Crosby & Nash in concerto: Milano 2005
di Rosario Pipolo
Se non vi è mai capitato di fare un viaggio nella West Coast americana, non potete assolutamente perdervi il concerto di David Crosby & Graham Nash. A trent’anni dalla pubblicazione dell’ultimo lavoro discografico, il duo americano approda a Milano l’8 marzo al teatro Smeraldo. A portare i due musicisti in Italia sono D’Alessandro & Gallo, che permetteranno al pubblico milanese di assaporare i brani storici di questa formidabile coppia. Ex componenti del celeberrimo quartetto che vedeva tra le sue fila anche il chitarrista Stephen Stills e Neil Young. Questi due giganti hanno scritto alcune pagine della storia del rock, lasciando un segno negli anni '60 e '70 con le loro ineguagliabili sonorità e i loro immancabili cori. "Credo servano, come minimo, quindici anni di studio e di esercizio per diventare un buon musicista", ha dichiarato recentemente lo stesso Crosby, "e anche se si è dotati di talento naturale, più tempo pratichi la musica e meglio diventi. Da ogni punto di vista: tecnico ma anche da quello della sensibilità". Ascolteremo dal vivo alcune gemme della loro carriera, e naturalmente pezzi del nuovo doppio album “Crosby-Nash”. Canzoni moderne che evocano vecchie atmosfere musicali e toccano temi biografici o sociali come la nascita dei loro figli o un tragico disastro nucleare. Dalla rock song Don’t Dig Here alla ballata Charlie sino a passare tra le note acustiche delle romantiche Milky Way Tonight o Shining On Your Dreams. "Nelle nostre intenzioni", spiega Crosby, "questa vuole essere una piccola dichiarazione d’amore agli Stati Uniti d’America. Noi amiamo questo Paese che è un grande Paese. Soprattutto ci piace l’idea originale che c’è dietro l’America e che è un’idea fantastica”.
A Milano la metà della grande band degli anni’70, Crosby & Nash: musica che resiste
di Bruno Marzi
In
una recente, bella e lunga intervista su "Paris Match" la cantautrice
franco-canadese Véronique Sanson, ex moglie di Stephen Stills, ricorda:
"Alla fine dovetti scappare via: non ce la facevo più a sopportarli!".
Loro erano ovviamente Crosby, Stills and Nash (nell'ordine un americano,
un canadese e un inglese canadesizzato) ai quali si aggiunse in più
circostanze Neil Young. "Il suono di una generazione": così fu definita
la loro musica. La generazione era quella di Woodstock,
dell'antimilitarismo, del "flower power" e dell'Lsd. Una miscela
esplosiva insomma. Oggi, a tanti anni di distanza, ci rimane una musica
intatta nella propria bellezza e potenza, a cavallo tra il country della
provincia Usa e la raffinatezza della cultura progressista canadese.
Non a caso la canzone "Woodstock" portava la firma di Joni Mitchell.
Eccoli allora ancora sul palco, per "reduci" canuti e nuovi estimatori.
David Crosby e Graham Nash in concerto allo Smeraldo, ultima data di un
tour italiano "tutto esaurito" nelle cinque date teatrali. Al loro
attivo c'è un nuovo, recente album, distribuito in Italia da Stefano
Senardi (è lui dietro al "progetto Arigliano" a Sanremo) mentre il primo
della coppia risale al '72. Entrambi ultrasessantenni, mentre Graham
Nash sfoggia una forma fisica e canora invidiabile, David Crosby, sempre
troppo appesantito, dietro al sorriso stampato eternamente a corollario
dei baffoni ormai bianchi mostra tutti, ma veramente tutti i segni di
una vita stupendamente tormentata: la droga, il carcere, i problemi col
fisco, due trapianti di fegato. Eppure e lì, accanto al vecchio amico e
ancora capace di intonare più che degnamente le antiche armonie vocali.
Un vero miracolo. Lo show, diviso in due tempi, è molto lungo e supera
le due ore e mezza di musica. "Military madness" ("Pazzia militare") è
il brano iniziale, e la dice lunga su come i Due continuino a pensarla.
