The Oral History: After The Gold Rush, 1970
Neil Young: Di nuovo a Topanga [dopo il tour dei Crazy Horse del 1970, ndt], a casa mia venne Dean Stockwell con una sceneggiatura intitolata After The Gold Rush. L'aveva scritta insieme a Herb Berman e voleva sapere se potevo occuparmi della musica. Lessi la sceneggiatura e la tenni per un po'. In quel periodo stavo scrivendo tantissime canzoni. Alcune sembrava adattarsi perfettamente alla storia. La canzone “After The Gold Rush” fu scritta per accompagnare il protagonista del film mentre trasporta l'albero della vita attraverso Topanga Canyon diretto all'oceano. […] Era un po' demenziale, non certo la classica storia hollywoodiana. Io ero davvero preso. Evidentemente allo studio non piacque perché non se ne fece nulla. Continuai a registrare quasi tutto l'album nello studio che avevo costruito in casa. Ralphie [Molina dei Crazy Horse, ndt] e Greg Reeves erano la sezione ritmica, Nils Lofgren era soprattutto al pianoforte ma in una canzone anche alla chitarra acustica. [11]
After The Gold Rush rappresenta un riflesso di molte persone in un certo momento della loro vita e un riflesso della civilizzazione, e della loro infanzia, e mi piace. [5]
È come il punto di svolta, è un album forte. Lo penso davvero. C’è stato un sacco di lavoro duro. C’è tutto dentro lì. L’immagine che dipinge è davvero potente. After The Gold Rush era lo spirito di Topanga Canyon. È stato come capire che ero arrivato da qualche parte. Mi sono unito a CSNY ed ero ancora al lavoro con i Crazy Horse… suonavo tutto il tempo. Era un gran periodo. Subito dopo quell’album, ho lasciato la casa. Fu un buon finale. [6]
Greg Reeves: Fu davvero strano. Io, Ralph e Neil nella cantina della sua casa con l'equipaggiamento per registrare. Solo in tre riuscivamo a entrare tanto era ingombra. [1]
Nils Lofgren: Lasciami suonare la chitarra, Neil, non so suonare il piano – dicevo. Sì, lo so, ma ti voglio al piano per questo disco – diceva lui. [1]
In retrospettiva, immagino che Neil volesse qualcuno con un buon senso del ritmo e della melodia che suonasse uno strumento a lui poco familiare, al massimo della creatività. Creavo parti solide, ritmiche e incredibilmente semplici. Quindi c'eravamo io e Ralph Molina che facevamo queste parti facilissime insieme al basso brillante e colorato di Greg Reeves. [...] Poi sopra c'era Neil con le sue melodie e la chitarra. Era una piece di quattro persone che funzionava con un sound semplice e fresco. [...] Ero un ragazzino e fu un'esperienza fantastica per me. Registrare After The Gold Rush fu davvero idilliaco. Lo facemmo sulle colline che dominavano l'intero Topanga Canyon. Era splendido, il clima era meraviglioso e c'era un patio fuori dove suonavamo. Eravamo immersi nell'ambiente naturale. E Neil ne era consapevole. Suonavamo un po', quindi salivamo in cima a sballarci. Eravamo rilassati. [10]
Quando eravamo a circa metà lavoro Neil diceva “Dio, mi sembra eccellente, ma anche così facile. Mi chiedo se la gente apprezzerà”. […] Con Gold Rush, anche se registravamo il più “dal vivo” possibile, prima provavamo ogni cosa in modo da rendere al meglio le canzoni. [1]
Young: Nils lo conoscevo da tempo come musicista. Lo incontrai quando aveva 17 anni al Cellar Door. Poi venne in California per suonare su After The Gold Rush. Aveva molta energia – praticamente camminò dall'aeroporto fino a Topanga Canyon! Adoravo come suonava la chitarra. Quando suoniamo assieme su “Tell Me Why” è fantastico. Ma suonava troppo bene per suonare con me. Quindi per gran parte del disco lo misi al pianoforte. Lui non suonava il piano, ma così era una sfida più difficile. Controllava l'eccessività, mettendo tutti sullo stesso livello. Questo perché mi piace fare le cose in modo semplice. [8]
Non volevo sentire una manciata di virtuosismi. […] C'era tanto di quello spazio di questo disco, perché non c'era nient'altro tranne la chitarra ritmica, il piano, il basso e la batteria. Ho avuto una buona idea in quel caso. La canzone era così, la canzone parlava e tutto il resto doveva sostenerla.
