Sleeps With Angels - Rassegna Stampa
E Kurt Cobain “dorme tra gli angeli”
Per lo stesso tipo di rispetto e di pudore, il musicista canadese aveva annunciato qualche mese fa che non avrebbe mai più cantato dal vivo “Hey hey, my my”. Quella canzone l’aveva scritta circa quindici anni fa, nel pieno della ribellione punk; il ritornello dice “Hey hey, my my, il rock ‘n’ roll non morirà mai, è meglio bruciare subito che scomparire lentament”. E quelle parole Cobain le aveva scritte in calce nel suo messaggio d’addio, le aveva scelte come epitaffio. Per questo Young non vuole più cantare quella canzone. Quello che incuriosisce del suo omaggio, del bisogno di esprimere in qualche modo i sentimenti provati per la morte del cantante, è questa sorta di corrispondenza, di vicinanza spirituale, tra due artisti generazionalmente così lontani. Neil Young compirà 50 anni l’anno prossimo. Sono trent’anni che calca le scene, prima coi Buffalo Springfield, poi con Crosby, Stills & Nash, infine da solo, una lunga carriera che non ha mai preso strade in discesa. È stato capace di rimettersi sempre in gioco, di rischiare, ed è per questo che gode di immensa reputazione anche fra i gruppi delle ultime generazioni. Per quella grunge è un po’ un padrino, un punto di riferimento, e non certo per le camice a scacci e i jeans strappati. Lo sanno bene i Pearl Jam, che con lui hanno diviso i palchi dell’ultima tournée. Young è considerato un loner, un tipo solitario, lunatico, malinconico. Nella sua vita ha conosciuto dolore e sofferenza, la tossicodipendenza, la malattia di suo figlio, la morte di tanti amici, come Danny Whitten primo chitarrista del suo gruppo, i Crazy Horse, ucciso da un’overdose di eroina nel ’72.
Kurt Cobain, stando all’anagrafe, poteva essere figlio di Young. Era uno dei tanti ragazzi americani cresciuti senza una vera famiglia e senza certezze, e paradossalmente la sua forza stava proprio nella capacità di buttar fuori tutto questo marasma esistenziale. Conosceva anche la malattia, Cobain, l’ulcera lo tormentava, il dolore fisico era strettamente associato ai ricordi delle sue prime esibizioni. Rispolverando l’antico legame tra sofferenza e creatività, aveva sottolineato in un’intervista come, da quando aveva risolto i problemi legati all’ulcera, non aveva più scritto una canzone. Forse è l’esperienza del dolore quella che avvicina Young a Cobain. Chi ha ascoltato bene le canzoni del nuovo disco dice che Young non scriveva con questa intensità dai tempi di Rust Never Sleeps o di Zuma. Sanno di rammarico e di malinconia pezzi come “Change your mind” (“Cambia idea”) o come la stessa “Sleeps With Angels”. Cobain stesso, con i suoi lunghi capelli biondi e il volto ancora adolescente, ci appariva facilmente come un povero angelo caduto. Vengono in mente le parole buttate giù da Douglas Copeland, l’autore di Generazione X, nella sua “Lettera da un fan” pubblicata da una rivista inglese. “Stavo guidando sull’autostrada verso San Francisco – scrive Copeland – quando ho sentito alla radio che ti eri ucciso con un colpo alla testa. In città, ho fermato la macchina e ho cercato di capire che cosa sentivo. Quello che sentivo è che non ti ho mai chiesto di spingermi a occuparmi di te. Eppure è successo. A dispetto delle mode. A dispetto di tutte le circostanze. E adesso sei nella mia immaginazione per sempre. Ho immaginato che tu adesso sia in paradiso. Ma a che cosa ti serve, ora, il fatto di sapere che un tempo tanta gente ti adorava?”. A nulla, ovviamente, non serve più a nulla.
L’unità
NEIL YOUNG: DEDICATO A KURT E AI GIOVANI CHE SE NE VANNO
Alberto Campo, Repubblica 1994
DORMI CON GLI ANGELI E NEIL TI CULLA UN PO'
Il cantautore canadese in viaggio tra nostalgia e futuro.
Il cantautore canadese torna a far parlare di sé, così come può far piacere a chi lo segue da tempo, con Sleeps With Angels, ultimo prodotto discografico quanto mai fascinoso e degno d'attenzione.
È opinione comune – anche se Neil Young non lo ha mai ammesso ufficialmente – che la title-track e l'opera intera siano dedicate alla fugace e indimenticabile fiammella del rock 'n' roll degli anni Novanta: Kurt Cobain. Fiammella s'è detto, perché la parola riassume la connivenza spirituale che ha legato Young al giovane cantante dei Nirvana. Quando Cobain decise di farla finita con un colpo di pistola alla tempia, lasciò un biglietto su cui c'era scritto: «È meglio spegnersi in fretta che consumarsi lentamente». La frase è un verso di una fra le più celebri canzoni di Neil Young, “My My Hey Hey”, che dice anche che «il rock 'n' roll è qui per restare».
