicani e i democratici, dicono solo storie diverse. Questa canzone è molto simile a “Born In The USA”, il ritornello martella da tutte le parti. Primo, è vero, continua a insistere sul mondo libero, che è quello che noi americani vogliamo fare, continuare a fare quel che stiamo facendo e andare avanti. Però, secondo, quanto è libero il mondo? Gli studenti cinesi hanno una visione idealistica di quello che la democrazia e la libertà sono e le vogliono. Io dico solo: guardiamoci meglio. [7]
Scrissi quella canzone in viaggio. Non ricordo esattamente, a parte che la scrissi sul mio bus. [3]
Il mio personaggio è lo spirito senza casa, una storia davvero etera, persa”. E la canzone? “La canzone è fatta di molte immagini riguardanti la distruzione delle nostre strade, i senzatetto e le droghe e la guerra e tutti questi musulmani che ci odiano, americani ed europei. Non sono quello che noi definiamo “civilizzati” e pensano che noi siamo dei barbari, per loro siamo come il diavolo. Sto solo descrivendo le due parti come farebbe un giornalista, nel senso che non ho un'opinione, da me non può venire una risposta, né una guida, mi limito a scrivere quello che penso e cambio idea al riguardo quasi ogni giorno... […] Non sono un falco repubblicano. A dir poco, le mie vedute politiche sono oscillanti. Non vedo davvero un granché di differenza tra i repubblicani e i democratici, dicono solo storie diverse. Questa canzone è molto simile a “Born In The USA”, il ritornello martella da tutte le parti. Primo, è vero, continua a insistere sul mondo libero, che è quello che noi americani vogliamo fare, continuare a fare quel che stiamo facendo e andare avanti. Però, secondo, quanto è libero il mondo? Gli studenti cinesi hanno una visione idealistica di quello che la democrazia e la libertà sono e le vogliono. Io dico solo: guardiamoci meglio. [7]
Molti dei testi di Freedom ritraggono le strade del tuo paese come zone di guerra e di droghe...
Young: Penso che sia probabilmente così, sì. Penso stia proprio accadendo. Voglio dire, il testo di “Rockin' In The Free World” è una descrizione di eventi che accadono ogni giorno in America. Di sicuro sono preoccupato per i miei figli, soprattutto per il maggiore. E lui è un fan dei Guns 'n Roses! Si scontra con le droghe ogni giorno nel cortile della scuola, droghe che sono più forti di qualunque altra cosa che mi sia stata offerta nella mia carriera di musicista... [5]
[…] Era una celebrazione o un'accusa?
Young: Be', un po' di tutte due, no? Dipende da come la vedi... sono entrambe insieme. È l'immagine che ho visto io. È una celebrazione o un'accusa? O è ironica? La gente la può cantare come un inno, eppure, se segui le parole, ti chiedi “Che cazzo?” Capisci? […] È la tua domanda. Se mi fai la domanda significa che hai capito la canzone. [1]
[…] Che effetto fa essere, nel bene e nel male, ispiratore delle nuove generazioni?
Young: Non ci sono ruoli, non ci sono generi musicali, tutto già esiste. Don Grunjo, per esempio, era un personaggio raccontato dai Crazy Horse nel loro primo disco. Anche se, proprio per quello che è accaduto a Cobain, il mio rapporto con il grunge non è stato facile. Il fatto è che ognuno di noi interpreta le cose a suo modo. Cobain ha preso le mie parole e le ha adattate alla sua situazione. […] L'importante è essere sincero e continuare a sognare. Se realizzi un sogno devi averne pronto un altro. È una cosa che può non finire mai. Il brutto è quando non hai più voglia di andare avanti. A me non è mai accaduto. [8]
Raccontami la storia di come hai coniato la frase “Rockin' In The Free World”.
Frank Sampedro: Eravamo in tour con i Lost Dogs nel 1989. Viaggiavo sul bus con Neil. Ero il suo cuoco. Era il periodo della Ayatollah. Non so se ricordi quel filmato di quelle migliaia di persone che si passavano il caschetto. C'erano parecchie dimostrazioni “Odiamo l'America” e noi dovevamo fare questo scambio. Andavamo in Russia per la prima volta. Uno scambio culturale. Loro avevano noi e noi avevamo il Russian Ballet. [Ride] Neil disse, “Cazzo, ci voglio proprio andare!” E io, “Anch'io. Immagino che dovremmo continuare a fare rock in un mondo libero.” E lui, “Wow, bella frase.” Più tardi la dissi nuovamente e lui disse, “Davvero una bella frase. La voglio usare.”
