CSNY2K – A volte ritornano (2000)
Articolo di Marco Grompi da Buscadero, novembre 1999.
E diciamocelo francamente: nonostante la notizia della “reunion” circolasse con insistenza da diversi mesi, non ce lo aspettavamo! Sarà forse stata la patina amara che ci ha lasciato in bocca quell’attesissimo e tutto sommato deludente American Dream del 1988 (per non parlare dei due album senza Young, l’orribile Live It Up del ’90 e il modesto After The Storm del ‘94), ma la rimpatriata di David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash & Neil Young giunge proprio come un evento inatteso e, tutto sommato, gradito. Un po’ provati nel fisico da una vita che non ha certo lesinato lezioni anche durissime, a trent’anni da Woodstock e da quel Déjà Vu con cui stregarono più d’una generazione, i nostri quattro eroi sono di nuovo tra noi con un album, Looking Forward, che non ha i tratti del capolavoro assoluto (ma alcune cose veramente belle ci sono), ma ha del miracoloso per il solo fatto di esser stato completato. CSNY è una sigla che ancora per molti ha il potere di toccare qualche corda emotiva nascosta, eppure il quartetto non ha mai avuto vita facile. Come dice Crosby: “Abbiamo tutti personalità piuttosto intense; quando siamo assieme è un po’ come mettersi a fare il giocoliere con quattro bottiglie di nitroglicerina. Se te ne cade una esplodono tutte”. Almeno in passato è stato sempre così: la storia dell’amicizia tra Stills e Young è densa di liti veementi e riappacificazioni clamorose fin dai tempi dei Buffalo Springfield. I meno giovani ricorderanno ancora le risse (anche sul palco) del tour del 1970 (baruffe che comunque non impedirono di trarre da quei concerti un doppio dal vivo epocale come 4 Way Street) e la serie di “reunion” degli anni immediatamente seguenti. La più duratura fu quella del ’74 quando CSNY trascorsero l’estate facendo un trionfale tour americano negli stadi e toccando anche l’Europa per un’unica, memorabile, performance allo stadio Wembley di Londra; tuttavia quella “tregua” non durò abbastanza a lungo da consentire ai quattro di ultimare Human Highway, uno dei dischi incompiuti più celebri della storia del rock (al suo posto uscì l’antologico So Far ottenuto mischiando i brani più noti di Crosby Stills & Nash del ’69 e da Déjà Vu, più le due facciate del singolo Ohio / Find The Coast Of Freedom del ‘70). Poi Crosby e Nash fecero le loro (belle) cose in duo, mentre Stills e Young si riunirono nel ‘76 per il discreto Long May You Run che oggi è ricordato soprattutto per un paio di ulteriori litigi: le tracce vocali di Crosby e Nash furono cancellate dal master finale (cosa che li fece giustamente imbestialire) e dopo poche date della Stills-Young Band, l’instabile canadese abbandona l’amico laciandogli un enigmatico bigliettino con citazione tratta dai fratelli Allman: “Strano come certe cose nate spontaneamente finiscano nello stesso modo: mangiati una pesca”. Se CSN continando come trio ottengono ancora buoni riscontri (l’ottimo CSN del ’77, l’altalenante ma vendutissimo Daylight Again dell’82), Young si rifiuta ostinatamente di riunirsi ai vecchi compari e spesso l’atmosfera tra loro si fa infuocata con dichiarazioni a distanza tutt’altro che da gentiluomini. Al Live Aid (1985) succede l’impossibile: i quattro sono nuovamente sul palco assieme, ma la brevissima performance (totalmente improvvisata) è da dimenticare. Crosby è in uno stato pietoso, distrutto da dieci anni di abusi di cocaina e chissà quant’altro (per dettagli vi rimando alla sua imperdibile autobiografia “Long Time Gone” edita nell’88) e subito dopo Young dichiara che CSNY non si riuniranno mai più finché l’amico non si sarà rimesso in forma. Ci vogliono una lunga serie di overdosi, di collassi, di incidenti stradali e di inseguimenti con la polizia culminati con un anno di carcere per far “resuscitare” David “the Croz”. American Dream può anche essere visto come l’adempimento di una promessa fatta a un amico. Anche qui la gestazione è lunga, tra intricate questioni contrattuali e registrazioni portate avanti a singhiozzo da Young, il vero motore dell’album, ma anche impegnatissimo coi Crazy Horse e con i Bluenotes a non far affondare definitivamente una carriera che per tutti gli anni ’80 aveva fatto acqua su (quasi) tutti i fronti. Recentemente interpellato al proposito Young non vuole parlare del passato e nemmeno di quel disco: “C’è qualcuno qui che si ricorda di American Dream?”, ha scherzato con i compari a una recente conferenza stampa, “io non ricordo nulla