NEWS
.

Deja Vu (1970) pt.1


Brutta faccenda, parlare di vacche sacre. Per tutta una generazione, probabilmente anche un paio, Dejà Vu è un monumento, non si tocca, non si discute. Byrds, Hollies, Buffalo Springfield. David Crosby, Stephen Stills Graham Nash e Neil Young hanno già un pedigree artistico di tutto rispetto quando decidono di lavorare insieme. Hanno anche, ciascuno, qualche frustrazione da smaltire. Crosby non ha avuto, nei Byrds, lo spazio creativo che sentiva di meritare: il prepotente talento imitativo di Roger McGuinn lo relega in secondo piano (ma con Lady Friend dà un buon anticipo di quello che verrà). Stills, nei Buffalo Springfield, ha subito avuto la misura della sua forza compositiva: “For What It's Worth” è diventato prima un inno generazionale, poi un classico senza tempo. Il più timido Young dà al gruppo un contributo appena meno appariscente. Dopo i Buffalo Springfield, uno Stills un po' spaesato manca per un pelo l'esame di ammissione nel gruppo di un certo Jimi Hendrix, giocherella con gli amici Mike Bloomfield e Al Kooper e abbozza una carriera solista. Young intraprende decisamente la strada del solista. Nash, negli Hollies, (immaginate una risposta mancuniana ai Beatles, peraltro non priva di talento) non gradisce la piega da classifica che il gruppo prende più o meno a forza nell'ultima parte degli anni '60 e attraversa l'Atlantico. I quattro si incontrano, si piacciono, suonano a Woodstock e incidono (senza Young) il loro primo disco. Nel '70 esce Dejà Vu, primo lavoro in studio di Crosby, Stills, Nash & Young. Possiamo dire che è il migliore disco in studio del migliore gruppo in circolazione del genere musicale più storicamente rappresentativo della sua epoca? Certo, possiamo dirlo, diciamolo. Però facciamo un passo indietro: diciamo anche che è l'unico disco in studio di questa formazione (e qualcuno mi convinca che la presenza di Neil Young, in quel periodo impegnato a fare la storia per conto suo con After The Gold Rush, può passare inosservata). Facciamo anche un passo avanti: diciamo che il secondo disco è un'antologia dal vivo: non è lo stesso gioco. Rimane, senza ragionevole possibilità di paragone, Dejà Vu, primo per distacco in uno sport che si chiama "Deja vu". Nella spaventosa complessità che contraddistingue le carriere soliste e incrociate di CSNY, nelle varie combinazioni, probabilmente non è il disco migliore (CSN - familiarmente noto come "il divano", è più organico e solare; If I Could Only Remember My Name, primo solo di David Crosby, è una lezione universitaria di psichedelia applicata alla musica). Se poi proprio vogliamo farne una questione di genere, Joni Mitchell in quel periodo ha appena partorito Ladies of the Canyon e sta per dare alle stampe Blue. Tutti e due migliori di Dejà Vu. Ma Dejà Vu rimane Dejà Vu, anche per chi scrive. Lo si ricorda a memoria, a distanza di anni, nonostante la scarsità di brani trainanti (a parte forse "Teach Your Children" e "Woodstock"). Poi di volta in volta ci si innamora dell'accenno blues di "4+20", della sinfonia psichedelica in quattro minuti di "Deja Vu", dell'impatto armonico di "Carry On", del finale glorioso di "Everybody I Love You", della geremiade west coast di "Helpless", della orgogliosa rivendicazione hippy di "Almost Cut My Hair", perfino di quella maldestra e dolciastra citazione beatlesiana di "Our House". Ciò che però l'opera non riesce a nascondere è la propria genesi di lavoro sommato di quattro solisti, che sanno già dove vogliono andare a parare appena fuori di lì. "Organico" e "omogeneo" sono due aggettivi che male si attagliano a Dejà Vu, pure con tutto l'affetto che gli si può portare. Perché, allora, lo si nomina, ancora oggi, con lo stesso sospiro di nostalgia riservato a Sgt. Pepper o a Are You Experienced? Perché nelle case della mia generazione e in quelle dei nostri fratelli maggiori ci si può ragionevolmente aspettare di trovarne una copia, conservata come una reliquia? Perché un disco che, pure bello e godibile, ha le sue evidenti falle diventa una vacca sacra? Perché il miracolo di avere tenuto in studio, al picco della loro carriera e della loro creatività, le quattro personalità ingombranti di David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash e Neil Young non avverrà più. Il miracolo si ripeterà solo dal vivo, con 4 Way Street, al quale seguirà, quasi immediatamente, la notizia che le quattro strade si sono già separate.
Antonio Diez



