Neil Young a Barolo: la nostra recensione e i commenti del pubblico
Foto di "donatore anonimo" via Facebook |
La
chiusura del festival Collisioni 2014 ha visto salire sul palco di
Barolo, come unica data italiana il 21 luglio, Neil Young e i suoi
fidi Crazy Horse. In realtà, Billy Talbot poco prima dell'inizio del
tour è stato colpito da un lieve ictus che lo ha costretto a un
periodo di riabilitazione, così al suo posto abbiamo trovato Rick
Rosas, altro bassista storico di Young. Oltre a Ralph Molina
(batteria) e Frank 'Poncho' Sampedro (seconda chitarra) c'erano due
giovani coriste. Crazy Horse "rivisitati", dunque, e la
piega dei concerti è stata sin da subito, con la prima setlist in
Islanda a inizio luglio, decisamente diversa e più "rifinita"
per così dire, rispetto all'Alchemy Tour 2013, che vedeva per
protagoniste le infinite cavalcate degli Horse (con grande dominanza
del materiale di Psychedelic Pill, l'ultimo loro album).
Le
10.000 persone di Barolo si sono ammassate nella piccola piazza
centrale (considerate che Barolo, in sé, è un paese che ospita meno
di 800 anime!) con il risultato, prevedibile, di vedere poco o nulla
del palco. Le prime file, guadagnate da chi era in coda sin dal primo
pomeriggio, sono state le uniche ad avere una buona visione della
band, e non v'erano schermi a trasmettere immagini del concerto (solo
il logo bianconero del Cavallo Pazzo). Questa, va detto subito, è la
pecca maggiore, ma il festival si merita comunque un plauso per il
semplice fatto di voler organizzare eventi di questo calibro in un
luogo scenografico ma difficile come Barolo. Coloro che si sono
trovati in coda per ore all'uscita, sull'unica strada percorribile
per uscire da Barolo, o che hanno trovato l'auto impantanata nel
fango, be', saranno un po' meno propensi al plauso...
Ma
passiamo al concerto. Con un certo ritardo dovuto a un temporale
improvviso, per fortuna di breve durata,
Young e la band sono saliti sul palco per affrontare due ore tonde
tonde di concerto. Chi aveva letto le setlist delle date precedenti
sapeva cosa aspettarsi, all'incirca, mentre per tutti gli altri la sorpresa è
stata più o meno gradita. Come al solito (succede sin dal Time Fades
Away tour, quindi niente di nuovo) una parte di pubblico non ha
capito, né gradito, la porzione di scaletta meno nota, ovvero quella che differiva maggiormente dalla "lista della spesa" (Harvest, Gold
Rush, e così via). Ma un concerto di Neil Young, in
qualsiasi contesto, è passato, presente e futuro in
proporzioni eque. Per la semplice ragione, che conosciamo tutti: lui non si è mai fermato, è un musicista da un disco all'anno, e anche di più, considerando gli inediti. È anche
un artista capace di dare un senso d'insieme a uno show evitando di
realizzare un mero amarcord che è anche lecito aspettarsi da certi suoi coetanei.
Foto di David Fiacchini |
A
Barolo, Young ha cantato di amore, di guerra e di ambiente. La
maglietta EARTH con cui si è presentato sulla scena non lascia dubbi (veniva persino
regalata al pubblico, solo che non tutti l'hanno capito), così come il nucleo delle canzoni da cui ha iniziato: dopo l'ormai navigata apertura di "Love
And Only Love" è arrivata l'inedita "Standing In The Light Of Love" (risalente alle session di Toast, 2001). Dopo un po'
ecco l'inaspettata "Name Of Love" (dalla reunion di CSN&Y
del 1988) e a metà concerto "Love To Burn" in una versione
torrenziale (quasi 20 minuti). Anche l'apparizione inaspettata di
"Living With War" non ha lasciato dubbi sul messaggio:
"vorrei non doverla più cantare" ha detto Neil, introducendola. Abbiamo poi assistito a splendide rese di "Days
That Used To Be", "Cortez The Killer", "Barstool
Blues", "Rockin' In The Free World", alla rara "Goin'
Home", alle acustiche "Heart Of Gold" e "Blowin'
In The Wind" (Dylan), la recente "Psychedelic Pill".
L'encore finale è toccato a un nuovo pezzo, un inno,
il climax conclusivo del "concept" del concerto: "Who's
Gonna Stand Up And Save The Earth", che non brilla certo a
livello compositivo ma trasmette il messaggio in semplicità (sembra
figlia di Fork In The Road).
