Le Traccie di Rockstar.it
a cura di Fabio Alcini
FOR WHAT IT'S WORTH
(Stephen Stills, BUFFALO SPRINGFIELD)
Condivide il compleanno con Cicerone (ma non le doti diplomatiche, a giudicare dai numerosi scontri avuti durante la carriera): Stephen Stills, nato 57 anni fa nel Texas ma trasferitosi prima dei vent’anni a New York City per seguire le proprie inclinazioni musicali.Dopo una gavetta passata a saltare da una band all’altra, arriva all’approdo negli Herd, meglio noti poi con il nome di Buffalo Springfield.È proprio una canzone di Stills, “For What It’s Worth” a regalare il successo alla band, che però si dissolve a causa degli scontri interni (Stills non ne è alieno, così come non ne è stato alieno Neil Young, altro motore della band). Così si passa all’incontro con l’ex Hollies Graham Nash e l’ex Byrd David Crosby, a formare uno dei pochi supergruppi che abbiano avuto davvero successo per molto tempo. Arriveranno le varie vicende con il terzetto allargato a quartetto durante gli incontri con Neil Young, e arriverà anche la carriera da solista di Stills, cominciata con “Super Session” già nel 1969 e che vede il suo episodio migliore nel 1972 con “Manassas”. Gli ultimi segnali, best e live a parte, sono “Stills Alone” del lontano 1991, e “After The Storm” con Crosby e Nash del 1994.
(Stephen Stills, BUFFALO SPRINGFIELD)
Condivide il compleanno con Cicerone (ma non le doti diplomatiche, a giudicare dai numerosi scontri avuti durante la carriera): Stephen Stills, nato 57 anni fa nel Texas ma trasferitosi prima dei vent’anni a New York City per seguire le proprie inclinazioni musicali.Dopo una gavetta passata a saltare da una band all’altra, arriva all’approdo negli Herd, meglio noti poi con il nome di Buffalo Springfield.È proprio una canzone di Stills, “For What It’s Worth” a regalare il successo alla band, che però si dissolve a causa degli scontri interni (Stills non ne è alieno, così come non ne è stato alieno Neil Young, altro motore della band). Così si passa all’incontro con l’ex Hollies Graham Nash e l’ex Byrd David Crosby, a formare uno dei pochi supergruppi che abbiano avuto davvero successo per molto tempo. Arriveranno le varie vicende con il terzetto allargato a quartetto durante gli incontri con Neil Young, e arriverà anche la carriera da solista di Stills, cominciata con “Super Session” già nel 1969 e che vede il suo episodio migliore nel 1972 con “Manassas”. Gli ultimi segnali, best e live a parte, sono “Stills Alone” del lontano 1991, e “After The Storm” con Crosby e Nash del 1994.
SOUTHERN MAN
(Neil Young)
(Neil Young)
Quando un disco esce 'postumo', tutti sono pronti ad alzare il sopracciglio.
In questo caso, il caro estinto era semplicemente la versione "& Young" del gruppo californiano formato da David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash. In questo caso, però il sopracciglio si abbassa subito: ventuno canzoni, ballate, brani o come li vogliamo chiamare, con il vento nei capelli e con quattro voci indimenticabili. A dire il vero, "Four Way Street" ha una genesi veramente lunga e difficile: esce una prima volta, ma quasi in sordina, nel 1971, proprio a chiusura del rapporto fra Neil Young e gli altri tre, come un riassunto sonoro di una stagione che ha prodotto un altro capolavoro come "Deja Vu". Poi esce una nuova versione, con altro materiale di Nash e di Young, nel 1992. Oltre alle voci, si segnalano qui i 'duelli' chitarra in mano, in particolare quello fra Neil Young e Stephen Stills che si registra in "Southern Man".
ALMOST CUT MY HAIR
(David Crosby, CSN&Y)
Sei figlio di un cineasta della California, sai suonare la chitarra, entri in un gruppo che presto si chiamerà The Byrds. Il tuo interesse per la musica indiana e orientale in genere ti porta a influenze che si coniugano benissimo con l'inclinazione psichedelica dei tuoi compagni di strada. Ma non ti basta. Incontri una ragazza che si chiama Joni Mitchell e, come produttore, la aiuti a realizzare il suo primo lp. Poi incontri un altro cantante e chitarrista che arriva da un altro grande gruppo, i Buffalo Springfield, e che si chiama Stephen Stills. Poi arriva un ex membro degli Hollies, Graham Nash. Fate un primo grande disco che si chiama come voi, ma ne fate uno ancora più grande quando si aggiunge a voi un altro canadese ex Buffalo Springfield, Neil Young. Il disco è "Déja Vu" e contiene perle come "Carry On" e "Almost Cut My Hair". Molte carriere potrebbero già considerarsi chiuse qui, invece nel 1971 fai uscire anche il tuo primo disco da solista, "If I Could Only Remember My Name", e da lì in avanti, nonostante problemi di alcol, droga, continui cambi di compagni di strada, conduci una carriera clamorosa, che ti porta a suonare fino a oggi. Hai qualcos'altro da chiedere alla vita, David Crosby?
