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Tonight's The Night - Rassegna Stampa (pt.2)



Rappresenta un altro momento triste della carriera artistica e della vita di Neil Young. Questo lavoro viene pubblicato nel 1975 nonostante sia stato registrato in un periodo precedente, prima ancora di On The Beach. È un disco triste e pieno di cedimenti: Young non esita a lasciarsi andare a momenti di depressione che musicalmente si rivelano episodi difficili da recepire anche per il pubblico più attento alle evoluzioni del cantautore. Tonight's The Night è dedicato a due amici di Young morti per la droga: il Crazy Horse Danny Whitten e Bruce Berry. Young si tuffa nella nostalgia senza mezze misure, in un buio che la stessa canzone “Tonight's The Night” spiega molto bene. Affronta anche un tour che porta lo stesso titolo dell'album nel quale suona la nuova formazione dei Crazy Horse con Nils Lofgren, Ben Keith, Billy Talbot e Ralph Molina. È un momento molto difficile nel quale il cantautore rischia seriamente di vedere crollare tutto quanto era stato costruito nei momenti più belli, con gli album più intelligenti. Cala l'interesse del pubblico nei suoi confronti e le vendite dei dischi diminuiscono in maniera notevole. Neil Young è sotto osservazione da parte del suo pubblico che attende da lui ancora qualcosa, consapevole delle capacità artistiche, della spontaneità con la quale Young riesce, nei momenti in cui lo desidera, a essere un compositore e interprete unico, con una forza comunicativa rara tra i musicisti della West Coast. 
Elia Perboni, Music 1982




Nello stesso periodo [del tour Time Fades Away] viene pensato, registrato e voluto a tutti i costi l’album di Tonight’s The Night che uscirà un paio d’anni dopo e fa parte di quella somma di iniziative che Young dedica ai due amici scomparsi: concerti, canzoni, dichiarazioni, tutti tesi a mostrare il rimorso, la sofferenza di Neil che sembra a un passo dall’autodistruzione, violento e velenoso anche sul palco, capace di stupire e inorridire tutti i fedelissimi in attesa di buon becchime country-rock. […]
Forse per assicurare e garantire a tutti la sua diversità, la sua noncuranza verso l’immagine, l’estraneità a certi calcoli da vile mercante, Neil Young ottiene contro il parere della casa discografica (la Reprise), degli amici e della critica di mettere in circolazione Tonight’s The Night, una dozzina di pezzi percorsi dalla paranoia, dall’allucinazione pura, dall’assoluto bisogno di scaricare le tensioni, gli umori e le paure accumulate in quei tempi nerissimi. Il disco è registrato in maniera tale da sembrare un provino maldestro, un tentativo neppure tanto curato: i suoni sono sporchi, la voce greve. Il risultato è sconcertante per chi di Young ha amato l’ordine, la sensibilità, la pulizia leggiadra; ma il tutto è legittimato dall’umanità selvaggia, erosa dal conflitto con se stessa che costituisce la ricchezza maggiore del disco. Tonight’s The Night è per certi versi un grido rimasto a metà gola: ha un aspetto trasandato e casuale eppure conserva tra i solchi molta più passione e trasporto emotivo di quei due-tre album definiti da Young “perfetti” (Harvest e Comes A Time per esempio). Sono spesso storie cocenti, ruvide, dove corre il brivido autobiografico del quotidiano […].
da Enzo Gentile, introduzione a “Neil Young” (Arcana 1982)




Non è un disco nuovo, è stato inciso due anni prima, di getto, dopo la morte di due cari amici come Danny Whitten e Bruce Berry. Rimane nel cassetto per un po', poi quando Neil decide di pubblicare Homegrown (il seguito di Harvest) sente di seguito Tonight's The Night e cambia idea.
Tonight's The Night è un grande disco, notturno, stonato, ubriaco, pieno di jam, di idee e di canzoni geniali, anche inespresse. Idealista e denso di incubi, elegiaco, dedicato agli hippy e al post-Vietnam, è un lungo viaggio attraverso i problemi di una generazione, dalla droga al sesso.
L'album esce nel giugno '75, contiene "Tired Eyes", "New Mama", "Lookout Joe", "Borrowed Tune". 
Paolo Carù, Buscadero 1989
 