"Marrakesh Express", l'antico "treno mentale" della droga, è un invito
alla libertà più che alla trasgressione. Manca un po' l'eccellente
chitarra di Stephen Stills, in questa circostanza, ma Dean Parks, loro
antico collaboratore, se la cava benissimo. Sul palco ci sono anche
Andrew Ford al basso e Steve Distanislao alla batteria. Alle tastiere
c'è il famoso "figlio segreto australiano" di Crosby James Raymond,
ormai perno della sua esistenza e punto d'appoggio. Inutile dire che
l'età media in platea non è delle più verdi, ma comunque non sono pochi i
giovanissimi: il neo-hippismo dilagante riscopre i Vecchi Eroi e li
glorifica. Il terzo brano è un piccolo brivido. "Long time gone" è
infatti la canzone che nel film "Woodstock" accompagna la lunga seguenza
del montaggio del palco: forse una delle più belle in assoluto.Ventisei
canzoni in tutto, alla fine. Un primo tempo che si chiude con "Dejà
Vu"; il secondo che si apre con "Cold Rain the Wall" e poi scivola su
"Guinnevere" e "Wasted on the Way" per finire con "Wind onthe Water".
Doppia salva di bis: "Wooden Ships" e "Our House", e poi "Almost out my
Hair" e, tanto per non essere fraintesi, "Teach your Childer Well".
Insegniamo ancora bene ai bambini, allora.
E'
stato un concerto meraviglioso, per intensità, suoni, precisione e..
voci, questa volta, molto buone nel timbro e nell'intonazione. Ero
seduto in poltrona a 10 metri dai due e la cosa non era niente male. Poi
il teatro è per loro l'ambiente ideale, per l'intimità che sprigiona.
Inoltre in Italia l'affetto per i due è incredibile e loro se ne sono ben accorti! Mi sono sembrati in buona forma. Ottimi sui pezzi in cui la voce spinge, non sempre precisi dove la voce lavora di fino, a bassi volumi. Nash era rauco nel primo tempo, la sua bella voce cristallina era un po' andata, si è ripreso nel secondo tempo. Crosby, contro ogni pronostico temporale e salutare, sta bene e la voce è sempre buona. La band è buona, ottima la solista, anche se figlia del jazz-rock, più che del rock (tipo Stills o Pevar). Insomma mi hanno confermato quanto mi aspettavo. Il loro era decisamente qualcosa di più di un concerto. E' sempre stato così. Rappresentano un passato recente al quale abbiamo appartenuto, al quale abbiamo creduto, e al quale ho stretto le mie radici. E' stato un periodo di grande cambiamento, fatto di creatività musicale, letteraria, artistica, e partecipazione politica (quando la parola politica non rappresentava interessi privati, ma un ideale, impugnato da "una gioventù ostinata e ostile ai poteri" da Erri De Luca). La loro musica è stata un po' la colonna sonora di quel momento magico, e quel disco "if i could only remember my name", il suo punto più alto. Così, ai loro concerti, si va, oltre che per quelle particolari atmosfere musicali, anche per ritrovare noi stessi. E' un po' come reincontrarci dopo tanti anni. E poi, quella musica, quell'alchimia di suoni e brani così diversi fra loro, ma così legati! Dalle semplici ballate di Nash ai voli di David. Li seguo spesso nelle varie combinazioni, e devo dire che potrebbero salire sul palco, a leggere qualcosa o stare zitti, e mi andrebbe bene lo stesso. Ovviamente sono anche grandi musicisti e suonano, e suonano da Dio! Guinnevere è stata effettivamente meravigliosa, e anche Wooden Ships e anche Déjà Vu e anche.....insomma abbiamo incontrato questo "stream of consciousness" e su di esso ci siamo lasciati navigare.
Inoltre in Italia l'affetto per i due è incredibile e loro se ne sono ben accorti! Mi sono sembrati in buona forma. Ottimi sui pezzi in cui la voce spinge, non sempre precisi dove la voce lavora di fino, a bassi volumi. Nash era rauco nel primo tempo, la sua bella voce cristallina era un po' andata, si è ripreso nel secondo tempo. Crosby, contro ogni pronostico temporale e salutare, sta bene e la voce è sempre buona. La band è buona, ottima la solista, anche se figlia del jazz-rock, più che del rock (tipo Stills o Pevar). Insomma mi hanno confermato quanto mi aspettavo. Il loro era decisamente qualcosa di più di un concerto. E' sempre stato così. Rappresentano un passato recente al quale abbiamo appartenuto, al quale abbiamo creduto, e al quale ho stretto le mie radici. E' stato un periodo di grande cambiamento, fatto di creatività musicale, letteraria, artistica, e partecipazione politica (quando la parola politica non rappresentava interessi privati, ma un ideale, impugnato da "una gioventù ostinata e ostile ai poteri" da Erri De Luca). La loro musica è stata un po' la colonna sonora di quel momento magico, e quel disco "if i could only remember my name", il suo punto più alto. Così, ai loro concerti, si va, oltre che per quelle particolari atmosfere musicali, anche per ritrovare noi stessi. E' un po' come reincontrarci dopo tanti anni. E poi, quella musica, quell'alchimia di suoni e brani così diversi fra loro, ma così legati! Dalle semplici ballate di Nash ai voli di David. Li seguo spesso nelle varie combinazioni, e devo dire che potrebbero salire sul palco, a leggere qualcosa o stare zitti, e mi andrebbe bene lo stesso. Ovviamente sono anche grandi musicisti e suonano, e suonano da Dio! Guinnevere è stata effettivamente meravigliosa, e anche Wooden Ships e anche Déjà Vu e anche.....insomma abbiamo incontrato questo "stream of consciousness" e su di esso ci siamo lasciati navigare.