Prima opera a quattro menti del supergruppo americano realizzato nel marzo del 1970 e prodotto dagli stessi David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash e Neil Young. Tutte le canzoni sono scritte da CSN&Y ad eccezione di "Woodstock" che è di Joni Mitchell. La caratteristica principale di Dejà Vu sono le splendide e toccanti armonie vocali dei quattro songwriters. Inoltre l'autore della song diviene voce principale della stessa, mentre gli altri si aggiungono maestosamente ai cori. "Carry on" la scrive Stills. Schitarramento acustico con brevi introduzioni di chitarra elettrica solista. Cori alla stragrande, quindi il pezzo scivola in territori psichedelici con ottimi fraseggi di tastiera e chitarra elettrica. Una favola! "Teach your Children" è di Nash; si muove in pieno country-rock. In apertura e qua e là si aggiunge la grande steel guitar di Jerry Garcia. Che soavità. Crosby indurisce la sua "Almost Cut My Hair". Chitarra sincopata e ritmi di grande rock con ottimi fraseggi fra le due chitarre soliste. "Helpless" di Young sconfina in temi musicali morbidi. La tessitura la costruisce il pianoforte. Il ritornello vede la coralità dei quattro. Bellissimo. "Woodstock" è della Mitchell ma diventa nella mani dei quattro un esaltante pezzo rock. Basso, batteria, chitarre distorte, voce roca di Stills e coretti sussurrati dapprima in sottofondo, quindi ben evidenziati. Che pezzo! "Dejà Vu" di Crosby ha inizio corale. Ritmo spezzato poi; quindi torna l'acusticità in chiave rock. La solista e l'armonica sono poco evidenziate e fraseggiano appena. Coretti in chiave psichedelica. "Our House" di Nash è una gran bella ballata che si muove felicemente sul pianoforte che percorre tutto il brano. Interventi sognanti ed armonici dei quattro. Tutta acustica "4+20" di Stills. Un gioiellino che Stephen suona e canta trasmettendo gioiosità. In "Country Girl", questa volta, Young giganteggia costruendo una song da brividi. Piano, tastiere, voci che si intrecciano. Ritmi morbidi e finale in crescendo.
Per "Everybody I Love You" si mettono Stills e Young in fase di regia. Ne nasce un'altra di quelle canzoni che nel rock rimangono... Dejà Vu è uno dei punti più alti nel rock di sempre. L'unione dei quattro, provenienti da esperienze diverse, nel 1970 è una sorpresa. L'album è pieno di ritmi sia rock che morbidi. La psichedelia è quasi assente. Le armonie giganteggiano, sono da sogno. Le canzoni: tutte belle ed alcune strabelle. Nash come songwriter non è un grandissimo, ma ai cori è insuperabile. Gli altri tre sono sullo stesso piano, ma volendo fare una preferenza Young e Stills sono un gradino più in alto in fase compositiva di Crosby. Successivamente i quattro realizzano un doppio-live intitolato 4 Way Street. Il titolo era già un suggerimento al loro dividersi per intraprendere carriere soliste...
Il Rock