di quelle registrazioni”. Lo scarso entusiasmo suscitato dall’album fece desistere subito i quattro dall’intraprendere un tour assieme e per i successivi dieci anni i rapporti sono rimasti semplicemente cordiali, talora affettuosi (anche se tra Stills e Crosby di recente c’è stato qualche incomprensione sul “modo di condurre la propria vita”) con sporadiche “reunion” in occasioni benefiche (il Bridge Benefit, il concerto in memoria di Bill Graham). Young, come sempre restio alle autocelebrazioni, s’è guardato bene dal raggiungere i tre sia sul palco del Woodstock ’94, sia alla cerimonia della Rock & Roll Hall Of Fame, ma è apparso a sorpresa a uno degli ultimi concerti del trio al Fillmore (niente a che vedere con il mitico locale con lo stesso nome) dell’autunno ’97. Nel frattempo Crosby, “resuscitato” una seconda volta nel ’94 quando sopravvive a un delicatissimo trapianto di fegato, vara con successo i CPR, il raffinatissimo trio formato con Jeff Pevar e il figlio biologico (ritrovato dopo 30 anni) James Raymond; Young invece sta lavorando da 13 anni ai suoi sempre più mastodontici “Archivi” (inutile chiedere o aspettarsi anticipazioni al riguardo: io, finché non li vedo nei negozi, non ci credo più!), alle ristampe HDCD del suo intero catalogo (tra cui i famosi “missing six”, Journey Through The Past, Time Fades Away, On The Beach, American Stars’n’Bars, Hawks & Doves, Re-ac-tor, ovvero gli unici LP della Storia del Rock che sono reperibili esclusivamente su CD bootleg) e, dopo tre anni di silenzio discografico (non era mai accaduto!) ha ormai un album acustico “quasi pronto” in “stile Harvest Moon” (il titolo provvisorio è Razor Love, da un meraviglioso brano inedito che risale al 1984). Quando CSN sembravano ormai inesorabilmente destinati al triste circuito dei nostalgici e dei casinò e proprio nel bel mezzo delle registrazioni di un album “celebrativo” del trentennale dal loro esordio (registrazioni autofinanziate dato che CSN non hanno più un contratto discografico dal ‘96) ecco che accade l’insperato. Nash racconta che nello stesso periodo “Stephen e Neil erano al lavoro per un box set retrospettivo dei Buffalo Springfield (forse sarà pubblicato…nel terzo millennio… NdR). È successo che Stephen ha fatto ascoltare a Neil ha detto che avrebbe voluto suonarci”. Un pomeriggio di febbraio ’99 Young entra a sorpresa nello studio con la sua chitarra e l’amplificatore: “Cos’è questa?”. “E’ Heartland, un nostro nuovo pezzo che stiamo missando ora”, gli risponde Nash. E lui: “Dai, fai partire il multitraccia, che si comincia”. “Ma non sei venuto qui per suonare sul pezzo di Stills?”, gli chiede Graham. E lui: “Hey! Cominciamo da qui”. Da non crederci, ma dopo ventidue canzoni Neil era ancora lì. Non tutte le canzoni sono finite su Looking Forward e devono esser rimaste fuori diverse cose interessanti. Nel corso degli ultimi mesi fonti vicine al gruppo hanno parlato di remake di Turn! Turn! Turn! (di Pete Seeger, dal repertorio dei Byrds), di Rock & Roll Woman (di Stills, periodo Buffalo Springfield: nella nuova versione c’era ospite Joe Walsh degli Eagles alla chitarra), di Everybody’s Talkin’ (di Fred Neil; Stills l’ha in repertorio da anni ed è già apparsa sul suo live del ’75 e su Stills Alone del ‘91) e di White Line (un brano che lo stesso Young aveva proposto inizialmente con entusiasmo dimenticandosi di averlo già pubblicato su Ragged Glory finché la cosa non è stata portata alla sua attenzione da un tecnico dello studio!). Altre cose che per ora sono rimaste nel cassetto sono Acadienne, Treetop Flyer e No Changes di Stills, Lost Another One (dedicata a Jerry Garcia), Liar’s Nightmare e Half Your Angels di Nash; Navigator e Morrison (che già conosciamo nella versione CPR) di Crosby. Addirittura l’album inizialmente doveva intitolarsi Heartland, ma poi si è cambiato idea in seguito alla bella foto scelta per la copertina (l’ha scattata da Pegi Young al figlioletto di Stills durante un party di preascolto dell’album). Oltretutto, come titolo, Looking Forward appare più pertinente per il sottile ottimismo rivolto al futuro (“Tutto ciò che riguarda il passato per noi è solo un’enorme fonte di distrazione”, ha dichiarato Young) che pervade tutte le canzoni oltre che essere anche il titolo di uno dei brani più emozionanti. Young ha perfino deciso di smembrare il suo prossimo album per donare una manciata di canzoni al progetto: ecco perché nei suoi brani la band è composta da Spooner Oldham (pianista), Donald “Duck” Dunn (bassista di Booker T. & the MG’s), Jim