Cobain invece ha preferito andarsene con il suo segreto, dopo aver dato linfa vitale al rock 'n' roll per almeno dieci anni ancora. Neil Young deve aver raccolto il suo messaggio e ispirandosi a questa triste vicenda ha scritto “Sleeps With Angels” (Dormi con gli angeli).
Il titolo farebbe pensare a un piagnisteo, a un brano strappalacrime dagli effetti catartici per chi, della difficile impresa musicale portata avanti dai Nirvana, ha trovato le sue buone motivazioni per continuare a credere che il rock non sia diventato un crogiuolo di ovvietà e luoghi comuni. E invece no. “Sleeps With Angels” è una canzone dai suoni convulsi, fatta a pezzi e ricomposta da una chitarra ruvida e da un basso distorto, su cui si intreccia una voce corale, appena sussurrata. Ma forse per Kurt Cobain non ci sarebbe stata canzone che avrebbe potuto raccontare meglio la sua storia.
È un Neil Young atipico a mostrarsi in quest'ultimo prodotto, alla soglia dei cinquant'anni e quantomai desideroso di ricompattare i suoi tanti percorsi musicali, le sue tante trame su un unico telaio acustico, la componente ricorrente e mai smarrita in tanto peregrinare. A “Wester Hero” tocca raccogliere con semplicità countryeggiante questa eredità, raccontando di un eroe occidentale, una figura senza tempo, simbolo di quell'opulenza sfacciata fatta di armi e denaro. Ma quando si ha l'impressione di capire in che direzione Young si stia muovendo ecco che “Change Your Mind”, 14 minuti e 40 secondi di canzone, rimette in discussione il suo approccio all'opera. Il cantautore canadese si lascia andare con la chitarra, insieme ai Crazy Horse, a suoni espansi, hendrixiani, ad una libertà espressiva tipica di una spontanea jam. Sonorità distorte in crescendo, arginate da basso e batteria. La voce si assenta per lasciar parlare gli strumenti, tutto suona passionale ed avvolgente, l'atmosfera è Sixties e melodica in chiusura. Young si conferma così artista imprevedibile dalle mille trovate, e che ci regala un ennesimo capolavoro che va ad aggiungersi al capitolo del suo risveglio qualitativo, da Freedom in poi.
Ma il meglio deve ancora venire. Ed è il bluesacio effetto cartavetro di “Blue Eden”, con un esuberante protagonismo di strumenti che mettono da parte la voce. Distorto ed assai intimista l'attacco di “Safeway Cart”, che procede sussurrata e notturna, incalzante e fascinosa, condotta per mano da un basso, che suona addirittura melodico.
Con “Train Of Love” si ha l'impressione di risorgere, di tornare a sperare, fiduciosi come il piano che accompagna questo percorso di luce, dopo l'intimismo sofferto delle canzoni precedenti. “Trans Am” invece dà un ruolo primario alla voce, un parlato musicale alla Lou Reed, con una chitarra dai giri nostalgici.
Con “Piece Of Crap” è tempo di rock 'n roll e di questa canzone Young ne ha fatto anche il singolo nonostante, per le stramberie punk, non rappresenti l'album. Umori e suoni folkeggianti la fanno invece da padroni in “A Dream That Can Last”, fra i brani più indefinibili di un lavoro di per sé lontano da etichette. Molto simile a “My Heart” in apertura quadra il cerchio di Sleeps With Angels.
C'è molto in quest'album del Neil Young della bellissima e triste ballata “Philadelphia” della colonna sonora di Streets Of Philadelphia, il film capolavoro di Jonathan Demme. Concluso l'ascolto si ha l'impressione di aver aperto una finestra sull'universo interiore di questo grande artista.
Sleeps With Angels è un viaggio nostalgico ed allo stesso tempo futuribile nelle mille espressioni del suo universo musicale.
Chicca Maralfa, Gazzetta del Mezzogiorno 1994
Mucchio Selvaggio Extra 2004
Sleeps With Angels (Reprise, 1994) è un concept album ambizioso mascherato da collezione di confessioni umili. Ci sono due livelli di interpretazione semantica. Il primo trae origine dalla nenia iniziale “My Heart” (pianola da saloon, vibrafono, marimba), è amplificato da “Western Hero” (il nucleo melodico dell'album), ed infine ritorna al termine del disco, contraddicendo così l'altra interpretazione, che è incentrata sulla meditazione amorosa da 15 minuti “Change Your Mind”, la jam blues intrisa di feedback “Blue Eden” e la tetra, oscura “Safeway Cart”. Mentre Young lancia il suo incantesimo ambiguo, all'ascoltatore è offerta l'abituale dose di rumore (“Sleeps With Angels”). La qualità più intrigante dell'album è la sua completa opacità: Young non è mai stato così imperscrutabile. Forse la morte stessa è il tema di queste storie.
Piero Scaruffi