foto e articolo di Pier Morandi
Il
mattatore dell’intera serata è stato lui, l’inglese, come lo chiamano
loro (e cioè i suoi amici David, Stephen e Neil). In forma fisica
eccellente ma soprattutto in forma vocale a dir poco strepitosa per un
sessantenne, Graham Nash è uscito trionfatore dal concerto milanese
dell’intenso tour italiano della coppia d’oro della California che fu.
Da sempre considerato il punto debole del quartetto, Nash ha stupito e
anche divertito, nella sera in cui si giocava Milan contro Manchester
United. Originario di Manchester, ha regalato qualche sorriso a noi
interisti, aggiornandoci su desiderate ma inesistenti goleade della
squadra inglese. Crosby con la sua aria da piacione ma anche alquanto
catatonico si è risparmiato per il finale, con una Almost Cut My Hair
urlata così rabbiosamente da far venire giù il soffitto dello Smeraldo.
Un impianto sonoro maneggiato con incredibile dabbenaggine ha purtroppo
rovinato la prima metà dello show, con l’audio tenuto a livello quasi
minimo, tanto che, quasi come a un concerto dei Beatles, gli applausi e
le urla addirittura coprivano la musica. Meglio nella seconda parte,
dove l’uomo del mixer si è finalmente reso conto della cazzata e ha
portato i fader al livello giusto. I due hanno incantato in pagine
alcune delle quali mai sentite dal vivo in Italia (ché come duo Crosby
& Nash non erano mai venuti), le sempre emozionanti Southbound
Train, Marrakesh Express, Cathedral, Carry Me, Immigration Man e Just A
Song Before I Go; Crosby ha zoppicato alquanto nel cercare di rendere
uno dei brani più difficili del suo songbook, la splendida In My Dreams,
mentre se l’è cavata meglio nella jazzata Delta. Unico siparietto in
completa solitudine i due l’hanno offerto in una eterea e dolcissima
Guinnevere, mentre nel resto si sono fatti accompagnare da una
solidissima band composta da tre CPR (il figlio di Croz, James Raymond,
bravissimo alle tastiere; Andrew Ford al basso; Steve Di Stanislao alla
batteria) più l’eccezionale Dean Parks – ex Steely Dan – alle chitarre.
Sono piaciuti anche i brani dal recente album in coppia,
il loro primo in quasi trent’anni, specialmente Milky Way e Jesus Of
Rio. Finale strappalacrime, quando una generazione di cinquantenni (il
90% del pubblico in sala) ormai senza capelli, in giacca e cravatta e
cellulare nel pugno per scattare foto manco fossimo a un concerto dei
Blue, è scattata sotto al palco per intonare a squarciagola e per intero
(cosa sentita, in Italia, solo ai concerti di Paul McCartney e
Springsteen) gli scampoli di una West Coast che evidentemente è ancora
uno "state of mind" duro a morire: Wooden Ships, Teach Your Children e
Our House.