Una
scaletta eccezionale, nel senso sia "d'eccezione" sia
"bellissima", ma proprio per questo passibile di incomprensione: insomma, la ricetta preferita da Neil Young. Per quanto ci
riguarda, nonostante siamo riusciti a vedere davvero poco, al concerto diamo dieci e lode. I classici non si sono fatti mancare nulla (tre lunghi brani da Ragged Glory, due da Zuma, uno da Harvest), ma la parte più
sorprendente ed emozionale è stata la nuova linfa riversata nei brani meno noti, grazie a questa line-up
particolare (riascoltate "Days That Used To Be" e la noterete diversa dalla versione su disco).
Insomma, "it's all one song", e Barolo ne è stato un
grande esempio.
MPB, Rockinfreeworld
I commenti e le recensioni del nostro pubblico di Facebook
Ho 12 anni e questo è il mio secondo concerto del grande Neil. Anche se non c'erano molti suoi grandi successi di sicuro il cavallo era presente e almeno io lo ho sentito. Sentire che riesce ancora a cantare una Barstool blues in Mi senza bisogno di abbassare la tonalità della chitarra è una cosa pazzesca. Ho letto molti commenti di gente delusa per la scaletta poco apprezzata ma cavolo, è un suo concerto, e qualunque scaletta faccia per me lui ci mette l'anima ed e questo che ieri sera mi e arrivato. Grazie Neil!
Marco Nimis
Dalla maglietta EARTH ad ognuna delle canzoni della scaletta, ad ogni sguardo lanciato, ci ha parlato di amore, pace e ambiente. Non mi sono mai sentito così bene ad un concerto; talmente bene che non riuscivo nemmeno a piangere.
Fabio Y.L.
Dopo qualche giorno dal concerto tenuto nell'ambito del festival "Collisioni", cerco di ritornare, con gli occhi della mente, a quelle note che hai "appena" finito di ascoltare assieme ad altri 10-12.000 fan. Ora perso nel traffico, ora seduto sul divano di casa, ascolto le parole della nuova canzone mentre guardo la t-shirt nera con stampata la parola EARTH (realizzata in cotone biologico e regalata dallo staff del cantante agli increduli spettatori entrati nella piazza del concerto) e penso tra me e me: Neil, sei veramente un Grande dei nostri tempi, una persona da seguire e da indicare per il semplice fatto che hai tracciato e stai tracciando una strada per la sostenibilità. Una strada bella larga, come quelle che percorri nelle tue traversate elettriche tra la California e l'Ontario. Una strada per il futuro delle giovani generazioni "...and build a life for our sons and daughters...": long may you run, Neil!!!
David Fiacchini
Sempre sorprendente il vecchio Neil che tira fuori dal cilindro vecchie canzoni, altre fatte con CSN, canzoni non pubblicate, il tributo a Bob D. non solo con Blowin ma anche con Days that Used to Be (molto dylaniana come sound) nuove canzoni, due coriste per supplire la voce mancante di Bill; una maglietta in omaggio per ogni biglietto....una miniera!
Incazzato al punto giusto a Barolo ha cantato con coraggio (Barstol Blues in MI originale non la canterei MAI!) e il tema fisso dello show Ecologia, Amore, Pace...Oggi più che mai di attualità come negli anni '70. Che dire.... Se ci sarà non perdetevi il prossimo ovunque sia, vale la pena anche bagnati fradici!
Giancarlo Geronimo Masia
Dopo un momento di sconforto causa pioggia, il concerto è stato, come sempre del resto, molto bello e suggestivo, un ottimo mood, Cortez fantastica come sempre
Cristina Falduto
Neil Young a Barolo: rock and roll can save the world.
E' vero, ad un certo punto l'ho pensato anche io. Era attorno alla prima mezzora quando ancora avevano suonato un paio di pezzi e lui e Frank Sampedro se ne stavano lì, uno di fronte all'altro con le chitarre incrociate come fossero in session dentro la cucina di Ralph Molina giù a Buffalo o non so dove a fare esperimenti. E questa roba in alcuni momenti usciva davvero male, sopra le righe, fuori battuta. insomma roba da jam.
Cavolo, pensavo, gli esperimenti falli giù in cantina e non qui che abbiamo pagato cinquanta euro e ci siamo fatti cinquecento chilometri di strada fino in fondo a questa vigne stupende quassù in collina.