[…] A questo punto qualcosa si spezza davvero, e per Neil inizia la caduta libera nel pozzo. Ad aspettarlo sul fondo ci sono i suoi demoni, ma – paradossalmente, splendidamente – anche una possibilità di redenzione. Mentre tutto va a rotoli, dentro e intorno a lui, Neil va a cercare la propria liberazione nella musica. Creando, senza saperlo e forse neanche volerlo, due tra i suoi capolavori più strazianti. In Tonight's The Night e On The Beach, Young si mette a nudo, totalmente. Suonando non solo della grande musica (che non significa, soprattutto per quel che riguarda Tonight's The Night, anche bella musica, almeno per chi pensa che la bellezza non debba mai sporcarsi con il fattore umano, l'imperfezione, la debolezza) ma regalando ciò che di più prezioso ha un artista: i propri dubbi, la propria anima spaventata.
Oggi, che sappiamo finalmente ricostruire con precisione la cronologia e le vicende che stanno dietro a quei due dischi, oggi che possiamo ascoltare finalmente On The Beach su cd, oggi che una certa storiografia (mitologia?) rock ha finalmente fatto il suo tempo, possiamo persino affermare con decisione che qui sta il Neil Young più grande di sempre. In canzoni storte e ubriache come “Borrowed Tune” (dove la melodia è rubata, come dice il titolo, a “Lady Jane” degli Stones, perché Neil era per sua stessa ammissione “troppo devastato per scriverne una”), “Mellow My Mind”, “Roll Another Number”, “Tired Eyes”; in quella produzione approssimativa, per non dire inesistente, che annulla ogni diaframma, ogni finzione tra l'artista e l'ascoltatore; in quella voce mai così fragile e commovente. Difficile spiegare come un modo di cantare così sgraziato, sempre sul punto di spezzarsi, riesca a toccare corde così profonde. Ho cercato di venirne a capo per anni, ma non ho mai trovato una spiegazione plausibile. Mi affido allora alle parole di un grande critico rock, Jon Savage, che mi paiono cogliere l'essenza del mistero: “come Dylan, Young è uno dei grandi non-cantanti che hanno definito i termini della vocalità rock: la limitazione trascesa attraverso una chiara conoscenza della limitazione e un bruciante desiderio di comunicare”. Un bruciante desiderio di comunicare, anche solo per salvarsi la vita: Tonight's The Night è soprattutto questo. On The Beach, invece (inciso dopo, ma uscito un anno prima) è una straordinaria miniera di immagini e parole. La forma musicale più controllata […].
È questo, il fondo del pozzo: registrato in un garage, in presa diretta e praticamente senza sovraincisioni, annaffiato di tequila fino allo stordimento, fradicio di droga e di morte, funestato da una depressione senza spiragli verso l'esterno. La voce è malferma, spesso stonata, le timbriche approssimative (il microfono doveva aver perduto il “para p”), i bordi delle canzoni scheggiati, irregolari, il volume alto, sopra le righe. La sezione ritmica è quella dei Crazy Horse, con Keith alla steel, Lofgren alla chitarra “provvisoria” (in attesa di un vero sostituto di Whitten) e Nitzsche al piano qua e là. Per completare la tracklist, Young e Briggs dovettero ricorrere a tre brani presi fuori dal garage. “Borrowed Tune” è Neil seduto al piano di casa sua, “Lookout Joe”, prodotta da Mazer, è ripescata tra gli scarti di Harvest, e “Come On Baby Let's Go Downtown” è un omaggio a Whitten, che la aveva cantata dal vivo al Fillmore East. Eppure tutto torna, nell'album più crudo, straziate e reale di Neil Young.
Mucchio Selvaggio Extra 2004


Tonight's The Night - “...solo in questa stanza vuota...”
Viaggio oscuro e splendido, precede On The Beach in quanto a scrittura, e pensiero, nonostante lo segua nell'uscita. E così lo si racconta, un passo dopo quel ponte in lacrime, fondato su una frase che nel suo quasi-nulla dice tutto: stanotte è la notte, là dove la voce non ha quasi nemmeno un piano su cui poggiarsi senza tremare. Apre e chiude il disco, nel ricordo di un amico scomparso che “dormiva sino al pomeriggio” ma “se non l'avete mai sentito cantare / ebbene, penso non succederà poi tanto presto”. È la notte che comincia, che chiama. La notte in cui ricordare un piano sfuggito alla periferia di chissà quale città, “sono stato un cercatore, uno sciocco / ci ho messo così tanto tempo per raggiungerti”. Forse, troppo tardi. Perché nemmeno nel “bloc notes là dietro ai tuoi occhi” sta scritta la risposta, quella si continuerà a cercare molto al di là di un inutile addio, “e il mondo sul filo non significa nulla”. Torbida, fosca, nervosa, è una canzone che cela i suoi raggi come illusioni, l'anteprima del vuoto. “Borrowed Tune” è allora un'armonica infelice che vaga, ascoltarla è come essere dentro a quel niente, travolti dall'immensa tristezza tanto lontana dai pattinatori che volano sul lago, da quell'oceano “di strette di mano che si prendono il cielo”. È Neil Young. Solo. Con un motivo preso in prestito da “Lady Jane” dei Rolling Stones, “troppo devastato per scriverne uno”. La sincerità ha qui il suono di pietre che cadono. Nude. Inutile cercare di dimenticare ascoltando l'invito improvviso di una “Come On Baby, Let's Go Downtown” mascherata dal vivo, perché dietro l'angoscia s'affaccia “Mellow My Mind”, e lì, proprio lì, in quel fischio solitario lungo i binari del treno la voce si spezza cantando “non è rimasto nulla di quel che sentivo”, e l'inizio di una qualsiasi felicità è più lontano di un'armonica smarrita. È notte, ogni canzone non fa che ricordarcelo, tra luci che lampeggiano e cuori aperti destinati a sprofondare. “Roll Another Number (For The Road)”, country ubriaco che va verso “Albuquerque”, là dove “sono volato giù sulla strada / con l'unico desiderio di star solo”. Ombre, ed ombre, in mezzo alla speranza di trovare “un posto dove a nessuno interessa chi sono”, e l'acustica “New Mama” ne è lo specchio nudo, senza nuvole nel cielo di un mondo traditore di sogni. Annega l'ascolto in scie di nostalgia, tra Millie di Philadelphia e Bill sulla collina, “Lookout Joe” e i suoni di velluto che sfiorano una “Tired Eyes” davvero troppo bella per non far paura. “Apri i tuoi occhi stanchi” e guarda. Guarda là, oltre i muri di questa stanza vuota, dove per crederci è ancora troppo notte”. 
Mucchio Selvaggio Extra

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