Dead Man (1995) - Articoli e interviste a Jim Jarmusch
La chitarra elettrica sgrana le sue vibrazioni fino all’ultimo titolo di coda, quasi non si rassegnasse a staccarsi dalle immagini del film, che gonfia di un’estrema eco musicale. Raramente nel cinema, regista e autore della colonna sonora hanno raggiunto una intensa armoniosa come Jim Jarmusch e Neil Young in Dean Man, singolare western in bianco e nero che recupera cadenza narrative e stile visivo del muto (anche le mascherine circolari a chiusura delle varie sequenze) immergendo le immagini in un flusso musicale solitario e infinito.
“Neil
Young – spiega il cineasta newyorkese – ha cercato dentro di sé
la reazione emotiva al film esprimendola con la chitarra elettrica. È
l’unico strumento che ha impiegato ma con l’effetto dilatato,
sinfonico: a parte l’intervento del pianoforte in un paio di
momenti, la musica di Dead Man è la chitarra di Neil, che lui
trasforma in orchestra, facendone un movimento mentale, avvolgente,
come una voce off. La musica di Neil Young è diventata un
personaggio del film, controcanto del protagonista Johnny Depp.”
Come
siete arrivati a un contrappunto così vitale tra immagini e musica?
“Già
cinematograficamente avevo concepito Dead Man come una partitura in
bianco e nero: il ricorso alle “chiusure circolari” del muto non
è un esercizio di antiquariato in celluloide, ma l’adozione di una
precisa scansione ritmica. Anche Neil Young si è calato in questa
scelta elementare ma ricca di possibilità, limitandosi a uno o due
strumenti ma utilizzandoli in variazioni infinite. Ho imparato molto,
anche sul cinema, dal suo modo di affrontare la musica per film.”
È
stato semplice per Young trovare una sintonia così suggestiva tra
immagini e suoni?
“Neil
è un po’ strano. La versione di Dead Man che gli ha ispirato la
musica durava una ventina di minuti di più di quella definitiva di 2
ore e un quarto. In un deposito di San Francisco abbiamo ricavato uno
Studio dove Young si è rinchiuso per due giorni, suonando e
improvvisando sopra le immagini che gli sfilavano davanti. Ha
ripetuto l’esperimento due o tre volte, senza concedersi nemmeno
una sosta né mai tornare indietro come chiedono spesso gli autori di
colonne sonore. Credo che abbia voluto lavorare così per rispettare
la musicalità del film. Anche per lui Dead Man doveva essere
dall’inizio alla fine una composizione musicale.”
La
musica è una componente chiave del suo cinema, interna alla
struttura del film, prima ancora di diventare colonna sonora.
“Sì,
presto grande attenzione alla musica delle immagini. A partire da
Taxi di notte, lavoro con lo stesso montatore, Jay Rabinowitz.
Condividiamo gli stessi gusti musicali, ci scambiamo le cassette:
quando ci dedichiamo al montaggio cerchiamo di stare bene attenti al
ritmo delle singole sequenze e alla loro interazione.”
A
quali altri registi “musicali” si sente vicino?
“Sicuramente
a Martin Scorsese, che non a caso ha scelto come montatrice una vera
musicista, Thelma Schoonmaker, straordinaria nel trovare ritmi di
montaggio trascinanti, come in Goodfellas. È un film che ho visto
almeno sei volte, proprio grazie al suo ritmo. Quando ho scoperto che
durava quasi due ore e mezza non riuscivo a crederci: mi era sembrato
che non arrivasse nemmeno ai canonici novanta minuti.”
Pier
Cardinali
di Pier Cardinali dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 17.06.1996