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MTV Unplugged - Rassegna Stampa


Neil Young sta cercando di fare ordine nella sua vita, o meglio nella sua carriera artistica. Sta lavorando al progetto Archives già da parecchio tempo e, andando a risentire vecchie cose, gli sono tornate certe voglie. Mister Soul, come lo chiamano gli amici, è tutto sommato un grande nostalgico: la voglia di rifare Harvest dopo un ventennio ricreando quelle sonorità agresti con gli stessi musicisti (vedi Harvest Moon), il desiderio di tuffarsi in quelle indomite cavalcate elettriche che lo hanno reso celebre (vedi Weld o Ragged Glory), l’inventiva e la fantasia messe al servizio della propria creatività (vedi Freedom) sono i fattori base della sua rinascita. È vero che per quasi dieci anni Young ci ha deluso profondamente, facendo dischi anonimi, inventandosi suoni e ruoli che non erano i suoi ma è anche vero che in quei dischi (pubblicati dalla Geffen) il vecchio bisonte ha sempre lasciato il suo marchio con qualche zampata, o talvolta solo qualche graffio, sempre d’autore. Harvest Moon ha convinto anche i più scettici che il canadese era finalmente rinsavito e che la sua vena era tornata quella di una volta: l’album è stato un successo e, pur non avendo scalato le classifiche come il suo predecessore, ha venduto molto bene e sta continuando a vendere, confermandosi così uno degli “sleepers” più continui della scorsa stagione.
Così, dietro la spinta della casa discografica e, ancora di più, dei suoi fans, Young ha deciso di eseguire prima e di rendere pubblico poi il suo concerto per l’emittente MTV. Unplugged è un viaggio a ritroso nella memoria di ognno di noi, dove nostalgia e vecchi ricordi si assommano in ordine sparso, ma è anche l’attualizzazione di una musica che non è mai stata dimenticata. Young è uno dei pochi autori dotati di quel tocco magico, sa colpire nel profondo l’ascoltatore, e risentendo parte delle sue vecchie canzoni “rivestite a nuovo” ci si rende conto ulteriormente della loro attualità. Unplugged è equamente diviso tra otto esecuzioni di Neil da solo e sei con musicisti che lo accompagnano. Il primo lato vede Young, voce-chitarra-armonica e, talvolta, tastiere, alle prese con alcuni dei classici di sempre del suo grande repertorio. “Old laughing lady” (tratta dal suo disco d’esordio Neil Young) è triste ed interiore, con chitarra ed armonica a fare da contorno; “Mr. Soul” (che arriva dal mitizzato Buffalo Springfield again) ha quel feeling blues che da sempre la ha resa grande. “World on a string” (che ci ricorda il capolavoro non riconosciuto Tonight's The Night) tocca i nostri sentimenti, come la struggente ma piena di forza “Pocahontas” (Rust Never Sleeps).
E poi c’è una “Like a hurricane” che, al posto delle ferrose chitarre, ha un organo da chiesa ed un armonica lancinante a fare da controcanto: ed i brividi non si contano. “Stringman” è inedita: vibrante ballad per voce e pianoforte è un’ennesima prova della scrittura lucida e torturata del canadese.
“Needle and the damage done” (Harvest) ci fa ricordare i primi anni settanta e quel disco colore del grano che ci ha fatto compagnia per diverse stagioni; “Helpless” (Dejà Vu) è l’inno del loner, l’urlo solitario e notturno di coloro che sono soli: Young, con armonica e pianoforte, sintetizza alla perfezione l’atmosfera struggente della canzone.
Il set acustico si chiude, dopo oltre trenta minuti, regalandoci ancora una volta momenti di assoluta intensità che la vena interiore del canadese riesce a cavare fuori dal suo cilindro senza fondo.
La seconda parte vede Neil alle prese con alcuni vecchi amici: Nils Lofgren (chitarra e fisarmonica), Nicolette Larson ed Astrid Young (sorella di Neil, entrambe alle voci) ed altri vecchi amici (compresa una… scopa).
Ed anche qui i classici non si contano: Young interpreta tre canzoni dal suo recente Harvest Moon e le ballate tristi del suo ultimo lavoro fanno il paio alla perfezione col vecchio materiale.
“Unknown legend” è un capolavoro, grande tessuto melodico, bel gioco di voci, melodia molto ispirata; così pure la cavalcata ideale nel passato della nostra musica “From Hank to Hendrix” o la triste “Harvest Moon”. Poi abbiamo “Transformer man” (Trans) riveduta e corretta con estrema sensibilità, “Look out for my love” (Comes A Time) e la splendida “Long may you run” (che diede il titolo a un disco in collaborazione con Stills) che qui esce allo scoperto in tutto il suo splendore di ballad folk rock. 
Paolo Carù, Buscadero 1993