In questo caso, il caro estinto era semplicemente la versione "& Young" del gruppo californiano formato da David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash. In questo caso, però il sopracciglio si abbassa subito: ventuno canzoni, ballate, brani o come li vogliamo chiamare, con il vento nei capelli e con quattro voci indimenticabili. A dire il vero, "Four Way Street" ha una genesi veramente lunga e difficile: esce una prima volta, ma quasi in sordina, nel 1971, proprio a chiusura del rapporto fra Neil Young e gli altri tre, come un riassunto sonoro di una stagione che ha prodotto un altro capolavoro come "Deja Vu". Poi esce una nuova versione, con altro materiale di Nash e di Young, nel 1992. Oltre alle voci, si segnalano qui i 'duelli' chitarra in mano, in particolare quello fra Neil Young e Stephen Stills che si registra in "Southern Man".
ALMOST CUT MY HAIR
(David Crosby, CSN&Y)
Sei figlio di un cineasta della California, sai suonare la chitarra, entri in un gruppo che presto si chiamerà The Byrds. Il tuo interesse per la musica indiana e orientale in genere ti porta a influenze che si coniugano benissimo con l'inclinazione psichedelica dei tuoi compagni di strada. Ma non ti basta. Incontri una ragazza che si chiama Joni Mitchell e, come produttore, la aiuti a realizzare il suo primo lp. Poi incontri un altro cantante e chitarrista che arriva da un altro grande gruppo, i Buffalo Springfield, e che si chiama Stephen Stills. Poi arriva un ex membro degli Hollies, Graham Nash. Fate un primo grande disco che si chiama come voi, ma ne fate uno ancora più grande quando si aggiunge a voi un altro canadese ex Buffalo Springfield, Neil Young. Il disco è "Déja Vu" e contiene perle come "Carry On" e "Almost Cut My Hair". Molte carriere potrebbero già considerarsi chiuse qui, invece nel 1971 fai uscire anche il tuo primo disco da solista, "If I Could Only Remember My Name", e da lì in avanti, nonostante problemi di alcol, droga, continui cambi di compagni di strada, conduci una carriera clamorosa, che ti porta a suonare fino a oggi. Hai qualcos'altro da chiedere alla vita, David Crosby?
WORDS (BETWEEN THE LINES OF AGE)
(Neil Young)
(Neil Young)
“Living in castles a bit at a time/The King starter laughing and talking in rhyme/singing words/words between the lines of age”
Che cos'è un capolavoro?
Forse la somma di emozioni, istinti, aspirazioni, speranze, delusioni, talenti e tecniche nello spazio più compatto possibile. Se così è, i 37 minuti e 34 secondi di “Harvest” di Neil Young rappresentano molto bene il concetto. Il disco più famoso di uno dei numi tutelari del rock si apre con il ritmo lento e ben scandito di “Out On The Weekend”. L'atmosfera è folk, accentuata dall'armonica a bocca e dal modo di suonare degli Stray Gators, uno degli innumerevoli gruppi che hanno accompagnato la strada di Neil. Il secondo pezzo, la title track, non cambia mood ma rallenta un po', mentre in “A Man Needs A Maid” fa il suo ingresso la London Symphony Orchestra, arrangiata da Jack Nitszche. Il pathos cresce e la tensione non si placa con il classico dei classici, “Heart Of Gold”, ancora con chitarra acustica e armonica, e una voce accompagnata da quelle di Linda Ronstandt e James Taylor. Il ‘minatore per un cuore d'oro' si accompagna poi con gli amici David Crosby e Graham Nash su “Are You Ready For The Country”, il pezzo più giocoso del disco. Non si scherza ma si riflette su “Old Man”: “Vecchio, dai un'occhiata alla mia vita/Sono molto simile a com'eri tu”.“There's A World” è ancora terreno per la London Symphony Orchestra, con un'ingresso sontuoso sottolineato dal gong e con dolcezze d'archi distribuite con sapienza. “Alabama” è un altro classico, questa volta con Crosby e Stills, che getta un'occhio all'attualità, pur senza l'occhio analitico che avrebbero avuto un Dylan o uno Springsteen. Lo sguardo punta molto più vicino invece in “The Needle And The Damage Done”, registrata dal vivo e che nel vivo di una dipendenza da eroina scava: “Ho visto l'ago e il danno che causa/C'è una piccola parte di tutto questo in ognuno”. La chiusa è lirico/epica, con Stills e Nash, su “Words (Between The Lines Of Age)”. Qualunque definizione si voglia dare a un capolavoro, difficile negare che questo lo sia.