Era uno studio davvero piccolo. C'era un sound leggermente funky. After The Gold Rush è stata l'unica cosa che ho fatto lì. [1]
After The Gold Rush occupò solo due sedute, dopodiché presi alcune cose che avevo già. [3]
Con After The Gold Rush iniziai a cantare e suonare dal vivo e a dire il vero oggi va ancora così. Ci sono delle eccezioni, come Trans ovviamente […]. [4]
After The Gold Rush rappresenta un riflesso di molte persone in un certo momento della loro vita e un riflesso della civilizzazione, e della loro infanzia, e mi piace. [5]
È come il punto di svolta, è un album forte. Lo penso davvero. C’è stato un sacco di lavoro duro. C’è tutto dentro lì. L’immagine che dipinge è davvero potente. After The Gold Rush era lo spirito di Topanga Canyon. È stato come capire che ero arrivato da qualche parte. Mi sono unito a CSNY ed ero ancora al lavoro con i Crazy Horse… suonavo tutto il tempo. Era un gran periodo. Subito dopo quell’album, ho lasciato la casa. Fu un buon finale. [6]
Greg Reeves: Fu davvero strano. Io, Ralph e Neil nella cantina della sua casa con l'equipaggiamento per registrare. Solo in tre riuscivamo a entrare tanto era ingombra. [1]
Nils Lofgren: Lasciami suonare la chitarra, Neil, non so suonare il piano – dicevo. Sì, lo so, ma ti voglio al piano per questo disco – diceva lui. [1]
In retrospettiva, immagino che Neil volesse qualcuno con un buon senso del ritmo e della melodia che suonasse uno strumento a lui poco familiare, al massimo della creatività. Creavo parti solide, ritmiche e incredibilmente semplici. Quindi c'eravamo io e Ralph Molina che facevamo queste parti facilissime insieme al basso brillante e colorato di Greg Reeves. [...] Poi sopra c'era Neil con le sue melodie e la chitarra. Era una piece di quattro persone che funzionava con un sound semplice e fresco. [...] Ero un ragazzino e fu un'esperienza fantastica per me. Registrare After The Gold Rush fu davvero idilliaco. Lo facemmo sulle colline che dominavano l'intero Topanga Canyon. Era splendido, il clima era meraviglioso e c'era un patio fuori dove suonavamo. Eravamo immersi nell'ambiente naturale. E Neil ne era consapevole. Suonavamo un po', quindi salivamo in cima a sballarci. Eravamo rilassati. [10]
Quando eravamo a circa metà lavoro Neil diceva “Dio, mi sembra eccellente, ma anche così facile. Mi chiedo se la gente apprezzerà”. […] Con Gold Rush, anche se registravamo il più “dal vivo” possibile, prima provavamo ogni cosa in modo da rendere al meglio le canzoni. [1]
Young: Nils lo conoscevo da tempo come musicista. Lo incontrai quando aveva 17 anni al Cellar Door. Poi venne in California per suonare su After The Gold Rush. Aveva molta energia – praticamente camminò dall'aeroporto fino a Topanga Canyon! Adoravo come suonava la chitarra. Quando suoniamo assieme su “Tell Me Why” è fantastico. Ma suonava troppo bene per suonare con me. Quindi per gran parte del disco lo misi al pianoforte. Lui non suonava il piano, ma così era una sfida più difficile. Controllava l'eccessività, mettendo tutti sullo stesso livello. Questo perché mi piace fare le cose in modo semplice. [8]
Non volevo sentire una manciata di virtuosismi. […] C'era tanto di quello spazio di questo disco, perché non c'era nient'altro tranne la chitarra ritmica, il piano, il basso e la batteria. Ho avuto una buona idea in quel caso. La canzone era così, la canzone parlava e tutto il resto doveva sostenerla.