CSNY (Crosby, Stills, Nash & Young) è il più popolare supergruppo della musica occidentale e rappresenta uno dei pochi "fenomeni" commerciali e musicalmente validi nella America dei primi '70.
Più che di supergruppo si dovrebbe parlare di "quartetto di musicisti indipendenti" che in alcuni momenti hanno deciso di collaborare: in duo, in trio e raramente in quartetto, e che altrettanto spesso hanno deciso di allontanarsi per tornare alla carriera solistica, tant'è che durante queste fasi di scioglimento ognuno di loro è stato capace di registrare una buona quantità di album memorabili.
Questa storia, così travagliata, è dovuta ai due grandi punti di forza, o di debolezza, fate voi, che il gruppo ha espresso. Per primi il forte carisma e la grande personalità di ognuno dei componenti, e per seconda la capacità di ogni membro di creare, cantare e suonare (un pò meno) musica in maniera del tutto indipendente dagli altri, non è un caso quindi che le canzoni del quartetto siano quasi sempre parto della fantasia letteraria e musicale di un solo autore.
Crosby, Stills e Nash si incontrano nel 1968 a casa di Mama Cass Elliot. Sono tre giovani musicisti in rotta con il passato che li ha resi già famosi: Crosby è appena uscito dai Byrds per problemi riguardo la gestione musicale del gruppo ritenuta da lui eccessivamente commerciale; Stills ha lasciato i Buffalo Springfield e Nash medita di abbandonare gli Hollies perché la sua vena musicale si è ormai troppo allontanata dagli standard del gruppo ancora troppo agganciati al beat. Quando Nash crea improvvisando, e canta con grazia una parte corale su una demo di C&S i tre capiscono che qualcosa lega le loro maniere di vedere l'arte musicale e decidono di unirsi in un gruppo.
Dopo qualche mese David Geffen della Atlantic con una manovra "calcistica" compra il cartellino di Nash dalla CBS in cambio di un'artista della sua casa discografica, e il gruppo a questo punto è ufficialmente esistente e va subito in sala d'incisione. A Gennaio del 1969 esce il primo album CSN che ha subito un gran successo.
Stills suggerisce Neil Young alla band come quarto membro, per colmare il chiaro problema della band: la non eccessiva qualità esecutiva dei componenti che impedisce le esecuzioni live. A questo punto vengono scritturati anche Greg Reeves e Dallas Taylor ,con il ruolo però di semplici sessionmen, inizia così il tour di supporto al primo album che avrà come tappa Woodstock e che si protrarrà fino a dicembre.
A marzo del 1970 esce Dejà Vu: "un disco, quattro suoni, quattro modi di concepire la musica".
Il disco presenta infatti tutte le facce musicali del gruppo, ben tenute insieme dalle memorabili parti corali presenti in quasi tutte le tracce.
Il sound tipicamente folk di Stills si manifesta nella prima traccia con la chitarra elettrica a fare da controcanto a una parte vocale cantata interamente in coro; la delicatezza e la semplicità di Nash si manifesta nei singoli più famosi del disco: “Teach Your Children” e “Our House” dedicata a Joni Mitchell. Proprio di Jony Mitchell è “Woodstock”, splendida cavalcata rock già cantata l'anno prima dalla stessa autrice e dai Matthews Southern Comfort.
Emerge splendido anche il garage rock solista di Crosby con la straordinaria “Almost Cut My Hair”, cui segue il capolavoro di Neil Young: “Helpless” una ballata che esprime tutte le sofferte e complesse tonalità della voce del canadese.
Tra liti e velleità soliste questo straordinario "non-gruppo" si perderà per ricongiungersi altre volte, non riuscendo però più a ripetere un collage di tracce così varie e ben amalgamate.
Christian Molino, universomusica.com

Post popolari

Neil Young, il cuore di un hippie - L'intervista del L.A. Times su World Record e Harvest Time

Neil Young from Worst to Best: la classifica di Stereogum

L'EPICO ARCHIVES III ABBRACCIA CAOS, TRASCENDENZA E DISTORSIONE (MOJO)

Stephen Stills: un excursus nei suoi primi anni e il ricordo di Crosby (Independent, 2023)

Neil Young Archives Vol.3 1976-1987 (Reprise Records, 2024)