Paolo Vites, JAM
“Ho
una cattiva notizia per voi: Manchester 6 Milan 0” inizia cosi il tanto
atteso concerto di Crosby e Nash al Teatro Smeraldo a Milano con Crosby
che lo rintuzza: ”non sarà 3 a 0 ?”, e questa è una delle tante gags
che li vedrà protagonisti quasi tutta la serata." Inizio al fulmicotone
con l’antimilitarista Military Madness, poi Long time gone, Immigration
man, Marrakesh express; Nash presenta una canzone scritta “nel lontano
19…” e in quel momento Croz con la sua Alvarez Yairi 12 corde intona
l’inizio di Mr. Tambourine man e Nash lo invita a suonarla tutta “non me
la ricordo più” è la simpatica risposta di Croz e intanto inizia la
dolcissima e intensa Southbound train. La band è superlativa, Di
Stanislao ha un drumming molto potente e preciso con dei rilanci
fantastici (ricorda il Russ Kunkel dei tempi migliori) e insieme ad
Andrew Ford forma una solida base ritmica , James Raymond è ormai una
sicurezza: il suo talento non si discute (inoltre gli spetta il non
facile compito di fare il controcanto più alto) e last but not least
Dean Parks: fantastico !! Croz lo introduce dicendo che uno
dei suoi dischi preferiti è Aja degli Steely Dan e dopo averlo
ascoltato la millesima volta il suo desiderio più grande era quello di
suonare insieme a quel chitarrista; Parks ha suonato l’acustica,
l’elettrica e la pedal steel in maniera egregia. Il concerto, in due
sets, prosegue tra pezzi vecchi e nuovi: Parks imbraccia una bruttissima
Rainsong in grafite nera ma dal bel suono e introduce una dolcissima
Lay me down, non c’è niente da fare queste atmosfere le sanno creare
solo loro! Carry me, una fantastica In my dreams, Deja vu, intanto il
risultato della partita diventa “Manchester 300 Milan 0”. Croz ringrazia
Jackson Browne che lo ha esortato e aiutato a finire il pezzo che
avrebbe eseguito il minuto dopo, quel pezzo interruppe un periodo
nerissimo della vita di Crosby sia dal punto di vista personale che
professionale infatti “non scrivevo da oltre tre anni” e inizia Delta in
cui David guarda compiaciuto il figlio che fa un’introduzione e un
assolo stupendi. Successivamente Nash fa una lunga introduzione di
Critical mass/Wind on the water e Croz guarda ridendo gli altri
componenti del gruppo e fa dei cenni come per dire che Nash è fuori di
testa… aveva sbagliato scaletta
! “Scusate sono ancora in un’altra città” dice ridendo per
giustificarsi e attaccano Cathedral dove Croz fa un errore ! attacca il
ritornello una battuta prima e la gente sottolinea la cosa con un
applauso ma il pezzo è veramente trascinante. Guinnevere è uno dei punti
più alti del concerto, Crosby e Nash da soli accompagnati dalla Martin
D45. Ce n’è anche per Blair e Bush a cui viene dedicata Puppeteer, Croz
dice che “una delle vicende che mi hanno colpito di più è stata quella
della Enron, una società che non ha rubato solo i risparmi della gente,
ha rubato le loro vite” e parte con They want it all, del nuovo album
c’è anche una sanguigna Don’t dig here che parla di una montagna negli
USA usata come deposito di scorie nucleari dove Dean Parks fa un assolo
che spettina tutta la platea. Nash:”Vi ricordate un’ora fa quando ho
presentato quella canzone ? beh adesso la faremo” Critical mass
arricchita dalle tastiere di James Raymond fa veramente sognare. Finale
con Wooden ships dove picchiano veramente duro. Per il bis Nash propone
Our house cantata praticamente da tutti e Croz poi imbraccia una Tom
Anderson meravigliosa e introduce Almost cut my hair dove, secondo me,
con la voce spinge e arriva fin dove non aveva ancora osato nella
serata; ovvia conclusione con Teach your children cantata quasi solo
dalla platea. Corsa all’uscita del back stage dove piano piano escono
tutti, riesco a scambiare due parole con Nash a cui porto i saluti di
McAlister e lui sorridendo “salutamelo tanto, dillo a David, sai,
abbiamo un sacco di sue chitarre” “io invece ne sono riuscito a
comprare…una !” Gran risata e stretta di mano, arriva Crosby serissimo
contornato da quattro tipi e non si fa avvicinare, era molto
contrariato… peccato, è la prima volta che lo vedo cosi (dopo 6 concerti
in 15 anni), la sua disponibilità è sempre stata quasi imbarazzante ma
probabilmente ieri sera c’era proprio qualcosa che non andava per
comportarsi cosi; comunque la serata è stata stupenda, indimenticabile,
magica e … ah la partita ? nel casello dove ci siamo fermati, pieno di
tifosi che tornavano a casa, veniamo a sapere Manchester 0 Milan 1,
peccato io sono interista.
Tery