Era uno studio davvero piccolo. C'era un sound leggermente funky. After The Gold Rush è stata l'unica cosa che ho fatto lì. [1]
After The Gold Rush occupò solo due sedute, dopodiché presi alcune cose che avevo già. [3]
Con After The Gold Rush iniziai a cantare e suonare dal vivo e a dire il vero oggi va ancora così. Ci sono delle eccezioni, come Trans ovviamente […]. [4]
Cos'è che non ti piace degli studi di registrazione?
Young: Sono industrie. Non mi piace vedere altri musicisti nei corridoi. Non mi piace sentire altra musica. Nel senso “io sto lavorando al mio disco, gli altri al loro disco”. […] Cinema veritè? Per me è audio veritè. Il concetto di catturare l'istante davanti all'obiettivo? Io lo traduco nella registrazione. E quando ho iniziato a farlo, ho scoperto tante altre ragioni che mi confermavano di essere sulla giusta via. Ma l'idea originale era audio veritè. […] Come artista devo essere fedele alla mia arte oppure alla mia immagine pubblicitaria, una delle due. [1]
La tua relazione con Susan [Acevedo] finì brutalmente?
Young: Non così brutalmente. Ci fu il divorzio. Era tardi, era finita. Sai, a quel momento della mia vita era più facile per me sfuggire da quello più che dalla mia carriera – e le due cose non potevano procedere insieme, okay? O era l'una o era l'altra. […] Me ne andai da Topanga subito dopo aver finito After The Gold Rush, quando ruppi con Susan. [1]
Ralph Molina: Ero in questa cabina nello studio, e Neil ricevette questa telefonata e ricordo che disse, “Fanculo, Susan, tutto quello che ho sono 250.000 dollari e tu puoi averli fino all'ultimo centesimo. Quindi lasciami solo!” Non me lo dimenticherò mai. [1]
La gente ricorda che eri molto insicuro della tua direzione con After The Gold Rush.
Young: Mi sento sempre insicuro sulle cose che mi piacciono. Ma sapevo che mi piaceva, lo potevo ascoltare – potevo stare fuori casa e ascoltarlo e mi faceva sentire bene. Io voglio che dalla musica trapeli il fatto che io sono immerso. [1]
Molti dei brani erano ispirati da una sceneggiatura cinematografica scritta dall’attore Dean Stockwell. Di cosa parlava il film?
Young: Del giorno del grande terremoto di Topanga Canyon, quando enormi onde oceaniche spazzavano via la spiaggia. Era piuttosto fuori dagli schemi come idea, e cercarono di ottenere soldi dalla Universal Pictures. Ma fallì perché era troppo artistico come progetto. […] Vorrei davvero che lo avessero fatto, perché rappresentava un importante momento culturale. [2]
Con After The Gold Rush tu diventasti incredibilmente famoso. Allo stesso tempo la tua immagine era di una persona isolata, confusa, fragile e introspettiva. C’era qualcosa di vero?
Young: No, non molto, non mi sono mai visto così, ho sempre pensato ci fosse un lato divertente nella mia musica. [...] Volevo soltanto fare musica… La mia unica preoccupazione era che i dischi suonassero come si deve. Quando alla fine ebbi lo studio e suonai, mi pare, “Running Dry”, quella fu la prima volta live. Così come quasi tutto Gold Rush, dopo. Cose come “I Believe In You” – fu quando iniziai a registrare dal vivo. [2]
Young: Sono industrie. Non mi piace vedere altri musicisti nei corridoi. Non mi piace sentire altra musica. Nel senso “io sto lavorando al mio disco, gli altri al loro disco”. […] Cinema veritè? Per me è audio veritè. Il concetto di catturare l'istante davanti all'obiettivo? Io lo traduco nella registrazione. E quando ho iniziato a farlo, ho scoperto tante altre ragioni che mi confermavano di essere sulla giusta via. Ma l'idea originale era audio veritè. […] Come artista devo essere fedele alla mia arte oppure alla mia immagine pubblicitaria, una delle due. [1]
La tua relazione con Susan [Acevedo] finì brutalmente?