Neil, pare abbia perso un po' di lucidità nei fraseggi di chitarra o forse solo in quelli molto veloci. La voce ha sempre quel timbro meraviglioso che ha segnato la mia vita ma da qualche parte proprio non arriva.
Poi la scaletta. Ok i primi due pezzi di quella roba più o meno nuova, carina con in mezzo assoli di chitarra più o meno riusciti per venti minuti. Poi però mi aspettavo qualcosa di quello che mi ha fatto sognare durante questo mezzo cammino di nostra vita, insciallah: Cinnamon girl, After the gold rush, The needle, From Hank tohendrix, Sugar Mountain, Hey Hey My My, Pocahontas... invece no. Continuavano a sparare in serie pezzi semi sconosciuti che riemergevano da oscuri album ed archivi di chissà quale decade tra anni '80 e ieri l'altro.
Poi verso metà concerto, chitarra acustica e armonica al collo, ha attaccato Blowin in the wind. La voce e la chitarra tagliavano quelle parole così belle. Quelle parole, oggi, luglio 2014, con i bambini sventrati dalle bombe in Palestina, con gli aerei che vengono giù e con tante altre battaglie anche personali in corso, sono subito suonate così attuali e dolorose. E poi quel suono dolce dell'armonica, roba da primo amore d'adolescenza e lui che girava ballonzolando per il palco come un animale in gabbia.
Blowin in the wind ha illuminato quello che c'era stato prima e quello che c'è stato dopo e intendo quello che aveva suonato prima e quello che ha suonato dopo. Tutto quello che era stato prima di quella sera e tutto quello che verrà dopo.
Non è un pezzo che storicamente suona abitualmente nei suoi live. Così in quel momento ho capito quello che stava facendo. Tutto non era altro che un'invocazione di pace, uno scaraventarsi cieco e rabbioso contro la guerra, un richiedere un cenno di aiuto alla gente che stava sotto il palco ad ascoltare. Ad un certo punto, ancora prima di Blowin in the wind, hanno fatto un pezzo di quelli con quei testi un po' naif e pacifisti scritti ai tempi della guerra in Iraq o giu di lì. Mi è parso chiaro che stesse cantando forte al microfono scandendo le parole in modo netto e guardando in faccia la gente nel tentativo di fare capire il testo della canzone ad una platea, quella italiana, spesso in difficoltà con l'inglese.
Tutta la scaletta si è snodata su questo versante passando per un'esecuzione lentissima e ipnotica di un classico anti-imperialista come Cortez The Killer fino a concludersi con un bis inedito intitolato Who's gonna stand up to save the world quando per dieci minuti ha cercato di fare cantare il ritornello ad un pubblico che a questa vecchia storia di salvare il mondo forse non ci crede nemmeno più.
Caro Neil, non si fa così. Non si deludono schiere di uomini maturi alla ricerca delle emozioni della propria giovinezza, non ci si nega all'abbraccio consolatorio e piagnucoloso di una folla accorsa peradorare il mito e la leggenda del rock and roll. Qualcuno sbuffava come si fa davanti alla fila del supermercato o in un ristorante con pessimi camerieri. They give you this but you pay for that diceva una delle canzoni che non hai suonato e per la quale avevamo pagato. Già! Avevamo pagato per tutto questo dimenticandoci però una cosa fondamentale: che quel vecchio hippy pacifista e testardo durante la sua lunga carriera raramente aveva spacciato o promesso quella roba.
Già ragazzi, pensateci: come al solito, come aveva fatto quasi sempre, almeno nei momenti migliori della sua vita, lui si aggirava sul palco con quell'andatura fuori ritmo, la chitarra a tracolla imbracciata come un mitra, il vento tra i ciuffi dei capelli bianchi, gli occhi taglienti che sfrecciavano sopra le teste della gente, occhi taglienti come quelli di un vecchio alcolizzato e fiero rinchiuso dentro una riserva indiana, occhi come quelli di un vecchio papa malato, occhi come quelli di un vecchio pugile alle prese con un morbo.
Il caro, vecchio Cavallo Pazzo ha continuato per tutto il concerto ostinato e rabbioso a cercare qualcosa dentro quella chitarra, tra la gente, tra le nuvole e le stelle in cielo. Qualche volta l'ha trovata e qualche volta no. A tratti è salito in cielo, in altri momenti è apparso smarrito dentro quel suo sguardo vuoto come il vetro di un fondo di bottiglia. A volte le sue sferzate alle corde della Gibson sono arrivate fino in fondo alla valle giù ad Alba, altre volte sono rotolate sul palco senza grazia. Quella notte in collina Neil cercava la libertà, cercava la giustizia, cercava il senso, cercava quel rock and roll che c'è anche dentro dita e sinapsi arrugginite dalle droghe e dalla vita. E' la dentro che ce n'è del migliore.