Keltner (batterista che ha suonato con tutti i più grandi) e Ben Keith (steel guitarist e co-produttore da sempre collaboratore di Neil), mentre negli altri brani di CSN suonano James Hutchinson (basso), Mike Finnigan (tastiere) e Joe Vitale (batteria e produzione). Racconta Nash: “Non scriviamo quasi mai assieme. Ognuno scrive le proprie canzoni per conto suo, poi arriva e dice: ‘OK, ho qui queste venti canzoni. Quali volete? Scegliete voi’. Come nel caso di Neil: ci ha portato una cassetta con il suo nuovo album, ci ha fatto ascoltare sette brani e di quelli ne abbiamo subito individuato almeno tre che erano perfetti per CSNY”. La scelta delle prime nove canzoni è avvenuta all’unanimità (“in studio c’era una lavagna con la lista di canzoni incise e ognuno metteva una stella accanto alle canzoni che voleva sul disco”, ha detto Young; “quando un pezzo raggiungeva le quattro stelle era pronta per il disco”), e per la prima volta nella loro storia sembrano esser messi da parte i problemi di ego che da sempre hanno sempre afflitto il gruppo: “I rapporti tra di noi non sono mai stati migliori di ora. Più invecchiamo, più siamo compassionevoli l’uno con l’altro. Oggi capiamo meglio le istanze e le debolezze di ognuno”, ha dichiarato Nash. “Oggi siamo molto più coscienti del fatto che per questo album avremmo dovuto lavorare bene. Voglio dire… è soltanto il nostro terzo disco in studio in trent’anni! Comunque non sarebbe potuta andare meglio. E’ stata un’esperienza assolutamente divertente”. Un po’ di apprensione tra i fans si è avuta quando l’album, inizialmente programmato per giugno, è slittato di qualche mese perché Young ha insistito nel voler apportare ulteriori ritocchi: “Ci abbiamo messo un mese per scegliere le ultime tre canzoni”, ha detto sarcastico Stills. “Neil è un musicista eccezionale e un fantastico creatore di musica”, si è affrettato ad arginare Crosby, svelando una fiducia cieca e una stima incondizionata nei confronti del compare canadese. Solo ora che abbiamo Looking Forward tra le mani ci crediamo: CSNY annunciano che faranno anche un tour mondiale, ma, come sempre, l’imprevisto ci mette lo zampino. A metà settembre un’onda anomala al largo delle Hawaii si è abbattuta sulla barca di Nash che, cadendo rovinosamente, si è fratturato entrambe le gambe. La prognosi parla di almeno due mesi di sedia a rotelle per ristabilirsi completamente, cosicché la performance al Bridge Benefit di fine ottobre deve essere cancellata e il tour rimandato al nuovo millennio. Tra sponsorizzazioni miliardarie (VH1 si è assicurata l’esclusiva per le riprese televisive di un concerto in anteprima) e un battage pubblicitario degno dei maggiori acts di rock attualmente in circolazione, CSNY 2000 (da cui la sigla CSNY2K) è uno degli eventi più attesi (sicuramente il primo) della nuova stagione: “E’ elettrizzante perché la musica è ottima”, ha detto Nash. “Non me ne fregherebbe un accidente se la musica non fosse buona. Invece questa volta lo è davvero. Chi se ne frega di rimettersi a suonare ancora Ohio ogni sera? A noi non interessa continuamente guardare al passato: il tour sarà grande. Finiremo con tre date consecutive al Madison Square Garden ai primi di Aprile. In totale saranno 41 date, sono già fissate, definitive. Siamo ‘ready to rock’”. Crosby è raggiante e assicura che suoneranno canzoni “che ancora non abbiamo scritto”. “Con questo disco abbiamo soltanto cominciato col piede giusto”, continua, “ma non credo che abbiate ancora visto il nostro miglior disco. Mi piace ciò che abbiamo fatto finora, ma il meglio deve ancora venire”. Ma cosa spinge questi quattro eroi la cui età media è di 56 anni a rimettersi in pista ancora una volta? “Ciò che conta in CSNY è afferrare il momento, e il nostro momento è ora. Dio solo sa il perché!”, ha detto Young tra il serio e il faceto. “Voglio che i miei figli mi vedano suonare con questi tre”. Sul palco, il 25 gennaio 2000 a Detroit, dovrebbero esserci tutti e quattro e, salvo imprevisti, nella tarda primavera (forse estate) potrebbero pure venire in Europa. Non a torto qualcuno ha già scritto che “un disco e una tournée di CSNY sono eventi rari come un’eclissi solare” e Young ha già qualche idea per gli slogan da stampare sulle T-shirt: “CSNY2K: Chiedete ai vostri genitori”. Quando un giornalista ha chiesto a Crosby cosa si aspetta che il pubblico si porti a casa da un concerto di CSNY la sua risposta è stata sorniona e ineffabile: “Sorrisi… e merchandising!”. E, conoscendo il beneamato tricheco, forse lo pensa davvero.