Young: Non così brutalmente. Ci fu il divorzio. Era tardi, era finita. Sai, a quel momento della mia vita era più facile per me sfuggire da quello più che dalla mia carriera – e le due cose non potevano procedere insieme, okay? O era l'una o era l'altra. […] Me ne andai da Topanga subito dopo aver finito After The Gold Rush, quando ruppi con Susan. [1]
Ralph Molina: Ero in questa cabina nello studio, e Neil ricevette questa telefonata e ricordo che disse, “Fanculo, Susan, tutto quello che ho sono 250.000 dollari e tu puoi averli fino all'ultimo centesimo. Quindi lasciami solo!” Non me lo dimenticherò mai. [1]
La gente ricorda che eri molto insicuro della tua direzione con After The Gold Rush.
Young: Mi sento sempre insicuro sulle cose che mi piacciono. Ma sapevo che mi piaceva, lo potevo ascoltare – potevo stare fuori casa e ascoltarlo e mi faceva sentire bene. Io voglio che dalla musica trapeli il fatto che io sono immerso. [1]
Molti dei brani erano ispirati da una sceneggiatura cinematografica scritta dall’attore Dean Stockwell. Di cosa parlava il film?
Young: Del giorno del grande terremoto di Topanga Canyon, quando enormi onde oceaniche spazzavano via la spiaggia. Era piuttosto fuori dagli schemi come idea, e cercarono di ottenere soldi dalla Universal Pictures. Ma fallì perché era troppo artistico come progetto. […] Vorrei davvero che lo avessero fatto, perché rappresentava un importante momento culturale. [2]
Con After The Gold Rush tu diventasti incredibilmente famoso. Allo stesso tempo la tua immagine era di una persona isolata, confusa, fragile e introspettiva. C’era qualcosa di vero?
Young: No, non molto, non mi sono mai visto così, ho sempre pensato ci fosse un lato divertente nella mia musica. [...] Volevo soltanto fare musica… La mia unica preoccupazione era che i dischi suonassero come si deve. Quando alla fine ebbi lo studio e suonai, mi pare, “Running Dry”, quella fu la prima volta live. Così come quasi tutto Gold Rush, dopo. Cose come “I Believe In You” – fu quando iniziai a registrare dal vivo. [2]
Si, ma un’immagine si era creata quando tu, di fronte al pubblico, rappresentavi un’icona culturale alternativa.
Young: Be’, è come uno specchio. E tu non puoi distaccarti dallo specchio se continui a starci di fronte. Ma ti puoi allontanare e non farci più caso. Il palco per me è così. Vedi, un’immagine perde il suo significato tanto quanto è temporanea. [2]
Elliot Roberts (manager): Gold Rush fu veramente il punto di svolta per noi. Era un disco soft e più testuale. Spedì Neil nella classe dei cantautori insieme a Leonard Cohen, James Taylor e Joni Mitchell. [1]
Billy Talbot: Nel mentre Young faceva After The Gold Rush, noi eravamo a spasso. Danny stava… sai… [...] Fui veramente sorpreso quando Danny diventò un drogato. Non c’era ragione. […] Si fece dell’anfetamina, il giorno dopo dell’eroina e da un giorno all’altro era un tossico. Era sempre stata una persona forte e fu anche un drogato molto forte. Si faceva più degli altri, mi dissero. [9]
A proposito di “Tell Me Why”
Young: Mi suona così incomprensibile. Ho smesso di cantarla perché quando arrivavo a quel verso [“Is it hard to make arrangements with yourself / When you're old enough to repay”] pensavo: di cosa cazzo sto parlando? Lo sai, non modifico le canzoni. [1]
Lofgren: Suonai la chitarra su "Till The Morning Comes" ma il pezzo forte fu "Tell Me Why", che eravamo solo io e Neil seduti l'uno di fronte all'altro. La suonammo dal vivo, io iniziai a usare il finger-picking. Fu una delle mie prime sessions dove suonavo e cantavo dal vivo, e seduto vicino a Neil, notai una simile, spettrale innocenza nelle nostre due voci. [10]
A proposito di “After The Gold Rush”
Dean Stockwell: Siediti e ascolta le parole della canzone – dimmi cosa significano. Non puoi. Nessuno può dire neanche cosa fosse quella sceneggiatura. Ma Neil era dentro di essa. [1]
Young: Parla di tre età nella storia. C'è la scena Robin Hood, c'è la scena nel presente e c'è il futuro... l'aria è gialla e rossa, le navi partono, certa gente può andare e certa gente no... penso che succederà.