Mi disse che la avrebbe usata. Facemmo il check-in all'hotel e il manager stava parlando della Ayatollah e di tutto il trambusto che c'era nel mondo. Io dissi, “Là c'è una canzone, amico.” [Ride] Il giorno dopo venne da me e mi disse di leggere il testo su un foglio. Gli criticai solo una cosa, penso la frase “Keep hope alive”. Lui disse, “No, no, va bene così.” Cominciammo a cantarla e io feci le armonizzazioni. Quella sera la cantammo a Seattle. Eravamo in un teatro fighissimo. Non la avevamo nemmeno provata con la band. Spiegai gli accordi a Rick Rosas [il bassista] mentre la facevamo. [9]
Fonti:
[1] “Shakey” di J. McDonough
[2] NY Times 1992
[3] Canada's Music 1991
[4] Musician 1991
[5] Vox 1990
[6] Village Voice 1989
[7] Q 1989
[8] Repubblica 1997
[9] Rolling Stone 2013
Young: Penso che sia probabilmente così, sì. Penso stia proprio accadendo. Voglio dire, il testo di “Rockin' In The Free World” è una descrizione di eventi che accadono ogni giorno in America. Di sicuro sono preoccupato per i miei figli, soprattutto per il maggiore. E lui è un fan dei Guns 'n Roses! Si scontra con le droghe ogni giorno nel cortile della scuola, droghe che sono più forti di qualunque altra cosa che mi sia stata offerta nella mia carriera di musicista... [5]
[…] Era una celebrazione o un'accusa?
Young: Be', un po' di tutte due, no? Dipende da come la vedi... sono entrambe insieme. È l'immagine che ho visto io. È una celebrazione o un'accusa? O è ironica? La gente la può cantare come un inno, eppure, se segui le parole, ti chiedi “Che cazzo?” Capisci? […] È la tua domanda. Se mi fai la domanda significa che hai capito la canzone. [1]
[…] Che effetto fa essere, nel bene e nel male, ispiratore delle nuove generazioni?
Young: Non ci sono ruoli, non ci sono generi musicali, tutto già esiste. Don Grunjo, per esempio, era un personaggio raccontato dai Crazy Horse nel loro primo disco. Anche se, proprio per quello che è accaduto a Cobain, il mio rapporto con il grunge non è stato facile. Il fatto è che ognuno di noi interpreta le cose a suo modo. Cobain ha preso le mie parole e le ha adattate alla sua situazione. […] L'importante è essere sincero e continuare a sognare. Se realizzi un sogno devi averne pronto un altro. È una cosa che può non finire mai. Il brutto è quando non hai più voglia di andare avanti. A me non è mai accaduto. [8]
Raccontami la storia di come hai coniato la frase “Rockin' In The Free World”.
Frank Sampedro: Eravamo in tour con i Lost Dogs nel 1989. Viaggiavo sul bus con Neil. Ero il suo cuoco. Era il periodo della Ayatollah. Non so se ricordi quel filmato di quelle migliaia di persone che si passavano il caschetto. C'erano parecchie dimostrazioni “Odiamo l'America” e noi dovevamo fare questo scambio. Andavamo in Russia per la prima volta. Uno scambio culturale. Loro avevano noi e noi avevamo il Russian Ballet. [Ride] Neil disse, “Cazzo, ci voglio proprio andare!” E io, “Anch'io. Immagino che dovremmo continuare a fare rock in un mondo libero.” E lui, “Wow, bella frase.” Più tardi la dissi nuovamente e lui disse, “Davvero una bella frase. La voglio usare.”
Mi disse che la avrebbe usata. Facemmo il check-in all'hotel e il manager stava parlando della Ayatollah e di tutto il trambusto che c'era nel mondo. Io dissi, “Là c'è una canzone, amico.” [Ride] Il giorno dopo venne da me e mi disse di leggere il testo su un foglio. Gli criticai solo una cosa, penso la frase “Keep hope alive”. Lui disse, “No, no, va bene così.” Cominciammo a cantarla e io feci le armonizzazioni. Quella sera la cantammo a Seattle. Eravamo in un teatro fighissimo. Non la avevamo nemmeno provata con la band. Spiegai gli accordi a Rick Rosas [il bassista] mentre la facevamo. [9]
Fonti:
[1] “Shakey” di J. McDonough
[2] NY Times 1992
[3] Canada's Music 1991
[4] Musician 1991
[5] Vox 1990
[6] Village Voice 1989
[7] Q 1989
[8] Repubblica 1997
[9] Rolling Stone 2013