Raccontava Sampedro che molto tempo fa, anni '70, stavano suonando inun piccolo locale per provare uno dei tanti strani progetti della sua carriera con un nuovo gruppo. Dice Sampedro che uno spettatore continuava insistentemente a richiedere qualcosa tipo Hey hey My My o cose del genere. Ad un certo punto, racconta Frank, Neil èsceso dal piccolo palco si è avvicinato al tipo e gli ha chiesto quanto aveva pagato il biglietto tirando fuori dalle tasche 20 dollari ma aggiungendo che sul biglietto non c'era scritto Crazy Horse. Il tipo se ne era andato e dopo un po' Neil ha chiesto che qualcuno andasse avedere se quello fosse ancora la fuori per chiedergli di rientrare.
Ecco ragazzi, sul biglietto di un concerto di Neil Young c'è sempre e solo scritto e sempre ci sarà scritto, rock and roll. Nient'altro. E non è questione di sbagliare una battuta o deludere aspettative. Fino aquando questo tipo continuerà ad andare in giro per la Terra, suonerà solo questo: rock and roll. Pace.
Purtroppo, caro Neil, nonostante lo urli al microfono e lo dimostri sul palco da cinquant'anni, a volte pare che non lo abbiamo ancora capito: solo il rock and roll può salvare il mondo. Se vi sta bene, keep on rockin', altrimenti chiedete il rimborso del biglietto.
Michele Costantini
Con Lucca nella mente l'anno scorso... quest'anno sono rimasto delusino...non tanto dal concerto... di Neil...ma dall'organizzazione insufficiente...... Io ero a meta' piazza...non ho visto poco o niente.... poi alla fine del concerto il delirio.... dell'esodo.... pazzesco.... tant'e'.... Grande Neil Young e grandi i Crazy Horse...la mancanza di Talbot si e' sentita... e poi una Cortez the killer che ci ha fatto dimenticare tutti i problemi..... alla prossima Galoppata...
Flavio Pirovano
Vecchio Neil sempre originale e inaspettato mai scontato. Bello l' accostamento contrastante Neil e terra di Barolo.
Ivan Spertini
Non ci ferma né il diluvio né la grandine durante il viaggio con fatica si raggiunge Barolo per l'atteso concerto di Neil Young e come premio al nostro ardire ecco che un violentissimo acquazzone di 15 minuti ci benedice quando ormai siamo impacchettati senza rimedio nella gremitissima piazza in attesa di lui.
A scanso di equivoci comincio col dire che è stato un buon concerto e mi rammarico perché avrebbe potuto essere, con qualche accorgimento, eccezionale e un po' mi dispiace.
E' la prima volta che lo vedo così da vicino e sono convinto che non sarà l'ultima anche perché chi sostiene che Neil Young sia scoppiato è semplicemente anni luce lontano dalla realtà.
Mi tolgo subito tutti i sassolini dalla scarpa indicando quello che per me, dopo una riflessione anche con chi ha condiviso il piacere della visione di questo concerto, poteva essere evitato od anche riconsiderato. Tenuto conto della tournée piuttosto massacrante, solo il giorno prima era a Ulma in Germania, e per ovvi limiti d'età che comunque non gli hanno impedito di saltare come un grillo per tutto il palco e di non risparmiarsi nemmeno per un secondo (e con lui tutti i Crazy Horse), il concerto non è stato lunghissimo, diciamo poco meno di due ore; Neil non ha fatto nemmeno un brano di cover dal suo ultimo album ed un solo pezzo, l'omonimo, dal precedente “Psychedelic Pill” ed allora mi domando perché in un concerto composto da 14 pezzi, incluso il bis, ne abbia infilato ben tre da “Ragged glory” e due da “Are you passionate?” di cui uno probabilmente scartato perché pur essendo databile a quell'album non è stato poi inserito!??
Avrei di gran lunga preferito, visto che non pubblicizzava alcun album, che la sua scelta fosse caduta su ben altri classici disseminati nella sua enorme e straordinaria produzione. Ascoltando i pensieri della gente che andava via posso condensare il tutto in..”concerto bellissimo peccato che non conoscessi la maggior parte dei brani”. Una considerazione che se fossi stato in lui mi sarei posto prima di redigere la scaletta.