[…] Amo la natura. Per me la natura è una chiesa. Ogni cosa vivente, dalla più piccola alla più grande. Le cellule del cancro, le spyrogira... tutto esiste per una ragione, perché forse se non ci fosse qualcosa di brutto accadrebbe. […] Quello che mi fa incazzare sono le persone che pianificano azioni che inquineranno il pianeta. […] Non so come faremo, ma arriveremo a essere in grado di viaggiare attraverso il fottuto universo. Senza usare combustibili. Con un moto perpetuo. Salire su un veicolo e partire per un altro pianeta. I “semi argentati” di “After The Gold Rush” sono le civiltà. Spargere semi. Razze. Mescolare. Le specie diventano più forti, come le piante. Io la vedo come la stessa cosa. Chi sa quanto è grande tutto il fottuto universo? Come possono esserci un dentro e un fuori o un limite? Voglio dire, tutto questo pianeta può essere un seme.
[…] “After The Gold Rush” è una canzone sull'ambiente. Vedo in essa, ora, questo filo che attraversa molte delle mie canzoni che è questa cosa tipo viaggio nel tempo. E la ragione per cui lo riconosco, ora, è che l'ho sentito in canzoni di qualcun altro, e ho detto, “wow, che trip, mi ricorda qualcosa che ho fatto io”. [1]
Young: Be’, è come uno specchio. E tu non puoi distaccarti dallo specchio se continui a starci di fronte. Ma ti puoi allontanare e non farci più caso. Il palco per me è così. Vedi, un’immagine perde il suo significato tanto quanto è temporanea. [2]
Elliot Roberts (manager): Gold Rush fu veramente il punto di svolta per noi. Era un disco soft e più testuale. Spedì Neil nella classe dei cantautori insieme a Leonard Cohen, James Taylor e Joni Mitchell. [1]
Billy Talbot: Nel mentre Young faceva After The Gold Rush, noi eravamo a spasso. Danny stava… sai… [...] Fui veramente sorpreso quando Danny diventò un drogato. Non c’era ragione. […] Si fece dell’anfetamina, il giorno dopo dell’eroina e da un giorno all’altro era un tossico. Era sempre stata una persona forte e fu anche un drogato molto forte. Si faceva più degli altri, mi dissero. [9]
A proposito di “Tell Me Why”
Young: Mi suona così incomprensibile. Ho smesso di cantarla perché quando arrivavo a quel verso [“Is it hard to make arrangements with yourself / When you're old enough to repay”] pensavo: di cosa cazzo sto parlando? Lo sai, non modifico le canzoni. [1]
Lofgren: Suonai la chitarra su "Till The Morning Comes" ma il pezzo forte fu "Tell Me Why", che eravamo solo io e Neil seduti l'uno di fronte all'altro. La suonammo dal vivo, io iniziai a usare il finger-picking. Fu una delle mie prime sessions dove suonavo e cantavo dal vivo, e seduto vicino a Neil, notai una simile, spettrale innocenza nelle nostre due voci. [10]
A proposito di “After The Gold Rush”
Dean Stockwell: Siediti e ascolta le parole della canzone – dimmi cosa significano. Non puoi. Nessuno può dire neanche cosa fosse quella sceneggiatura. Ma Neil era dentro di essa. [1]
Young: Parla di tre età nella storia. C'è la scena Robin Hood, c'è la scena nel presente e c'è il futuro... l'aria è gialla e rossa, le navi partono, certa gente può andare e certa gente no... penso che succederà.