Che cos'è un capolavoro?
Forse la somma di emozioni, istinti, aspirazioni, speranze, delusioni, talenti e tecniche nello spazio più compatto possibile. Se così è, i 37 minuti e 34 secondi di “Harvest” di Neil Young rappresentano molto bene il concetto. Il disco più famoso di uno dei numi tutelari del rock si apre con il ritmo lento e ben scandito di “Out On The Weekend”. L'atmosfera è folk, accentuata dall'armonica a bocca e dal modo di suonare degli Stray Gators, uno degli innumerevoli gruppi che hanno accompagnato la strada di Neil. Il secondo pezzo, la title track, non cambia mood ma rallenta un po', mentre in “A Man Needs A Maid” fa il suo ingresso la London Symphony Orchestra, arrangiata da Jack Nitszche. Il pathos cresce e la tensione non si placa con il classico dei classici, “Heart Of Gold”, ancora con chitarra acustica e armonica, e una voce accompagnata da quelle di Linda Ronstandt e James Taylor. Il ‘minatore per un cuore d'oro' si accompagna poi con gli amici David Crosby e Graham Nash su “Are You Ready For The Country”, il pezzo più giocoso del disco. Non si scherza ma si riflette su “Old Man”: “Vecchio, dai un'occhiata alla mia vita/Sono molto simile a com'eri tu”.“There's A World” è ancora terreno per la London Symphony Orchestra, con un'ingresso sontuoso sottolineato dal gong e con dolcezze d'archi distribuite con sapienza. “Alabama” è un altro classico, questa volta con Crosby e Stills, che getta un'occhio all'attualità, pur senza l'occhio analitico che avrebbero avuto un Dylan o uno Springsteen. Lo sguardo punta molto più vicino invece in “The Needle And The Damage Done”, registrata dal vivo e che nel vivo di una dipendenza da eroina scava: “Ho visto l'ago e il danno che causa/C'è una piccola parte di tutto questo in ognuno”. La chiusa è lirico/epica, con Stills e Nash, su “Words (Between The Lines Of Age)”. Qualunque definizione si voglia dare a un capolavoro, difficile negare che questo lo sia.
CORTEZ THE KILLER
(Neil Young)
(Neil Young)
Un signore dalle basette lunghe si aggira da quasi quarant'anni per il mondo del rock. Il suo nome è Neil Young, e nonostante il fatto che oggi compia cinquantasette anni, la sua musica continua a suonare adatta al suo cognome, giovane. Inizia la sua carriera in giro per il Canada, ma visti gli scarsi successi degli inizi, prende la chitarra e si trasferisce in California dove forma i Buffalo Springfield accanto a Stephen Stills. Come molte delle avventure della sua vita, dura poco: alla fine degli anni Sessanta il ragazzo è di nuovo sulle piste di caccia da solo, anche se si accompagna con un altro gruppo di ragazzacci battezzati prima The Rockets e poi Crazy Horse. Il primo disco si chiama "Neil Young", il secondo "Everybody Knows This Is Nowhere" e contiene canzoni come "Cinnamon Girl" e "Down By The River".Poi parte l'avventura con Crosby, Stills & Nash. Anche qui dura poco, ma lascia album come "Deja Vu". A proposito di capolavori: arriva nel 1971 "Harvest", con altre perle come "Words" e "Heart Of Gold". A compilare un semplice elenco non si finirebbe più, ma corre l'obbligo di segnalare alcuni altri momenti felici della carriera dell'uomo di Toronto: come "Zuma" del 1975, con la monumentale "Cortez The Killer", oppure "Comes A Time" con "Lotta Love" e "Look Out For My Love". Poi arrivano gli anni Novanta, le collaborazioni con i Pearl Jam, e gli ultimi dischi, come "Are You Passionate?". La ruggine non dorme mai, e nemmeno il vecchio Neil.