Discutibilissima per me anche la decisione di proporre una cover di Bob Dylan e d'inserire un pezzo , sebbene il migliore, tratto da un album per niente fondamentale come “American Dream” di CSN&Y sempre in rapporto allo scarno numero di brani proposti.
Insomma fatemelo dire, non si può non fare “ Like an Hurricane”, “Hey hey my my” o “Powderfinger” giusto per citare qualcosa in un concerto celebrativo di Neil Young.
Altro punto negativo la non ottimale resa del suono nella piazza, la batteria si sentiva molto poco, almeno nella prima parte, il basso impastava il tutto ed anche le chitarre spesso distorcevano, insomma eravamo all'aperto e per me al mixer si poteva e doveva fare decisamente meglio.
Il palco era troppo basso per migliaia di persone posizionate in piazza e sollevarlo di un metro buono sarebbe stata cosa buona e giusta, ma forse qui la colpa è degli organizzatori del pacchetto di eventi che si tiene a Barolo. Altro particolare stridente la disposizione sul palco della strumentazione, degli amplificatori e delle coriste relegate in secondo piano, anche in altezza, dove quasi non si notavano ma che in bella mostra sul petto avevano il gigantesco pass di accesso al palco, particolare davvero fastidioso.
Infine lo schermo gigante che ci aveva intrattenuto, molto più che la scialba esibizione della cantante apripista che non saprei dire nemmeno chi fosse, con immagini fantastiche dal palco e sulla folla: un tripudio di magnificenza che ci aveva fatto venire la classica acquolina in bocca per tutti i particolari che avremmo potuto gustare...infatti avremmo, perché per tutto il concerto di Neil Young l'immenso schermo gigante posizionato sul palco, con una definizione che andava dalla perfezione all'ultraterreno, è stato unicamente usato per mostrare il logo dell'indiano stilizzato a cavallo su immenso sfondo nero dell'Alchemy tour. Decisione tra l'incomprensibile e l'idiota a meno che non si trattasse, ma non lo credo affatto, di un guasto tecnico dovuto alla pioggia.
Qui finiscono le dolenti note perché poi il concerto è stato buonissimo (ma non ottimo).
Si apre con i fuochi artificiali di “Love and only love” da “Ragged glory” per poi passare al primo inedito, “Standing in the light of love”, probabilmente uno scarto di “Are you passionate?”quindi ancora “Going home” e “Days that used to be” sempre da questi due album. Le esecuzioni sono belle e tirate ma l'impressione è che la gente intorno si chieda che cavolo stia proponendo.
“Living with war” sebbene non sia un pezzo memorabile è comunque un monito alla tesissima situazione mondiale di oggi e ci sta bene, ma la successiva cover di “Blowin' in the wind” francamente no, tanto più che la gente finalmente riconosce un pezzo ed esplodono i boati da stadio...il tutto con un brano di un altro e cantato da un artista che ha una produzione acustica sterminata e letteralmente da brividi divini. D'accordo i riferimenti alle tensioni ed al desiderio di porsi delle domande, ma cavolo io sono qui per ascoltare anche dei classici suoi ma lui mi accontenterà solo con le meravigliose “Cortez the killer” e “Heart of gold”.
Prima ancora del brano di Dylan ci propone una lunghissima, ed evitabile,versione di “Love to burn” e dio solo sa quanto avrei preferito invece una lunghissima versione di “Like a Hurricane” e una discreta ma anche questa evitabile esecuzione di “Name of love” dal mediocre album della reunion del 1988 di CSN&Y.
Poi finalmente il concerto decolla con l'acustica e magnifica “Heart of gold”, “Barstool Blues” da "Zuma", anche se prende, per la prima volta, delle stecche piuttosto udibili anche da orecchie profane, l'ottima "Psychedelic Pill” ed una grandissima versione da pelle d'oca di “Cortez the killer” che lascia un po' l'amaro in bocca per quello che poteva essere questa performance e che invece non è stata.
Il concerto finisce con la trascinante esecuzione di “Rockin' in the free world” con la gente finalmente entusiasta e partecipativa; in altri tempi il concerto sarebbe cominciato ora invece ahimè era alla fine.
Come unico bis altro trascinante pezzo inedito “Who's gonna stand up and save the earth” ma i giochi sono fatti la voce di Neil non gli permette di osare di più e a vederlo in volto, osannato dai presenti, mi sembrava di avergli letto che un pochino gli dispiacesse.
Però , santo dio, come non si può non fare “Powderfinger” e scegliere “Living with war”?
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