[…] Amo la natura. Per me la natura è una chiesa. Ogni cosa vivente, dalla più piccola alla più grande. Le cellule del cancro, le spyrogira... tutto esiste per una ragione, perché forse se non ci fosse qualcosa di brutto accadrebbe. […] Quello che mi fa incazzare sono le persone che pianificano azioni che inquineranno il pianeta. […] Non so come faremo, ma arriveremo a essere in grado di viaggiare attraverso il fottuto universo. Senza usare combustibili. Con un moto perpetuo. Salire su un veicolo e partire per un altro pianeta. I “semi argentati” di “After The Gold Rush” sono le civiltà. Spargere semi. Razze. Mescolare. Le specie diventano più forti, come le piante. Io la vedo come la stessa cosa. Chi sa quanto è grande tutto il fottuto universo? Come possono esserci un dentro e un fuori o un limite? Voglio dire, tutto questo pianeta può essere un seme.
[…] “After The Gold Rush” è una canzone sull'ambiente. Vedo in essa, ora, questo filo che attraversa molte delle mie canzoni che è questa cosa tipo viaggio nel tempo. E la ragione per cui lo riconosco, ora, è che l'ho sentito in canzoni di qualcun altro, e ho detto, “wow, che trip, mi ricorda qualcosa che ho fatto io”. [1]
A proposito di “Southern Man”
Young: Era una canzone di rabbia. La scrissi nel mio studio a Topanga. Susan era arrabbiata con me per varie ragioni, lanciandomi cose che si rompevano contro la porta. Litigammo parecchio. C'erano le ragioni, ne sono sicuro. Probabilmente fu colpa mia. “Southern Man” era di più che il Sud – penso al movimento dei diritti civili, era circa questo. Il lontano Nord e il profondo Sud non erano poi così diversi. Erano estremi. Guarda Robbie Robertson – un Indiano dal Canada che scrisse parecchio sul Sud. Sudisti, nordisti, erano estremisti. […] È una strana canzone. Non la canto più, non penso sia particolarmente rilevante. Non è “Uomo del Sud”, è “Uomo Bianco”. Heh heh. È molto più grande che “Uomo del Sud”. [1]
Ma precedentemente Young aveva detto: Penso di averla scritta nel camerino del Fillmore East nel 1970. [1]
Lofgren: Per "Southern Man", io e Ralph Molina in pausa pranzo ci mettemmo a improvvisare. Se noti, "Southern Man" ha una cadenza lenta. Dopo aver jammato così per un'ora, mi annoiai e raddoppiai la velocità. Neil rientrò e gli piacque. [...] Disse: "Bene, sarà l'assolo conclusivo". E se noti, nella canzone sull'album, durante l'assolo e nella parte finale c'è il cambio di groove e il tempo raddoppia. M'imbattei accidentalmente in questo fantastico arrangiamento. [10]
Ascoltando canzoni come “Southern Man” e “Alabama”, si ha l'impressione di avere a che fare più con un giovane del sud che con un canadese... Quali sono le origini di questa “presa di contatto” con il sud?
Young: Mio nonno era un uomo del Sud... parlava sempre dei “negri”. Io mi annoiavo ad ascoltarlo, perché era mio nonno... un vecchio con i capelli rossi. È stato l'inizio, poi ho incontrato la gente, ho letto i giornali... In “Southern Man” l'importante è la storia di questa donna bianca che scopa con un nero. È questo che esaspera i razzisti... [8]
A proposito di “When You Dance I Can Really Love”
Young: Avevamo finito molte registrazioni quando tramite Billy mi giunse voce che Danny [Whitten dei Crazy Horse, ndt] si era ripulito. Si fece vivo e suonammo “When You Dance I Can Really Love” con lui, Billy e Jack. I Crazy Horse erano di nuovo insieme. Registrammo da capo molte voci del ritornello con Danny. Erano molto meglio delle precedenti. [11]
È una canzone funky. [...]Questo è un unico take, perché ne facemmo solo uno in studio con gli Horse e Jack che suonava. Il gruppo non lavorava come io volevo lavorasse. “When You Dance” è probabilmente l'ultimo pezzo che abbiamo fatto con Danny. […] Non so da dove venissero le canzoni con ragazze che ballano... Ricordo questa ragazza, Jean 'Monte' Ray, aveva fatto un album e ballava con i cembali. Era forte. Forse è stata lei. [1]