THROW YOUR HATRED DOWN
(Neil Young & Pearl Jam)
(Neil Young & Pearl Jam)
Era un esperimento, e come tale va accolto, anche se sta poi alla sensibilità individuale stabilire se si tratti di un esperimento riuscito o no. In ogni caso l'incontro fra i Pearl Jam e Neil Young nel '95 fece rumore, anche sul disco che ospitò l'evento, “Mirror Ball”. In ogni caso si è trattato di una buona iniezione di energia per il vecchio sciamano canadese, che con i PJ, qui già ben avviati dopo “Vitalogy” e prima di “No Code”, mette a segno probabilmente uno dei suoi migliori dischi degli anni Novanta. Young è uno strano caso di solista di squadra: fa amicizia con tutti, ma alla lunga preferisce stare da solo. In tutte le avventure della sua vita artistica, dai Buffalo Springfield ai Crazy Horse, dal rapporto leggendario con Crosby, Stills & Nash a rapporti più estemporanei come quello con i Sonic Youth o con i Black Crowes, si è quasi sempre comportato come una specie di vampiro a caccia di energia. Qui ne trova in abbondanza: basta ascoltare le linee semplici e vigorose di pezzi come “Song X” o “I'm The Ocean”, basta perdersi dietro le chitarre di “Big Green Country” o sentire in che punto dello stomaco colpisce “Throw Your Hatred Down” per riconoscere due forze distinte, la giovane e la vecchia, che confluiscono in un nobile sforzo unico.
MR.DISAPPOINTMENT(Neil Young)
“Where did all the feelings go?/What about that happy glow?/Was that so long ago/When we were first in love?”
La carriera di Neil Young dagli anni Ottanta in avanti ha raccontato poco di nuovo (salvo forse l'inopinato supporto alla presidenza Reagan). Ma la ricerca del Canadese in campi differenti lo ha visto appoggiarsi spesso ad altri artisti o ad altre band per modificare almeno in parte il proprio suono e i propri terreni di caccia. Per “Are You Passionate?” del 2002 Young si è appoggiato a Booker T. & the MG; il risultato è forse il disco più ricco di melodie che la sua carriera ricordi, almeno dai tempi di “Lotta Love”. Se non si accetta la contraddizione in termini che Young stia diventando vecchio, bisognerà comunque aprire gli occhi su canzoni ricche di soul come “Quit (Don't Say You Love Me)”, sulla sparizione della White Falcon in favore del suono più dolce della Les Paul, su accenni di assolo come quelli di “Mr. Disappointment” che non stupirebbero se fossero suonati da Santana, ma che nelle mani dell'uomo di “Rust Never Sleeps” fanno un certo effetto. Intendiamoci: Young è sempre stato un romanticone, tutti i suoi classici, da “Harvest” a “Zuma”, hanno avuto canzoni dolci e struggenti senza mai varcare il confine del melenso. Qui però siamo di fronte quasi a un concept album sulla dolcezza, con tanto di rosa rossa e foto di coppia in copertina. Si stacca un po' dal gruppo “Let's Roll”, un blues sull'11 Settembre 2001.
“Where did all the feelings go?/What about that happy glow?/Was that so long ago/When we were first in love?”
La carriera di Neil Young dagli anni Ottanta in avanti ha raccontato poco di nuovo (salvo forse l'inopinato supporto alla presidenza Reagan). Ma la ricerca del Canadese in campi differenti lo ha visto appoggiarsi spesso ad altri artisti o ad altre band per modificare almeno in parte il proprio suono e i propri terreni di caccia. Per “Are You Passionate?” del 2002 Young si è appoggiato a Booker T. & the MG; il risultato è forse il disco più ricco di melodie che la sua carriera ricordi, almeno dai tempi di “Lotta Love”. Se non si accetta la contraddizione in termini che Young stia diventando vecchio, bisognerà comunque aprire gli occhi su canzoni ricche di soul come “Quit (Don't Say You Love Me)”, sulla sparizione della White Falcon in favore del suono più dolce della Les Paul, su accenni di assolo come quelli di “Mr. Disappointment” che non stupirebbero se fossero suonati da Santana, ma che nelle mani dell'uomo di “Rust Never Sleeps” fanno un certo effetto. Intendiamoci: Young è sempre stato un romanticone, tutti i suoi classici, da “Harvest” a “Zuma”, hanno avuto canzoni dolci e struggenti senza mai varcare il confine del melenso. Qui però siamo di fronte quasi a un concept album sulla dolcezza, con tanto di rosa rossa e foto di coppia in copertina. Si stacca un po' dal gruppo “Let's Roll”, un blues sull'11 Settembre 2001.