Questa volta è di scena 'the loner', di fronte alle telecamere di MTV, con un set completamente acustico. La novità é tuttavia relativa, poiché il canadese ci aveva da tempo abituati a sonorità di questo genere. Ma é proprio questo il suo grande merito: quello di aver saputo diffondere meglio di altri un certo tipo di musica acustica molto affine alla country music (e chi non é passato da Harvest o da After The Gold Rush prima di approdare al country o al bluegrass?). In questo CD Mr. Young si avvale della collaborazione dei vecchi Stray Gators, rispolverati per il recente Harvest Moon, con Tim Drummond al basso, Ben Keith alla dobro, Nils Lofgren alla chitarra e alla fisarmonica, Oscar Bomerworth alla batteria e Nicolette Larson ai cori. Il suono é quello dei tempi d'oro, grezzo quanto basta, essenziale ma carico d'atmosfera. Una chitarra ruvida e percussiva, ormai stabilmente accordata un tono sotto, e un'armonica tipicamente younghiana dominano la prima parte dello show. Insolita e imponente una “Like A Hurrican” suonata con un organo da chiesa (!). Nella seconda parte Neil viene affiancato sul palco prima da un'evocativa fisarmonica che accompagna la malinconica “Helpless”, poi da tutto il gruppo, proponendo un'ovattata versione di “Harvest Moon”, per poi proseguire con (ahimè! nota dolente) “Transformer Man” (che il signor Young abbia tra le sue fonti d'ispirazione anche i Fratelli Righeira?). Il CD si conclude con due tra le migliori composizioni di Harvest Moon, “Unknown Legend” e “From Hank To Hendrix”, e con due vecchi brani mai incisi dal vivo: “Look Out For My Love” e l'accattivante “Long May You Run”, della dimenticata Still-Young Band. La scelta del repertorio rende giustizia alla produzione acustica dell'artista, e resta quindi una valida proposta per chi si dovesse accostare per la prima volta alla musica di Young. Imperdibile per gli aficionados più incalliti del musicista e per gli amanti delle dolci armonie west-coast. Anche chi non ama particolarmente questo lunatico cantautore dell'Ontario potrebbe trovare in questo CD più di un valido motivo d'ascolto: se é grazie ad artisti come Neil Young che la musica acustica ha avuto una notevole diffusione negli anni '70 anche da noi, ben accogliamo il suo ritorno alle origini. E, soprattutto, speriamo che sulla sua scia altri artisti 'country-oriented' si avvicendino sul palco di Unplugged per portare certe sonorità acustiche nelle orecchie di una più vasta fascia di pubblico.
Max Ghirardelli, Country Store

[…] Unplugged (Reprise, 1993). Che è quello che il titolo promette: un live senza corrente elettrica, registrato il 7 febbraio 1993 agli Universal Studios di Los Angeles per l'omonima serie televisiva di MTV. Per i primi sette dei quattordici brani in programma, Young è da solo, si sposta tra la chitarra acustica (da “The Old Laughing Lady” a “The Needle And The Damage Done”, comprese la vecchia, ma mai pubblicata prima, “Stringman”) e l'organo a pompa (una commovente “Like A Hurricane”) e sembra compenetrato nella sua musica come raramente gli era successo in quegli ultimi quindici anni. Quando viene raggiunto dai ragazzi della band, uno dopo l'altro, il suono si libra nell'aria come un'inesplicabile magia. Le mani degli Stray Gators (Keith, Drummond, Oldham e Butterworth, più Nils Lofgren) e le voci di Astrid Young e Nicolette Larson sembrano immateriali tanto sono eteree, volatili. Come un incanto scorrono “Helpless”, “Harvest Moon”, “Look Out For My Love”, “Long May You Run” e perfino “Transformer Man” pare conquistarsi una seconda, migliore vita. Tutto molto quieto e misurato, forse anche troppo, comunque bello. 
Mucchio Selvaggio Extra 2004


Se la controversa serie Unplugged ha un senso, è quello di spingere Young a incidere il set acustico che tutti attendevano da lui fin dai remoti Sessanta. Lo fa un pomeriggio del febbraio 1993, agli Universal Studios di Los Angeles, davanti a un ristretto pubblico che si beve amorevolmente il repertorio scelto; classici (“Helpless”, “Mr. Soul”, “Like A Hurricane”), pagine minori (“World On A String” e “Transformer Man”) e canzoni che il vento ha appena portato, come “Harvest Moon” e “From Hank To Hendrix”. Inutile discutere le scelte, le lune di Young sono imperscrutabili più di quelle dylaniane; stupisce comunque l'assenza di un brano qualsiasi da After The Gold Rush e Harvest, i dischi più cari agli appassionati. L'inizio è da brividi, una “Old Laughing Lady” solo voce, chitarra e armonica. C'è chi firmerebbe per uno show tutto così ma Young dopo un po' cambia; gli piace l'idea di una piccola orchestra country folk, con le corde di Nils Lofgren e Ben Keith, le tastiere di Spooner Oldham, la sezione ritmica di Tim Drummond e Oscar Butterworth. Il clima resta intenso, dolcissimo, anche se con qualche nota stonata: come una “Like A Hurricane” che passa dal galoppo sfrenato dei Crazy Horse alla bizzarra solennità di un arrangiamento per voce e organo a pompa.
Riccardo Bertoncelli, delrock.it

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