A proposito di “I Believe In You”
Young: Penso che questa vada al cuore della questione e come disse Danny Whitten una volta, “non voglio parlarne”. [7]
Young: Era una canzone di rabbia. La scrissi nel mio studio a Topanga. Susan era arrabbiata con me per varie ragioni, lanciandomi cose che si rompevano contro la porta. Litigammo parecchio. C'erano le ragioni, ne sono sicuro. Probabilmente fu colpa mia. “Southern Man” era di più che il Sud – penso al movimento dei diritti civili, era circa questo. Il lontano Nord e il profondo Sud non erano poi così diversi. Erano estremi. Guarda Robbie Robertson – un Indiano dal Canada che scrisse parecchio sul Sud. Sudisti, nordisti, erano estremisti. […] È una strana canzone. Non la canto più, non penso sia particolarmente rilevante. Non è “Uomo del Sud”, è “Uomo Bianco”. Heh heh. È molto più grande che “Uomo del Sud”. [1]
Ma precedentemente Young aveva detto: Penso di averla scritta nel camerino del Fillmore East nel 1970. [1]
Lofgren: Per "Southern Man", io e Ralph Molina in pausa pranzo ci mettemmo a improvvisare. Se noti, "Southern Man" ha una cadenza lenta. Dopo aver jammato così per un'ora, mi annoiai e raddoppiai la velocità. Neil rientrò e gli piacque. [...] Disse: "Bene, sarà l'assolo conclusivo". E se noti, nella canzone sull'album, durante l'assolo e nella parte finale c'è il cambio di groove e il tempo raddoppia. M'imbattei accidentalmente in questo fantastico arrangiamento. [10]
Ascoltando canzoni come “Southern Man” e “Alabama”, si ha l'impressione di avere a che fare più con un giovane del sud che con un canadese... Quali sono le origini di questa “presa di contatto” con il sud?
Young: Mio nonno era un uomo del Sud... parlava sempre dei “negri”. Io mi annoiavo ad ascoltarlo, perché era mio nonno... un vecchio con i capelli rossi. È stato l'inizio, poi ho incontrato la gente, ho letto i giornali... In “Southern Man” l'importante è la storia di questa donna bianca che scopa con un nero. È questo che esaspera i razzisti... [8]
A proposito di “When You Dance I Can Really Love”
Young: Avevamo finito molte registrazioni quando tramite Billy mi giunse voce che Danny [Whitten dei Crazy Horse, ndt] si era ripulito. Si fece vivo e suonammo “When You Dance I Can Really Love” con lui, Billy e Jack. I Crazy Horse erano di nuovo insieme. Registrammo da capo molte voci del ritornello con Danny. Erano molto meglio delle precedenti. [11]
È una canzone funky. [...]Questo è un unico take, perché ne facemmo solo uno in studio con gli Horse e Jack che suonava. Il gruppo non lavorava come io volevo lavorasse. “When You Dance” è probabilmente l'ultimo pezzo che abbiamo fatto con Danny. […] Non so da dove venissero le canzoni con ragazze che ballano... Ricordo questa ragazza, Jean 'Monte' Ray, aveva fatto un album e ballava con i cembali. Era forte. Forse è stata lei. [1]
A proposito di “I Believe In You”
Young: Penso che questa vada al cuore della questione e come disse Danny Whitten una volta, “non voglio parlarne”. [7]
A proposito di “Wonderin” (out-take)
Lofgren: Una delle mie canzoni preferite era "Wonderin'" che fu tagliata fuori dal disco. Ma la registrazione di noi due su quel pezzo sarà in Archives. M'innamorai di quella canzone e anche oggi vorrei che fosse finita sul disco. Dovevo suonare un piano honky-tonk e fare alcune armonizzazioni. Magari non la considerò perché era una canzone molto felice, spensierata. Non so. [10]
Fonti:
[1] Jimmy McDonough, “Shakey – A Neil Young Biography”
[2] Mojo 1995
[3] Melody Maker 1991
[4] Musician 1988
[5] Best 1976
[6] Rolling Stone 1975
[7] note di Young in Decade, 1977
[8] Ivano Casamonti, “Neil Young”
[9] Rolling Stone 1979
[10] Uncut.co.uk, 2009
[11] Neil Young, “Il Sogno di un Hippie”